Il patrimonio culturale dell´Iran si trova ad affrontare un danno quasi inqualificabile, a causa di un ambizioso programma di costruzione di dighe. Vi sono attualmente 85 dighe in corso di costruzione, in tutto il paese, parte di un programma che il governo iraniano promuove con un considerevole ammontare di orgoglio nazionale. E´ una preoccupazione comprensibile, in un paese asciutto, parte del quale si sta riprendendo da una siccità della durata di sette anni. Le dighe sono altresì collegate ad un programma di produzione idroelettrica che è vista come parte esenziale di un processo di modernizzazione e industrializzazione considerato obbiettivo prioritario dalle forze politiche. Per il marzo di quest´anno, l´energia idroelettrica dovrebbe produrre circa 5, 500 megawatt di elettricità, e raggiungere i 14, 000 nel 2021, venendo così a costituire il 20% dell´uso complessivo dell´Iran.
Nel disperato tentativo di organizzare le operazioni di salvataggio, l´Organizzazione per il Patrimonio Culturale Iraniano (ICHTO), non solo si è trovata ad essere ostacolata dal Ministero dell´Energia, ma addirittura in aperta contrapposizione con il governo. Con poco tempo rimasto per esplorare adeguatamente i siti sotto minaccia, è possibile che la vera misura di ciò che sarà sommerso dalle acque non sarà mai conosciuto, una potenziale tragedia culturale in un paese a cui spesso ci si riferisce come alla culla della civiltà.
Almeno cinque dighe, tutte in stato avanzato di costruzione, si trovano in prossimità di siti di particolare importanza. L´8 novembre, le acque hanno cominciato a salire nella riserva dietro al più grande e più avanzato di questi progetti, la Diga di Karun-2, sul Fiume Karun, circa 28 km ad est delle rovine dell´antica città di Izeh. In una chiara manifestazione di dissenso, gli ufficiali dell´ICHTO hanno rifiutato di partecipare alla cerimonia di apertura, presenziata dal Ministro per l´Energia Habibollah Bitaraf. Per il 14 di novembre, lo storico Shalu Bridge, il primo ponte sospeso iraniano, è andato sommerso.
Di grandissimo significato sono i primi siti archeologici dell´area. Alla fine di settembre, una disperata richiesta di assistenza era stata pubblicata su Internet dal A. Dashizadeh, archeologo iraniano che dirige il gruppo di recupero dell´ICHTO, cui è stato dato un solo mese per esaminare la valle del fiume di 50 km di lunghezza dalla Ab-Niroo, la compagnia responsabile della produzione delle dighe. Dashizadeh ha dichiarato che il team aveva già individuato 18 siti dal periodo Epipaleolitico (20, 000-10, 000) incluse 13 grotte e quattro rifugi nella roccia. La valle del fiume è anche ricca di petroglifi, tombe, antiche grotte, ed altri resti dell´Era Elamita (2700-645 a.C.) molti dei quali sono già sommersi.
Al momento, le operazioni di recupero archeologico continuano febbrilmente, perché rimangono ormai da 4 a 6 mesi prima che il livello delle acque raggiunga il suo massimo. Ad ogni modo, Mahmud Mireskandari della sezione di archeologia subacquea dell´ICHTO ha dichiarato che il suo team non ha né l´equipaggiamento, né l´abilità necessaria per salvare questi siti, e senza assistenza straniera, tutto sarà perduto. E questa assistenza dovrebbe giungere in tempi brevi, perché Faramarz Khoshab, presidente dell´Associazione Culturale per il Patrimonio di Izeh ha dichiarato che i saccheggi sono già un problema.
L´archeologo Dr Henry Wright del Museo di Antropologia dell´Università del Michigan, che ha esaminato l´area del fiume Karan nel 1973, ha dichiarato che in aggiunta ad antichi siti archeologici, altre perdite significative potrebbero includere castelli o qaleh dal periodo islamico come anche tardi cimiteri islamici di straordinaria bellezza. "Vedere avvenire questo mi spezza il cuore" ha dichiarato.
Il sito di gran lunga più minacciato è Pasargadae, antica capitale degli Achemenidi nel VI secolo a.C. e residenza di Ciro il Grande, che è stato inserito tra i siti patrimonio dell´Umanità lo scorso luglio. Situato nella provincia di Fars, si trova a soli quattro chilometri dalla gola di Teng-e Bolaghi, una volta parte della rinnovata rotta imperiale da Persepoli a Susa, che sarà inondata dal Fiume Polar quando la Diga di Sivand sarà completata nel marzo del 2005. Parte dell´antica città sarà sommersa dal fango, e persino il Mausoleo di Ciro il Grande si ritiene sia a rischio. Ad iniziare dal gennaio del 2005, un team consistente di archeologi francesi, tedeschi, italiani e polacchi collaborerà con gli archeologi iraniani in un´operazione congiunta per salvare una stima di 100 siti archeologici nell´area.
Un altro progetto importante, la Diga di Sarhand presso Hashtrud, nella Provincia Orientale dell´Azerbaijan, che diventerà operativo l´anno prossimo, minaccia almeno altri 10 siti importanti e sostanziali perdite archeologiche si aspettano nella Provincia di Gilan.
Questa potenziale tragedia archeologica ha ricevuto minima copertura da parte dei mass media in occidente, e molte delle aree non saranno mai adeguatamente esplorate. Quel che è emerso fino ad ora, potrebbe essere appena la punta di iceberg, e nel processo di tentare di trasformarsi in uno stato moderno industriale, l´Iran sembra volere obliterare una significativa parte del suo patrimonio culturale.
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