Si torna a parlare di "archeocondono": cioè d'una norma per sanare un'illegalità diffusa, quella di tanti italiani in possesso di reperti archeologici scavati clandestinamente dopo il 1909; da quella data, infatti, tutto ciò che giace sotto la terra della Penisola è proprietà, inalienabile, dello Stato.
Il problema era già stato affrontato, sotto il precedente Governo, da una commissione, composta anche dai Carabinieri per la Tutela e da magistrati. Nel 2004, era stata presentata una prima proposta di legge (firmata da 22 parlamentari di centro-destra, e tra i primi, da Gabriella Carlucci); ma, sommersa da critiche, non aveva fatto troppa strada.
Recentemente, a Milano, a un convegno organizzato dall'università Iulm, Pino Bianco, un ex componente del Consiglio superiore del ministero per i Beni culturali, ha reso nota una proposta in 13 articoli, chiamata, forse per qualche pudore, "Censimento generale obbligatorio dei Beni archeologici in mano privata". E ha subito ricevuto pronte adesioni dai presidenti di due Commissioni della Camera: Gianfranco Conte (Finanza) e Valentina Aprea (Cultura), che era anche presente al convegno dello Iulm.
La norma proposta è una sanatoria radicale. Prevede che chiunque possieda oggetti «antecedenti al 476 d.C.» - non conta se ne abbia uno o diecimila - ne diventi proprietario purché paghi, per ciascuno di essi, la modica somma di 50 euro: sia che si tratti d'un bucchero di scarso valore; sia che si tratti, invece, d'un inestimabile Cratere, magari di mano del celebre Eufronio. Inoltre, dovrà anche spedire al Ministero un elenco, e le immagini di quanto possiede. Al «Censimento obbligatorio» può aderire anche chi detenga gli oggetti all'estero, purché poi li riporti in Italia. E la denuncia comporta la depenalizzazione di qualsiasi reato eventualmente commesso, anche per chi abbia «indagini e procedimenti in corso, purché non passati in giudicato». Quindi, anche per il grande "trafficante" Giacomo Medici, condannato a 8 anni in appello, ma non ancora giudicato in via definitiva dalla Cassazione; e vari altri simili a lui, come l'ex curator del Getty Marion True, che è processata a Roma con il mercante "Bob" Hecht, quello che cedette al Metropolitan, appunto, il Cratere d'Eufronio. Insomma, un colpo di spugna che più totale non potrebbe essere.
«La bontà di un condono o un censimento è chiara», dice il presidente Conte: «Frutterebbe oltre un miliardo di euro»; «spero vivamente che in questa legislatura si riesca ad approvare una legge che segni un "punto e a capo"», dice l'on. Aprea. E poco conta se chi propone la norma, Pino Bianco, è stato indagato dalla Magistratura romana proprio in un'inchiesta su opere d'arte; del resto, la proposta di legge del 2004 portava come esempio di un povero collezionista, tanto tartassato dalle norme vigenti da non poter trasferire in Italia la collezione che detiene negli Stati Uniti, il nome di Edoardo Almagià, da tempo sotto inchiesta per svariati reati legati all'archeologia e all'arte, e per il quale è ormai prossima la richiesta di rinvio a giudizio.
Finora, all'azione diplomatica, anche a livello internazionale, condotta dal nostro Paese, specie quando erano ministri dei Beni culturali Buttiglione e Rutelli, è stato unanimemente riconosciuto un alto valore etico: anche perché ha contribuito a ridurre sensibilmente il traffico clandestino dei reperti (dal '70, ne sono stati scavati clandestinamente oltre un milione, e le indagini ancora in corso riguardano oltre 10 mila persone), ed ha convinto molti Paesi e molti musei a mutare leggi e regole. Chissà se il colpo di spugna proposto è il metodo migliore per garantire analoghi apprezzamenti anche in futuro.
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