
Il re d’Egitto come un leone che sottomette la testa di un Nubiano, regno di Ramses II, c. 1279-1213 a.C.
Questo pezzo, modellato in blu egiziano e oro, presenta un’immagine sorprendente della testa di un uomo nubiano inghiottito dalle fauci di un leone. Anche se compatto in scala, il pezzo è monumentale nel suo intento ideologico. Molto probabilmente il terminale di una frusta o frusta cerimoniale, il manico è più che decorativo; è una potente espressione visiva del potere reale e della supremazia dell’antico egizio.
Il leone, scolpito in oro lucente e dettagliato con precisione stilizzata, simboleggia lo stesso faraone, un dio vivente e l’autorità suprema sull’Egitto e sui suoi domini. La sua presa sulla testa del Nubiano non è solo violenta ma simbolica, incarna il dominio dell’Egitto sui suoi vicini meridionali e ribadisce il ruolo divino del faraone come protettore e conquistatore.
Nubia, dalla parola egiziana nub, che significa “oro”, non era un regno unificato in senso stretto, ma piuttosto un termine usato dagli egiziani per descrivere i diversi popoli che abitavano la regione a sud della prima cataratta dell’Egitto. Questi territori, ricchi di risorse naturali, in particolare oro, divennero obiettivi chiave per l’espansione egiziana, specialmente durante il Nuovo Regno. La colonizzazione ha portato sia lo sfruttamento che lo scambio culturale, ma l’arte egiziana e l’iconografia ufficiale spesso ritraevano i Nubiani come la quintessenziale “Altro”: esotico, subordinato e, in scene come questa, sconfitto.
Il motivo di un leone che sottomette un nubiano appare spesso nell’arte ramessede, specialmente sotto il regno di Ramses II (1279-1213 a.C.), un re noto per le sue campagne militari e per aver promulgato una visione altamente centralizzata del regno egiziano. L’immagine presente riecheggia questi obiettivi propagandistici. Con la sua composizione semplificata ma evocativa, il manico distilla un messaggio complesso di nazionalismo egiziano, affermando la superiorità culturale, la regia divina e il controllo territoriale. Il pezzo è stato attribuito al regno di Ramses II per motivi stilistici, in particolare a causa dell’assenza di linee lacrimali, o lacerazioni, sotto gli occhi del leone, dettaglio caratteristico frequentemente visto nelle rappresentazioni feline della fine XVIII dinastia, eppure particolarmente assente in molte prime raffigurazioni di Ramessede.
Che tali immagini adornassero una frusta reale o una frusta, emblema di autorità e cerimonia, non fa che sottolineare il suo scopo. Non è stato creato solo per ornamento, ma come richiamo quotidiano, nel senso più letterale, del potere dell’Egitto di comandare e conquistare.
Si dice che l’oggetto sia originario di Qantir, nella regione del Delta orientale dell’Egitto, il sito dell’antica Pi-Ramses, la grande capitale fondata da Ramses II. Nel giorno del re, quest’area sarebbe stata un fiorente centro di potere politico, attività militare e produzione artistica.
Situata strategicamente vicino alla rotta per il Levante, Pi-Ramses era sia una residenza reale che una base critica per le campagne del nord dell’Egitto. I suoi complessi palaziali, i templi e le ampie officine lo hanno reso uno dei centri urbani più importanti del Nuovo Regno. La città era rinomata per la sua opulenza, ospitando artigiani d’élite e artigiani che producevano beni di lusso per la corte. È all’interno di questo vibrante contesto reale che l’oggetto in questione, impregnato di simbolismo politico e realizzato secondo i più alti standard, probabilmente ha preso forma.
Questo oggetto è ora esposto al Met Museum di New York, dopo essere stato regalato dal Norbert Schimmel Trust nel 1989. 1989.281.92