La città fu individuata per la prima volta da A. Nibby nel 1837 e poi da M. R. de Blanchère nel 1885. Gli scavi, iniziati casualmente alla fine dell´800 dal ricercatore francese H. Graillot, vennero subito proseguiti dagli archeologi italiani F. Bernabei e A. Cozza del Museo di Villa Giulia. Nel 1977 l´Istituto Olandese, con la stretta collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, ha dato il via a una serie di esplorazioni, indagini, scavi e restauri condotti con campagne annuali per un periodo superiore di dieci anni, che hanno portato alla luce edifici pubblici, case, necropoli, fondi di capanne, tumuli, cinte murarie ed altri rinvenimenti di importanza fondamentale sia dal punto di vista archeologico che storico.
Le prime ricerche olandesi sono state indirizzate al tempio della Mater Matuta le cui fasi costruttive sono databili tra la fine del VII e l´inizio del V secolo a.C. La dedica del tempio alla Mater Matuta è attestata da iscrizioni di cui una, trovata nel 1896-98 proprio vicino al tempio, ricorda la dedica della stele da parte di duumviri probabilmente della città di Anzio; essendo databile all´inizio del I sec. a C. essa conferma che il santuario era ancora in uso in quel periodo. Il ritrovamento del Lapis Satricanus (blocco di tufo pertinente probabilmente ad un donario), reimpiegato nelle strutture dell´ultima fase del tempio, è ritenuto la prova della ricostruzione del tempio stesso da parte dei Volsci che avrebbero distrutto un monumento votivo dedicato molto probabilmente da quel Publio Valerio Publicola, fondatore della repubblica romana, e dai suoi sodali, a Marte in memoria forse proprio delle lotte contro i Volsci, come risulta dal testo mutilo dell´iscrizione. Un fondo di capanna con focolare protostorico rinvenuto tra i muretti del sacello deve essere interpretato come primitivo luogo di culto. Fondamentali per l´interpretazione e la ricostruzione sono stati i rinvenimenti delle numerose terrecotte architettoniche e i vari frammenti di circa dieci statue sempre in terracotta che raffigurano una scena di gigantomachia che era posta sul colmo del tetto del tempio.
Inoltre nel VII secolo a.C. sarebbero sorti anche edifici modesti, oikoi, e case con cortili; a queste sarebbero succeduti edifici detti stoai.
Nel 1896 veniva menzionata nelle "Notizie degli Scavi di Antichità" l´esistenza di una villa romana scavata poi negli anni ´80. La villa consiste delle seguenti parti: atrium, impluvium e un secondo atrio. Le murature sono in opus reticolatum, i pavimenti sono in cocciopesto, mosaico bianco e nero e marmo giallo. Esiste la presenza di un ipocausto e di una cisterna forse destinata ai bagni.
Satricum ha una serie di tombe appartenenti al periodo volsco con il rito prevalente della inumazione, fornite di corredo vario; in particolare da una tomba proviene un´ascia in miniatura con un´iscrizione su di un lato ritenuta in alfabeto sabellico-falisco e in una lingua che potrebbe essere il volsco del V secolo a C. Inoltre è stata rinvenuta una serie di tombe monumentali a tumulo note come "necropoli nord-ovest".
Diversi finora i depositi votivi rinvenuti: un deposito votivo arcaico (IX/VIII – VI sec. a C.) che conteneva materiale di ceramica italo-geometrica, protocorinzia, corinzia, etrusco corinzia, bucchero; ornamenti personali in oro, osso, smalto, pasta vitrea, ambra e avorio, figurine, strumenti, utensili e bacili di bronzo. La ceramica più antica è costituita dal materiale italo geometrico.
In un secondo deposito votivo scoperto dall´Università di Groninga (V-III sec. a C.) sono stati rinvenuti più di duemila reperti.
Un terzo deposito votivo ellenistico (IV-II secolo a.C.) fu scoperto da Mengarelli alla fine dell´ottocento; tra i tanti reperti è da segnalare il frammento di skyphos ellenistico con dedica in greco alla Mater Matuta.
Infine sono noti altri depositi votivi, uno dei quali in località S. Lucia, a circa Km 1, 5 dall´acropoli ove la Soprintendenza, nel corso di diverse ricognizioni, in questi ultimi anni ha recuperato materiali pertinenti ad una stipe votiva che non è stato possibile localizzare con precisione a causa delle profonde arature che li hanno dispersi su tutta la collina di S. Lucia.
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