Senza aver mai messo piede in Africa Darwin aveva già capito tutto: era lì che bisognava cercare l'origine dell'umanità. Il nostro albero genealogico da Lucy, con i suoi tre milioni e mezzo di anni, a Roumai, vecchio di sette milioni di stagioni, continua a infrondarsi in quella terra delle meraviglie antropologiche che è l'Africa Orientale. Adesso si affaccia e si discute di un'altra ipotesi affascinante, sconvolgente: e se oltre che l'uomo anche la sua attività più astratta e insieme più pratica ovvero la matematica, fossero state inventate da un genio africano? Cinquemila anni fa ci avevano assicurato finora, nella terra dei due fiumi, i sumeri cominciarono a contare. Niente affatto! Ventimila anni fa nel cuore del continente nero pescatori pieni di immaginazione creativa già utilizzavano ossa segnate con sistemi numerici. C'è di che sconbussolare perfino gli estremismi di Martin Bernal e della sua Atena nera.
Raccontiamo questo giallo archeologico africano. Ventimila anni fa dunque, in Africa australe, ancor più di oggi terra coperta di foreste spesse e di laghi grandi come il mare. Gli archeologi vi diranno che era l'età della pietra tarda: la animavano tribù indaffarate di pastori e di allevatori. Qui vicino alle rive del lago Edward si dedicavano alla pesca. Era una vera civiltà, capace di migliorare sistematicamente i propri strumenti di lavoro, come gli arpioni fatti di osso, che disponeva di mole e pietre di quarzo perfettamente tagliate, che aveva corde fatte di fibre vegetali. Tutti oggetti che ha lasciato sulle rive del lago in provvidenziali discariche, insieme alle ossa degli animali e gli scheletri dei pesci. Quanto sarebbero smilzi i nostri libri di storia antica senza questi magazzini di rifiuti! Un giorno un pescatore, forse in attesa che la pesca desse i suoi frutti, prese in mano due piccole ossa, uno di dieci e l'altro di quattordici centimetri. Uno era di un mammifero, forse un leone, forse una grande scimmia, l'altra umano. Ne incise metodicamente la superficie su tutte le facce: i segni ancora oggi hanno una cadenza perfetta simmetrica, sono serie cadenzate separate da uno spazio. Quell'uomo era forse il primo matematico della storia?
Ventimila anni dopo, nel 1950, in quella terra si chiama Ishango una cittadina del Congo ancora belga arriva Jean de Heinzelin, ricercatore de l'Institut Royal des Sciences Naturelles. Ha scelto proprio quella terrazza fossile all'imbocco del lago perché qui sono stati ritrovati arpioni in osso e una mandibola di ominide. Intuizione fortunata la sua: dalle due profonde trincee scavate nel suolo escono conchiglie, arpioni, utensili in quarzo bianco. E il primo dei «bastoni di Ishango», l'osso che quell'ignoto antenato aveva così accuratamente inciso nella preistoria. Il suo lavoro è evidente: a una delle estremità ancora c'è un piccolo frammento di quarzo che serviva certo a tagliare. Nove anni dopo il secondo osso arrichisce e ispessisce il mistero. Che spalanca ipotesi così innovative da turbare gli studiosi da più di mezzo secolo e da indurli a prudentissime reticenze. A Bruxelles fino a venerdì le due ossa saranno le «vedette» di un convegno internazionale.
Eppure i numeri sono lì: tre tratti, otto tratti... come non convertire le colonne in cifre? Il gioco delle combinazioni è inarrestabile, su un lato 10+1, 20+1, i numeri primi nel secondo, la regola del doppio nella terza, insomma un sistema matematico completo a base dieci. Altri hanno speculato sulla presenza prevalente del sei. Ecco la prova definitiva! Ancora oggi molte popolazioni africane usano questa cifra come base di calcolo. Altri sono andati ancora più in là: è un calendario lunare. Oppure un'oggetto divinatorio. O uno strumento per dividere la pesca del giorno. Siamo alla fantascienza archeologica? Un regista misterioso si diverte a cancellare gli indizi: perché la mineralizzazione rende impossibile utilizzare la prova del radiocarbonio.
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