«Tutankhamon è morto di morte naturale e non assassinato». A pochi giorni dalla conferenza internazionale che si terrà al Cairo, Zahi Hawass, massima autorità al mondo in materia di egittologia e soprintendente della piana di Giza, anticipa le sue opinioni sulla morte del giovane faraone. Il mistero, il più famoso al mondo, del re bambino Tutankhamon, l´unico re d´Egitto a dormire nella stessa tomba, nello stesso luogo dove venne posta la sua mummia, sta per essere svelato. Per Hawass non ci sono dubbi, resta solo la conferma delle analisi. Anche se l´archeologo non è tipo da sbilanciarsi invano. «Sono stati movimenti rapidi e precisi – racconta il celebre studioso – Poche ore di lavoro e la Tac è fatta. Un´operazione veloce ma rigorosa all´ombra delle tombe dei faraoni, nella splendida Valle dei Re. In quelle poche ore la tensione è stata alta per tutti, 1700 le immagini scattate in soli quindici minuti». E l´emozione provata in quei momenti traspare ancora dagli occhi e dalla voce di Hawass.
Soltanto un´altra volta, prima di adesso, la mummia più famosa al mondo era uscita dalla sua tomba: subito dopo la sua scoperta. Ed è dal 1987 che non si apriva il suo sarcofago. «Nessuno sapeva in quale stato reale si trovasse la mummia. Non si è potuto rischiare di portarla al Cairo e così per non danneggiarla abbiamo deciso di effettuare tutto lì. Alle cinque in punto del 5 gennaio il laboratorio mobile, che Siemens e National Geographic hanno donato al Consiglio superiore delle Antichità d´Egitto, è arrivato con un immenso camion rimorchio. E l´operazione è partita».
Dalla scoperta della tomba di Tutankhamon nel 1922, gli archeologi che hanno osato "profanare" la tomba del giovane faraone sembrano essere stati colpiti da una maledizione che li ha condotti ad una morte prematura ed inspiegabile. Molti decessi sembrano essere incredibilmente e sorprendentemente legati alle interpretazioni dei simboli e dei geroglifici intimidatori posti all´esterno della tomba. Recentemente, però, alcuni studiosi hanno individuato un fungo velenoso, presente nella tomba da oltre 3000 anni, che potrebbe essere la reale causa dei decessi avvenuti finora, ma non tutti ne sono convinti. Maledizione o fungo? Per Hawass tutto questo non ha nessun significato: «Non ho paura di nulla e non credo in queste cose. Altrimenti non potrei fare il lavoro che faccio».
E´ stato infatti lui a battersi per trovarsi faccia a faccia con re Tut, come lo chiama lui, e per effettuare tutti gli esami. «Dopo tanti anni che faccio questo mestiere continuo ad emozionarmi sempre come la prima volta. Quando il giorno dell´esame ho sollevato il cotone che avvolge Tut e lui era lì davanti a me, ero felice come un bambino. Il torace era segato in due, gambe e braccia staccate dal corpo e spezzate. Solo la testa era in buone condizioni».
A terminare le ricerche una squadra formata da quattro scienziati, professori dell´Università del Cairo, insieme a due scienziati italiani e uno svizzero arrivati da poco. I risultati verranno pubblicati nella prima settimana di marzo e verrà finalmente data la risposta ufficiale che ha reso lungamente confuso e perplesso il mondo sulla fine del faraone bambino. Hawass attacca la tesi del paleopatologo Bob Brayer, che per primo sostenne l´ipotesi dell´assassinio del faraone: «Brayer non è un esperto in radiografia», sottolinea «la tecnologia di oggi è altra cosa». Ma in qualsiasi modo sia morto Tutankhamon, il mito non morirà.
A proposito dei due feti trovati nella tomba del giovane faraone, l´archeologo ha deciso di non effettuare su di loro l´analisi del Dna come aveva previsto in un primo momento: «Ho deciso di non eseguire le analisi del Dna perché questo esame ha un margine di rischio di oltre il 40 per cento, troppo alto per tentare l´esperimento». Oltre ad analizzare radiograficamente il corpo del faraone, l´archeologo e la sua equipe stanno lavorando alla ricostruzione dei lineamenti del volto del re. «Tutto questo per poi proiettare finalmente un film che ricostruisca la vita del faraone nel museo del Cairo».
Sotto lo scanner sono finite anche altre cinque mummie: tre provenienti dalla tomba di Amenhotep II, una quarta, quella di un bambino, dalla tomba di Tutmosi e la quinta da un´altra tomba. E sull´ipotesi avanzata dall´inglese Joan Fletcher che tra le mummie scoperte ci possa essere quella di Nefertiti, Hawass ritiene che sia prematuro esprimersi, anche se «è molto probabile che non ci sia tra queste cinque mummie quella della regina. Certo è che solo i risultati finali potranno confermarlo e nessun altro».
Un altro progetto molto caro allo studioso egiziano è quello delle "mummie d´oro" rinvenute nella zona delle oasi. Qui Hawass ha scoperto 234 mummie ricoperte d´oro e la settimana scorsa ne ha scoperte altre venti, insieme ad una tomba che risale alla XXVI dinastia. Ora l´attenzione dell´archeologo si sposta sulla scoperta della tomba del più celebre governatore delle oasi del nord, Khensu.
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