Non sono i 118 pezzi trovati, nel 1930, nel sotterraneo della Casa del Menandro, ed esposti al museo archeologico di Napoli; e neppure i 109 del "tesoro di Boscoreale", restituiti nel 1895 dalla villa detta "della Pisanella" e, poiché lo Stato italiano non si decideva ad acquistarli, rilevati dal barone Edmond de Rothschild che poi li dona al Louvre; ma il "tesoretto" di Moregine, 20 oggetti da tavola in argento, ben quattro chili di metallo prezioso, è un ritrovamento eccezionale, e destinato a far discutere: chi era il fuggiasco dall´eruzione del Vesuvio che, nella notte tra il 24 e il 25 agosto del 79 dopo Cristo, lo portava via da Pompei, ed è rimasto ucciso ad un passo dalla salvezza, forse rappresentata dal mare ormai vicino? Gli oggetti, appena restaurati dalle studiose di Artificio, sono stati presentati in anteprima assoluta ieri a Roma; il ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione loda assai l´operato dei funzionari statali cui si deve il recupero; mentre il soprintendente Piero Guzzo ci ragiona sopra.
«Il ritrovamento è avvenuto perché bisognava costruire la terza corsia dell´autostrada Salerno-Reggio Calabria. C´è un luogo, Moregine, scoperto nel 1959, quando l´autostrada è sorta. Siamo 600 metri a sud delle mura di Pompei, quasi alla foce del fiume Sarno; già a metà Settecento, vi erano stati i primi ritrovamenti. Viene alla luce un edificio, scavato finora per un terzo: tre sale da pranzo e, ora lo sappiamo, terme ancora in costruzione; in una latrina di questo cantiere, una gerla in vimini. Sembrava piena solo di terra dell´eruzione. Radiografie. Si vedono dei corpi metallici. Un microscavo, attentissimo, dentro la terra che era nella gerla. Venti pezzi d´argento di buona fattura e buon peso; piatti, coppe di varia forma, un cucchiaino, due forme decorate a sbalzo con figurazioni d´animali» .
Professor Guzzo, uno "sciacallo" in fuga? E oggetti fabbricati dove?
«Il ladro è escluso: materiali troppo ben impilati; forse, avvolti in un panno di lana, perché non si sciupassero. Fabbricati chissà dove: all´epoca, non esistevano certo i punzoni. Ma oggetti che, debitamente studiati, potranno "parlare", e dirci qualcosa sulla distribuzione della ricchezza in quel periodo a Pompei; e magari, anche sulla produzione di vasellame in argento nella zona».
Dopo la Casa di Menandro, e Boscoreale, il "tesoro" più prezioso?
«Il più ingente. Ed è anche assai importante: perché da almeno tre quarti di secolo non avvenivano recuperi di tal genere. Poi, il restauro di questi oggetti desta in me particolare ammirazione: erano come aggrovigliati nella gerla, ed averli riportati alla luce in queste splendide condizioni finali è un grande merito di chi ha lavorato».
Moregine ha restituito anche splendidi affreschi: presto vedremo in mostra, assieme, i dipinti e questi argenti? «Moregine è uno posto singolare. Gli affreschi ora sono esposti ad Ottawa: magnifici colori, i ritratti delle Muse e di un Apollo Citaredo. Il vasellame ritrovato, stiamo pensando, con la soprintendente di Napoli Maria Luisa Nava, di presentarlo, appunto a Napoli, l´anno prossimo, con altri oggetti preziosi analogamente ritrovati a Pompei o a Ercolano. Ma è anche importante sapere che una famiglia di Pompei aveva immobilizzato un discreto gruzzolo di sesterzi in una serie di oggetti da tavola in argento».
Poi, Guzzo spiega «l´importanza di ricostituire i contesti, per capire di più del nostro passato; ricostruire la vita, fino agli ultimi terribili attimi, di tanti cittadini delle due città sepolte; da questo punto di vista, Moregine, che ci restituisce un edificio ancora in parte da studiare, dipinti la cui iconografia può derivare da Nerone, gioielli e perfino dei corpi, è un luogo abbastanza topico; lì, quasi mezzo secolo fa, sono tornate alla luce 125 tavolette cerate relative ai commerci della famiglia dei Sulpicii; il corpo di chi portava via questi argenti non esiste più, ma vicino erano quelli di due donne e tre giovanissimi, tra cui una bimba di quattro anni e una ragazza di 14; una delle donne portava con sé, nella fuga, dei monili in oro; sappiamo che c´erano anche degli schiavi, deputati agli oggetti preziosi delle singole case»: che sia uno di loro, ad aver nascosto quattro chili d´argento in una latrina, l´estremo riparo in un edificio ormai prossimo al collasso dove riporre la propria gerla? «Ogni ritrovamento, anche questo è l´archeologia, è motivo e spinta per nuovi ed ulteriori studi ed indagini; e anche in questo caso».
Mentre si ragiona, il ministro Buttiglione parla dei rischi che il terrorismo internazionale potrebbe far correre anche ai musei e ai luoghi d´arte; attualmente, li reputa «bassi, ma l´obiettivo è di ridurli ancora di più»; perciò, insieme con il ministro dell´Interno Pisanu, sarà predisposto un piano ad hoc . I sindacati, però, già accusano la scarsità di uomini e mezzi, vigilanti e risorse. Per la Uil, Gian Franco Cerasuoli valuta che «5.673 addetti alla vigilanza siano in servizio, e ne mancano 6.165; soltanto Pompei, secondo il Ministero, dovrebbe averne 872, e invece ne possiede appena 386: cioè meno della metà; un deficit di ben 486 persone». Nel 1990, i custodi in servizio erano 9.960, e i musei assai meno di adesso, e aperti per un periodo di tempo certamente, e di gran lunga, inferiore; inoltre, 1.400 persone, di quelle attualmente in servizio, sono impegnate in altri uffici, che non sono i musei: 150 almeno, in quelli centrali della Capitale. Insomma, per i sindacati, il piano di sicurezza deve partire anche da qui.
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