INTRODUZIONE
La biogeografia studia la distribuzione degli organismi viventi sulla Terra (piante = fitogeografia; animali = zoogeografia) e le cause che l’hanno determinata.
La sua origine come disciplina a sé stante risale al naturalista Alfred Russel Wallace, che nello stesso periodo di Darwin (anche se in modo indipendente) elaborò una teoria evoluzionistica. Wallace fu il primo a studiare in modo sistematico e interpretare le affinità e le differenze biotiche delle varie regioni della Terra.
Una branca della biogeografia è la paleobiogeografia, che studia la distribuzione (e le sue cause) degli organismi nel passato. Chiaramente le due discipline sono strettamente legate, in quanto lo studio del passato e del presente dà un quadro più chiaro rispetto allo studio del solo passato o del solo presente.
La paleobiogeografia e la biogeografia hanno svolto un ruolo determinante nella scoperta e determinazione della deriva dei continenti, e nella ricostruzione dell’evoluzione geografica e climatica della Terra. Basti pensare che la documentazione biogeografica e paleobiogeografica, unite a quella paleoclimatica, erano già sufficienti per documentare la deriva dei continenti mezzo secolo prima della messa a punto della tettonica delle placche.
I due modelli a confronto.
[Ridisegnato da: Raffi, Serpagli, “Introduzione alla paleontologia”]
>>> Modelli
Esistono due modelli principali per spiegare i meccanismi che hanno determinato, nel corso della storia della Terra, la distribuzione degli organismi. Questi due modelli, a volte presentati come antitetici, sono invece ben integrabili.
1. Dispersione
Secondo questo modello tutti i gruppi si originano e si differenziano entro aree ristrette (“centri di origine”), da cui le specie si disperdono in tutte le direzioni per migrazione attiva o per trasferimento passivo, fino a quando non incontrano una barriera insormontabile. Durante la migrazione, le specie vengono isolate da barriere geografiche (per es. un continente per gli animali marini, o un mare per quelli terrestri), inizialmente tenui, “permeabili” e temporanee, poi invalicabili.
2. Vicarianza
La speciazione (nascita di una nuova specie a partire da una specie “madre”) avviene in questo modello quando l’areale di una specie ancestrale viene diviso da una barriera che non può essere attraversata. Quindi la presenza di organismi evolutivamente affini in regioni diverse sarebbe la conseguenza della frammentazione delle masse continentali e della loro deriva, e/o della formazione di barriere geografiche e climatiche (catene montuose, deserti, mari ecc).
>> Riassumendo (vedi immagine sopra):
Nel modello della dispersione, una barriera preesistente viene attraversata in un punto da una piccola popolazione, che con l’isolamento inizia a differenziarsi dalla specie ancestrale; nel modello della vicarianza, una barriera di nuova formazione isola una parte della popolazione nel suo areale.
>>> Meccanismi
1. Diffusione degli organismi nel modello della dispersione
A) Corridoi: sono aree geografiche continue (terrestri o marine), con condizioni ambientali uniformi e favorevoli che permettono un libero interscambio di forme viventi in entrambe le direzioni.
B) Ponti e barriere filtranti: sono vie di comunicazione, in genere non ampie e temporanee, le cui caratteristiche ambientali peculiari possono essere una barriera per alcuni gruppi ma permettono invece la migrazione di altri. Ponti filtranti del passato sono stati per es. quello di Bering (Pleistocene) e l’Istmo di Panama nel Plio-Pleistocene.
C) Vie occasionali: sono aree instabili, discontinue e di breve durata, che possono venire percorse solo se si verificano condizioni particolarmente favorevoli. Possono permettere la colonizzazione di isole oceaniche da parte di specie terrestri (“stepping stone effect”) tramite zattere naturali (tronchi d’albero ecc). In questo modo probabilmente i mammiferi placentati sono migrati dall’Asia all’Australia, da tempo già conquistata dai marsupiali. Infatti nel Cenozoico i due continenti non furono mai comunicanti tramite un vero ponte terrestre continuo, per cui solo una parte limitata della fauna riuscì a usare questa via discontinua, passando di isola in isola.
