PETRALIA SOTTANA (Palermo) - Giganti bifronti alti 20 metri, ed ancora il toro ed il serpente di proporzioni ciclopiche. Uomini vissuti 10 mila anni fa ne tracciarono i profili sopra la Grotta del Vecchiuzzo, ora incidendo ed ora raccordando il naturale andamento della parete di Rocca delle Balate. Ed ora questi profili smozzicati dal tempo tornano ad emergere dalle indagini fotografiche della ricercatrice appassionata della preistoria, di quella siciliana in particolare, Emilia Sakharova eseguite da varie angolazioni ed in diverse condizioni di luce e umidità. «L'insieme degli scatti testimonia che artisti del neolitico- spiega Michele Carapezza, che ha partecipato all'indagine- iscrissero simboli della loro cultura sfruttando rientranze e sporgenze di rocce evaporitiche, formate da evaporazione del Mediterraneo. In Italia c'è solo un precedente noto di questa tecnica si trova in Liguria, dove è stato scoperto il volto megalitico di Borzone».
La traccia fotografica è solo un primo passo per la ricostruzione, quanto meno virtuale, dei luoghi e delle rappresentazioni. Sulla base di scarse emergenze affascina l'idea di tentare di restituire all'antica conformazione lo zoccolo della parete rocciosa che conduceva dalla grotta sino al costone che sovrastava il torrente del Vecchiuzzo. Questa fascia di terreno era utilizzata, ancora pochi anni fa da pastori e dai gessai. Sono stati anche rimossi blocchi monolitici infissi nel terreno, alcuni dei quali con sovrapposizione di lastroni, utilizzati come ripari di fortuna dalle attività industriali e pastorali della zona. Ma ciò nonostante quanto è ancora rintracciabile appare emozionante.
«La concentrazione di immagini con grande potenza espressiva- spiega Emilia Sakharova- e la sua leggibilità compositiva unite alla particolare sacralità del sito archeologico, porta ad escludere che le forme evidenziate si siano formate naturalmente sulla superficie rocciosa. Evento che, comunque, aggiungerebbe straordinarietà al già alto valore paesaggistico, con un'integrazione natura-cultura di recupero della memoria storica e leggendaria».
La ricerca della Sakharova è partita infatti inseguendo proprio leggende e tradizione orale delle Petralie (Soprana e Sottana, un tempo paese unico, ora divise) a partire dagli appunti di Antonio Collisani, un erudito che nel 1936 esplorò la grotta del Vecchiuzzo, recuperando manufatti, ora ordinati al Museo di Palermo. L'insieme dei reperti documenta la presenza dell'uomo nel sito a partire dal neolitico sino all'età del bronzo. Dicevano le leggende che quella grotta conduceva all'inferno e tradiva dunque la meraviglia timorosa per un dedalo di profondi cunicoli su territorio carsico tra i più estesi di Sicilia.
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