Lunghe 30 centimetri e parzialmente sovrapposte: sono le tre orme tridattile con artigli alle estremità delle dita, scoperte nel Trentino, in una galleria del Monte Buso scavata dagli austriaci durante la Prima Guerra Mondiale. Autore del rinvenimento è Marco Avanzino, responsabile della sezione di geologia del Museo tridentino di scienze naturali ed esperto di icnologia, la disciplina che studia le tracce fossili.
Secondo le prime analisi le impronte dovrebbero appartenere a due esemplari del genere Dilophosaurus, carnivori bipedi del Giurassico di oltre due metri di altezza, 7-8 di lunghezza e 400 chili di peso. Le tracce sono state trovate in un sedimento risalente a circa 200 milioni di anni fa (Giurassico Inferiore).
Al di là dell'importanza della scoperta in sé, il ritrovamento sembra confermare i dubbi su alcune conoscenze della paleogeografia italiana. Tanto per cominciare, le orme non dovrebbero trovarsi lì: in base ai dati stratigrafici, questa zona doveva trovarsi sott'acqua in quel periodo. Inoltre, le nuove tracce non presentano somiglianze con le impronte coeve africane, come invece ci si aspettava. Stando a quanto ritenuto assodato finora, infatti, quella parte di territorio doveva essere unito all'Africa.
Le impronte mostrano però indiscutibili analogie con quelle rinvenute in Polonia, in Francia, in Scandinavia e in Nordamerica. Questo suggerisce che i dinosauri giurassici delle Alpi fossero europei piuttosto che africani. "È verosimile immaginare che i dinosauri camminassero in una palude di acqua salmastra, bordata verso i margini della piattaforma di Trento da litorali sabbiosi che si affacciavano sul mare. Accanto alle orme sono stati ritrovati resti dell'ambiente in cui vivevano: conifere e felci, molluschi di acqua dolce, crostacei, ossa di coccodrilli e pesci", riportano i ricercatori del museo.
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