2. Diffusione degli organismi nel modello della vicarianza
A) L’arca di Noè: questo tipo di diffusione ha luogo quando una placca si separa e si allontana da un margine continentale, portando con sé i vari gruppi viventi indigeni. Così l’India, staccatasi nel Cretaceo dal continente di Gondwana, migrò verso nord-est per poi venire a contatto con l’Asia, in cui penetrarono organismi terrestri inizialmente evolutisi nel Gondwana.
B) La nave funeraria vichinga: simile al precedente ma applicabile solo ai fossili. Blocchi continentali potrebbero trasportare fossili in aree dove essi non sarebbero mai esistiti in vita, generando una errata interpretazione.
LE ISOLE
La maggior parte delle isole presenta flore e faune endemiche.
Le faune a vertebrati delle isole mostrano una serie di caratteristiche:
. bassa diversità tassonomica (=pochi gruppi di organismi);
. generale assenza di grandi carnivori (e predatori);
. riduzione della taglia dei grandi mammiferi;
. aumento della taglia dei piccoli mammiferi;
. grande variabilità intraspecifica (=molte differenze fra gli individui della stessa specie);
. comparsa di modificazioni morfologiche associate alle variazioni di taglia (per es. cambiamento nella proporzione e nella struttura degli arti);
. perdita dell’attitudine al volo in molti uccelli;
. aumento della taglia in alcuni rettili.
>>> Il nanismo
Due esempi di nanismo: elefante alto 1 metro al garrese in Sicilia e Malta (Pleistocene), cervo alto 60 cm. al garrese a Creta (Oligocene).
La grande taglia assicura maggior protezione dai predatori, ma sulle isole, mancando la pressione selettiva esercitata dai predatori, la mole non rappresenta più un vantaggio significativo, al contrario un animale di piccole dimensioni ha bisogno di meno nutrimento e spesso nelle isole le risorse alimentari sono limitate.
>>> Il gigantismo
Più difficile da spiegare è invece il gigantismo dei piccoli mammiferi, come roditori e insettivori. In Sicilia e a Malta nel Pleistocene viveva un “ghiro gigante”, grande il doppio di quelli attuali. L’aumento di dimensioni dei rapaci può essere forse una conseguenza dell’aumento di dimensioni delle loro prede come il ghiro dell’esempio; mentre in molti uccelli il volo diviene una forma di difesa superflua e la sua perdita rappresenta un risparmio di energia.
Non si può escludere che anche i frequenti reincroci in popolazioni ristrette possano aver contribuito alla formazione di specie giganti, nane o anche aberranti.
>>> Popolamento delle isole
Escludendo il trasporto da parte dell’uomo, ci sono due modelli che spiegano la presenza di animali terrestri sulle isole:
1) Popolamento attivo (attraverso nuoto o volo) o passivo (su tronchi o altre zattere naturali), attraverso bracci di mare più o meno larghi.
2) Popolamento attraverso terre emerse temporanee, veri e propri ponti di terra fra le isole e il continente; in alcuni casi non si tratta di ponti continui, ma di una serie di piccole isole e di secche che nel loro insieme costituiscono una via migratoria spesso altamente selettiva, percorribile solo da forme che non temono l’acqua.
IL CASO FLORES
Flores vista da satellite.
[Credits: Google Earth] |
Flores è un’isola indonesiana posta in una zona molto interessante dal punto di vista biogeografico.
Innanzitutto, qualche dato sull’isola.
Flores è un’isola di forma allungata posta fra Bali e Timor (Indonesia); fa parte con altre 565 isole minori della provincia di East Nusa Tenggara, che copre un’area di quasi 50.000 km quadrati. Le altre isole maggiori della provincia sono Timor e Sumba.
Flores è un’isola vulcanica (oggi si può visitare il cratere del Mount Kelimutu), di natura collinare, con quote massime sui 1790 metri s.l.m.
