Un giorno, quando la costruzione del nuovo ospedale Sant´Anna sarà stata completata, i comaschi guarderanno la piana su cui sorge - tra Como, Montano Lucino e San Fermo - e racconteranno ai loro figli che lì, prima del maxi edificio, c´era un grande campo dove i contadini coltivavano il grano. Ma c´è chi, già adesso, può andare ben più a ritroso nel tempo e raccontare addirittura cosa c´era prima di quel campo, migliaia di anni fa. Christian Colombo, 27 anni di Castelmarte, ha svelato i segreti sepolti sotto i sei metri di terra che le ruspe scavatrici hanno rimosso per porre le basi del nuovo ospedale. E lo ha fatto con una tesi di ricerca con cui si è laureato martedì alla facoltà di Valutazione e controllo ambientale dell´Università dell´Insubria a Como con il docente relatore Alessandro Maria Michetti. La tesi, intitolata "Evoluzione del paesaggio nel sito del nuovo Ospedale Sant´Anna", ha ricostruito le fasi della sedimentazione dei resti organici (come legni e carboni) e inorganici (rocce e felci) che si sono depositati nel corso dei millenni. «La piana dei Tre Camini nel periodo pleistocenico era ricoperta da un ghiacciaio - racconta Colombo - poi nel Quaternario il ghiaccio scomparve e si creò un lago formato da due fiumi che possiamo chiamare Paleo Seveso e Paleo Val Grande, vale a dire gli antenati dei due corsi d´acqua ben noti a noi comaschi». Fondamentale, per la ricerca del neolaureato, avere avuto a disposizione un sito archeologico a portata di mano che gli ha consentito di fare agilmente la spola tra gli scavi e il laboratorio di archeobiologia dei Musei Civici di Como in cui il ragazzo presta servizio civile. La strumentazione a disposizione nel laboratorio gli ha permesso di effettuare analisi precise.
Elaborando, poi i risultati ha potuto tracciare la storia evolutiva del paesaggio della zona. «La fortuna - ha aggiunto Cristian - è stata la vicinanza ma anche la possibilità di lavorare in uno scavo molto vasto beneficiando della collaborazione non solo degli operatori del cantiere ma anche degli archeologi che lavorano per conto della sovrintendenza dei beni culturali. La presenza delle tombe mi ha consentito di datare molti sedimenti. A nemmeno di due metri di profondità ci sono reperti che risalgono all´età del rame, cioè a 2.800 anni fa. In questo periodo, da quanto ho potuto riscontrare negli ultimi strati, cioè quelli depositati per ultimi, ci furono numerosi incendi attribuibili anche alla presenza dell´uomo. A sei metri di profondità, poi, sono arrivato a prelevare campioni di età antichissime in cui è certa la presenza di un ghiacciaio prima e di un piccolo lago di circa 220 metri di diametro dopo».
Quanto ai misteriosi ritrovamenti su cui gli studiosi stanno ancora indagando, il giovane geologo di Castelmarte non si pronuncia. «Mi chiedete cosa siano quei due grandi cerchi concentrici di pietre? Non lo so - ammette - del resto io studio geologia mentre quei reperti sono di competenza degli archeologi. Però sembra che ormai sia da escludersi che si tratti di tombe. Personalmente,
ma è solo la mia opinione basata su una sensazione, credo che abbiano a che vedere con l´astronomia. Magari si tratta di una sorta di orologio o calendario primitivo. Stiamo a vedere gli esiti delle ricerche.
Intanto posso dire che in quegli scavi si respira davvero un´insolita aria di mistero».
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