Dalla minuscola croce aurea recuperata a Monselice all'immensa tela (5 metri per 5) della «Battaglia di Lepanto», passando per il mosaico di Euterio, il «Passionario», il prezioso reliquiario proveniente da Montecassino, la tavola di polittico del Perugino. Il museo diocesano di Padova, che ha visto la luce in occasione dell'anno giubilare 2000, apre le porte fino al 27 febbraio alle testimonianze del primo cristianesimo nella terra patavina. Le radici sono profonde. Attingono ad una santa, Giustina, di cui si celebra il XVII centenario del martirio. «E' un viaggio all'indietro per guardare in avanti - spiega il direttore Andrea Nante, che ha coordinato il catalogo e si è occupato in particolare di Paolo Veronese, che impreziosisce la basilica di Santa Giustina -. Come sostiene il nostro vescovo mons. Mattiazzo, abbiamo bisogno di rinverdire le radici per meglio valorizzare la nostra identità». Ma l'itinerario non è solo strettamente religioso. E' anche culturale e sociale - «La memoria del martirio di Giustina testimonia la presenza a Padova di una prima comunità cristiana tra la fine del III e l'inizio del IV secolo». Ed ecco perché accanto alle opere che attualizzano la figura della protomartire, compaiono testimonianze archeologiche delle prime comunità cristiane, con particolare attenzione ai secoli in cui tale presenza si consolidò sul territorio (IV - VIII sec.). Pezzi esemplificativi del culto di santa Giustina tutti da vedere; provengono dai Musei Civici di Padova, dall'Abbazia di Montecassino, dai Musei Vaticani e dal Museo Correr. Una miniatura trecentesca certifica santa Giustina compatrona della diocesi e la presenta accanto a san Prosdocimo, san Daniele e sant'Antonio «La "Vita sancti Prosdocimi" - spiega Bruno Cogo, direttore dell'Ufficio beni culturali della diocesi - include la memoria del martirio di santa Giustina avvenuto sotto l'imperatore Massimiano (dal 286 al 305), tradizionalmente collocato alla data del 7 ottobre del 304, e indica nel santo vescovo colui che per primo ha ornato degnamente la tomba della martire (condignum cymiterium), ne scrisse la Passio e la consegnò ai fedeli perché ne conservassero il ricordo». E se il «Passionario» che narra le vicende della giovane martire e da cui tutto ha origine, non meno "loquaci" sono i reperti della basilica paleocristiana costruita sul sepolcro della martire fino al nuovo edificio cinquecentesco. E' da questa basilica, affidata già dall'VIII - IX sec. all'ordine benedettino, che dal principio del XV secolo, grazie all'opera dell'abate Ludovico Barbo, scaturisce quel movimento di riforma del monachesimo che dà origine alla Congregazione di Santa Giustina (1419) ed attrae nella sua orbita un po' tutti i monasteri italiani femminili e maschili. Fino a coinvolgere nel 1504 anche Montecassino. San Benedetto rilancia l'iconografia della martire padovana. E la devozione si materializza, ad esempio, nel reliquiario proveniente proprio da Montecassino e nella tavola di polittico del Perugino. Ma anche nella grande tela della Battaglia di Lepanto; santa Giustina viene elevata, infatti, a patrona della Serenissima Repubblica. Oggi sono numerose le chiese intitolate alla santa, a Padova e in tutto il Veneto, a cominciare da Venezia. «Mi auguro che l'attenzione per la prima volta richiamata dalla mostra "Santa Giustina e il primo cristianesimo a Padova" costituisca un invito a ricerche archeologiche mirate e a una più attenta riflessione sull'organizzazione cristiana della città, sede vescovile sicuramente documentata già nei primi anni del IV secolo» auspica Antonella Nicoletti, docente di archeologia cristiana all'università di Padova. Ricerche che potrebbero però contribuire a spiegare anche l'evangelizzazione nel Veneto (ma santa Giustina è venerata sin dalle origini oltre che nella Venetia et Hystria, anche nella chiesa ravennate e milanese). Gli studi consentono a Bruno Cogo di confermare che una comunità cristiana esisteva a Padova alla fine del III secolo, come già a Verona e ad Aquileia, sufficientemente organizzata e riconoscibile nel contesto culturale e religioso della città. Ma c'è di più. «La "Vita sancti Prosdocimi", giunta a noi in una redazione piuttosto tardiva, forse dell'epoca carolingia e disponibile oggi nel testo del codice monselicense del XII secolo, spogliata di tutti i dettagli che appartengono alla esuberanza agiografica e laudativa del tempo, ci parla sostanzialmente di un vescovo missionario che, pur avendo un riferimento privilegiato con Padova, ebbe una relazione paterna con le altre comunità cristiane che esistevano nei capoluoghi del centro veneto». Compaiono le antiche città romane di Ateste, Vicentia, Feltria, Acelum, Altinum, Tarvisium, con un'identità crescente sul piano spirituale, oltre che su quello economico.
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