Geologicamente l’intera provincia è divisa in due zone: una vulcanica interna (di cui fa parte Flores, con altre isole come Komodo), e l’altra esterna con rocce sedimentarie e di altro tipo (Sumba, Timor e altre).
Ma ciò che interessa di più è la posizione di Flores: si trova infatti a est di Lombok, cioè a est della “Linea di Wallace”, un’importante delimitazione biogeografica.
>>> La Linea di Wallace
Nell’immagine sotto possiamo notare come la linea passi fra Bali e Lombok, a ovest dell’isola di Flores.
Flores vista da satellite.
[Credits: Google Earth] |
La Linea di Wallace separa in due l’Indonesia e mette in evidenza l’evoluzione di due diversi tipi di fauna. Identifica uno stretto di mare profondo che separa la fauna asiatica da quella australiana: segna una sorta di barriera naturale alle migrazioni di diverse specie animali e vegetali.
Secondo recenti studi la frattura si sarebbe formata 150 milioni di anni fa. Studiando i geni delle lucertole, presenti sulle varie isole ma aventi origine comune, gli scienziati sono riusciti a ripercorrerne l’evoluzione.
Si pensa che all’inizio le lucertole vivessero tutte in uno stesso continente, il Gondwana. Questo enorme territorio comprendeva l’Africa, l’Antartico, l’India e l’Australia. A un certo punto il blocco subisce una frattura e la placca geologica indiana si separa da quella australiana. Questo spiegherebbe perché la loro fauna si sia evoluta in forma diversa.
Il pezzo indiano è stato il primo ad aggregarsi all’Asia determinando un rimescolamento della sua fauna con quella del continente asiatico. I marsupiali che vivevano in questo territorio sono scomparsi perché dominati dai mammiferi mentre le lucertole si sono disperse in tutta la regione diffondendosi anche sulle isole occidentali dell’Indonesia.
Ma come hanno fatto ad attraversare il mare?
La spiegazione più attendibile è anche la più semplice: durante un periodo di glaciazione, l’abbassamento del livello del mare ha permesso agli animali di raggiungere “a piedi” territori che prima erano coperti e separati dall’acqua.
L’Australia, che era rimasta attaccata all’Antartico, si è ravvicinata all’Asia solo 20 milioni di anni fa e questo spiega come mai la fauna e la flora australiana abbiano potuto mantenere la loro diversità: gli animali erano infatti separati dal mare e solo gli insetti e i semi delle piante portati dal vento sono riusciti a compiere il lungo viaggio.
La copertina del numero di
Nature del 28/10/2004.
Le teorie attuali (come quella sopra) indicano che la colonizzazione dell'Australia da parte dei primi uomini sia avvenuta sfruttando le particolari condizioni causate dall'abbassamento del livello dei mari durante le glaciazioni. Ma anche in questo periodo, l’Australia continuava a rimanere isolata anche da un braccio di mare largo circa 50 km., corrispondente all’attuale canale di Lombok, tra le isole di Lombok e quella di Bali (Linea di Wallace). Solo i primi Homo sapiens, arrivati in Australia intorno ai 68.000 anni fa, furono in grado di superare questo ostacolo.
Ma ora il ritrovamento di Homo floresiensis a est della Linea di Wallace sembra smentire questa ipotesi.
>> La linea di Wallace mette in una luce particolare la scoperta del floresiensis, generando interrogativi difficili da risolvere e gettando ancor più dubbi nel già confuso panorama della storia dell’uomo.
>>> Chi è l'Uomo di Flores
L’
Homo floresiensis è stato scoperto nel settembre 2003 da un team di ricercatori australiani e indonesiani, in una caverna nella località Liang Bua.
Fa parte del genere
Homo, come la nostra specie, ma la sua collocazione precisa resta per ora molto incerta. E’ generalmente accettato che sia
derivato dall’Homo erectus, lo stesso antenato del sapiens.
L’uomo di Flores, soprannominato
Hobbit dai suoi scopritori, è alto soltanto
1 metro, pesa
25 kg. e ha una capacità cranica di
380 cm3; visse molto recentemente (in termini paleoantropologici), cioè fino almeno a
12.000 anni fa (la data della sua estinzione non è nota con precisione).
Teschio di Ebu, la donna
floresiensisdescritta su Nature.
[Foto: Peter Brown]
La descrizione dell’uomo di Flores appare sulla rivista Nature il 28 ottobre 2004, a firma degli scopritori: Peter Brown, Mike Morwood (dell’Università del New England, in Australia), e i loro colleghi dell’Indonesian Centre for Archaeology. Il reperto principale è un fragile teschio non del tutto fossilizzato, appartenente a una donna adulta alta 1 metro (soprannominata Ebu) e datato a 18.000 anni fa. Altri ritrovamenti della stessa specie vengono datati fra 95.000 e 12.000 anni fa.
Secondo gli autori, i tratti di questo ominide sono a metà strada tra quelli dei primi Homo erectus, e quelli delle forme di ominidi più moderni. Con in più alcune caratteristiche del tutto particolari, come la sua ridotta statura, che potrebbe rappresentare una forma di adattamento all'isolamento.
Essi infatti interpretano la nuova specie come discendente dell’erectus andata incontro a nanismo insulare (l’uomo di Flores convisse con altre specie animali “nane”, tra cui un piccolo elefante estinto 12.000 anni fa).
>>> Libera ricerca?
Nell'aprile del 2005 la rivista Nature pubblica una notizia sconcertante: i resti di Ebu si sono misteriosamente rovinati.
Il paleoantropologo indonesiano Teuku Jacob, dell’Università Gadjah Mada, aveva preso in prestito dal Centro per l’Archeologia di Giacarta i resti per studiarli (non si sa se con l’espressa autorizzazione del Direttore del Centro).
Cranio di Homo floresiensis (a sin.)
a confronto con cranio di sapiens (a destra).
Ma al Centro, dopo la restituzione, l’archeologo Michael Morwood, a capo del team che ha rinvenuto le ossa, scopre che
la parte sinistra del bacino è “fracassata”, oltre alla presenza di rotture e perdite su varie altre ossa e sul cranio. Inoltre la seconda mascella di
Homo floresiensis trovata, non ancora descritta in alcuna pubblicazione, si sarebbe spezzata mentre se ne prendeva il calco.
Teuku Jacob declina ogni responsabilità, dichiarando di avere scattato delle foto prima di spedire i fossili, che attestano l’integrità dei reperti. Indipendentemente dalle responsabilità, Michael Morwood ribadisce che i resti erano troppo fragili per poter essere sottoposti a un simile trasporto.
Oltre a ciò, bisogna annotare la sterminata quantità di articoli e voci che si sono susseguiti dalla scoperta di Flores, molti dei quali scritti da studiosi con l’intento di screditare tale scoperta o quantomeno ridimensionarla, generando un clima di confusione tale da cui è difficile estrapolare i dati sperimentali accertati.
Basti citare la strampalata idea del dr. Teuku Jakob, che ha sostenuto l’ipotesi descritta sul “rivale” di Nature, Science, secondo cui non si tratta di una nuova specie, ma solo di pigmei affetti da microcefalia (!), oppure quella ancor più fantasiosa che vede il floresiensis come un primitivissimo ominide scimmiesco che deambula su 4 zampe!
Non meno importante è chiarire la situazione degli studi antropologici indonesiani.
A questo proposito risultano illuminanti le dichiarazioni di uno studioso apparse nel forum del sito Criptozoo.com (1) [sottolineature mie]:
“Dovete innanzitutto sapere che per un ricercatore straniero è difficilissimo lavorare in Indonesia.
Vi faccio un esempio: nel 1988 Bruno de Vincentiis, presidente di una società di recupero marino, e Paul Andel, un docente australiano di storia, vennero contattati dal governo indonesiano (allora retto dal dittatore Suharto) per localizzare e recuperare il relitto della “Flor de la Mar”, un galeone commerciale portoghese affondato nel 1512. Basilarmente Andel doveva localizzare la zona dell’affondamento tramite ricerche negli archivi portoghesi e la compagnia di de Vincentiis doveva poi avviare ricerche sul campo ed avviare le operazioni di recupero. Purtroppo quando Andel scoprì l'entità del carico della “Flor de la Mar” si scatenò un’anticipazione del teatrino di Flores: oro, ceramiche e gemme, frutto delle campagne dei portoghesi nella Malacca, per un valore compreso tra 1 e 9 miliardi di dollari di allora. Andel ricevette pesanti minacce e scappò in Australia e de Vincentiis, infastidito e spaventato dall'arroganza e dall’ingordigia degli indonesiani, decise di lasciar perdere un affare potenzialmente ricchissimo. Gli indonesiani tentarono quindi di fare il lavoro da soli, ma riuscirono solo a spendere decine di milioni di dollari senza recuperare nulla. Decisero quindi di rivolgersi ad una società australiana, ma anche qui la loro arroganza e cupidigia riuscirono a far scappare gli australiani. Quando il governo di Suharto cadde le operazioni vennero sospese (il direttore dei lavori era nipote del dittatore) e questo favoloso tesoro è ancora in fondo al mare.
La caduta del regime nazionalista non ha fatto sparire l’atmosfera di xenofobia, arroganza ed ingordigia che permea buona parte dei quadri dirigenziali ed accademici indonesiani: detto in tutta schiettezza molti personaggi vicini al vecchio regime sono ancora ai loro posti, come il nostro professor Teuku Jacob.
Capite bene perchè se lui vuole che il nostro Homo floresiensis sia un pigmeo microcefalo ha in mano potentissimi strumenti per mettere i bastoni tra le ruote a chi, come i giovani ed appassionati archeologi di Flores, pensa di avere una scoperta sensazionale tra le mani.
C’è inoltre una non indifferente barriera culturale: buona parte di questi ricercatori sono cristiani nativi di Flores, che l’elitè indonesiana, musulmani nativi di Giava e Sumatra, vede come campagnoli fastidiosi ed ignoranti. Lasciamo perdere i pregiudizi nei confronti degli australiani, “rei” di aver istruito questi ricercatori e di averli aiutati e supportati.
Lascio perdere altre voci che ho sentito sul professor Jacob, che non è il caso di riportare in questa sede.
Insomma vedete bene come pregiudizi e vizi vecchi di secoli stanno facendo in modo che la più importante scoperta degli ultimi cent’anni stia venendo perduta, scioccamente ed inutilmente.”
(30-6-2005)
>>> Ipotesi sull’Homo floresiensis
A) Il quadro della situazione prima della scoperta.
Non è facile riassumere le varie ipotesi sul “cespuglio evolutivo” degli Homo, perché si può dire che c’è un’ipotesi per ogni paleoantropologo. In un simile contesto, è gioco forza presentare soltanto le teorie principali, tralasciando le moltissime varianti che ognuno ha elaborato al loro interno.
Ci sono tradizionalmente due ipotesi sull’evoluzione dell’uomo: la prima (quella accettata dalla maggioranza degli studiosi) sostiene l’origine comune dell’uomo moderno (Homo sapiens), e la successiva differenziazione in vari “tipi” (europeo, asiatico, africano…); invece secondo l’altra teoria, quando l’Homo erectus (antenato del sapiens) migrò dall’Africa, si sparse nel mondo e diede origine, in modo indipendente, a vari tipi di uomo moderno. Vediamo queste due teorie classiche un po’ più in particolare:
1> IPOTESI MONOCENTRICA (Stringer), detta Ipotesi “Out of Africa”.
Freccia rossa: migrazione "fuori dall'Africa"
("out of Africa")
Da un
unico centro di diffusione, l’Africa, 150.000 anni fa l’
Homo sapiens migra in Eurasia attraverso il Vicino Oriente (“Out of Africa II”), rimpiazzando le popolazioni di Neanderthal europee e determinandone l’estinzione (30.000 anni fa).
L’ipotesi “Out of Africa I” pone la prima migrazione di un ominide fuori dall’Africa a 1,5 milioni d’anni fa, per opera dell’
Homo erectus. Il primo centro di diffusione dell’
erectus è l’Africa orientale, il secondo Giava (Indonesia).
Dall’Africa orientale, l’
Homo erectus si espande in due direzioni: Vicino Oriente e Africa Nord-occidentale. Poi dal
Vicino Oriente si dirama di nuovo, entrando in Europa e proseguendo a est per l’Oriente (
Giava).
Alcuni, per la verità non pochi, reperti sembrano però non solo retrodatare la migrazione, ma
spostare il centro di diffusione dall’Africa al Vicino Oriente: tra questi, una mandibola datata 1,6 milioni d’anni fa e attribuita a
Homo erectus, trovata in Georgia nel 1989; manufatti litici trovati in Pakistan datati a ben 2 milioni d’anni fa; e la recente scoperta (2002) di una mandibola di 1,8 milioni d’anni fa… che ha addirittura “costretto” a istituire una nuova specie: l’
Homo georgicus, una creatura che non rientra ne’ nella specie
erectus ne’ nell’
habilis ne’ tantomeno nel
sapiens. Uno dei nostri numerosi parenti, uno dei tanti “rametti” del nostro intricato e vasto cespuglio evolutivo…
Finalmente, la teoria monocentrica sta pian piano decidendosi a “restrodatarsi”: ora si data la prima migrazione (quella dell’
erectus) a quasi 2 milioni d’anni fa, non più a uno come nel recente passato. Così come l’origine degli antenati diretti dell’
Homo sapiens si sta portando verso i 200.000 anni fa.
2> IPOTESI POLICENTRICA (Wolpoff)
Già Coon affermava che la differenziazione tra popolazioni “regionali” di Homo erectus (europea, asiatica, africana) portò alla formazione di sottospecie indipendenti. Wolpoff riprese la teoria, ammettendo una “continuità regionale” fra erectus e sapiens, con mescolamento fra i diversi tipi regionali e scambi genetici. E’ un modello gradualistico, in cui in origine i Neanderthal figuravano come fase intermedia fra erectus e sapiens. La prima ipotesi policentrica risale al 1938 (Weindreich).
Questo, sia chiaro, è solo un quadro generale e basilare: all’interno di queste due “correnti” le posizioni sono molto varie: c’è chi ritiene che il genere Homo discenda dall’Australopithecus (anche qui con molte varianti), e che ci sia un passaggio graduale da Homo abilis -> erectus -> sapiens (noi); per altri non l’habilis ma altre forme hanno dato origine all’erectus quindi al sapiens; per alcuni il Neanderthal è una sottospecie di sapiens (Homo sapiens neanderthalensis), per altri è una specie separata (Homo neanderthalensis); è “cugino stretto” del sapiens oppure la parentela è molto lontana…
Per quanto riguarda la nostra zona in particolare, l’Indonesia, le teorie “classiche” postulavano l’arrivo dell’Homo erectus a Giava dal Medio Oriente, sostituito poi dall’arrivo del sapiens, molto più intelligente e abile, quindi più adatto a sopravvivere in luoghi diversi perché più “adattabile”.
Solo il sapiens avrebbe le capacità intellettive per costruire imbarcazioni che lo portano a sfidare il mare aperto: ecco perché si pensava che la famosa Linea di Wallace fosse stata oltrepassata solo dal sapiens, che da Giava ha potuto così colonizzare le isole indonesiane a est della Linea di Wallace, conquistando poi l’Australia 50.000 anni fa.
Ma ora con la scoperta dell’Homo floresiensis…
( continua )
Elena Serughetti