Un 'altra importante scoperta archeologica sottomarina è stata effettuata dalla Lega Navale Italiana Sezione di Agrigento e Porto Empedocle.
Grazie alla segnalazione del componente del Gruppo Operativo Subacqueo Cesco Tedesco, della L.N.I. nello specchio acqueo antistante la località Maddalusa sono stati rinvenuti, a circa sei metri di profondità, due cannoni. Hanno partecipato alla ricognizione subacquea Renato Lentini, Daniele Valenti, Mimmo Argento, Salvatore Corbo, Ninni Alletto e Salvatore Alesci.
L'eccezionalità della scoperta consiste nel fatto che uno dei cannoni possiede quasi intatto l'affusto in legno completo di ruote, ciò é stato possibile per le condizioni di giacitura; infatti, l'affusto é posizionato su un fondale argilloso, ovvero in condizione anaerobiche particolari e quindi non ha subito l'attacco dei voraci organismi marini che si introducono nel legno, come le teredini, molluschi bivalvi lamellibranchi che compromettono la resistenza del legno scavando numerose gallerie.
I cannoni ritrovati erano presumibilmente in dotazione ad un vascello da guerra databile dal XVII al XVIII secolo.
Il cannone che emerge dal fondale argilloso sanleonino è ad avancarica, ossia può essere caricato solo dalla bocca. La presenza dell'affusto in legno, in campo archeologico subacqueo, è da considerarsi una scoperta interessante in quanto pochissimi sono gli esemplari rinvenuti e recuperati.
L'affusto chiamato tecnicamente "carretta" si muoveva su quattro ruote in legno massello, perché durante la navigazione normale i pezzi venivano tirati dentro le murate della nave e i portelloni erano tenuti chiusi, mentre durante il combattimento venivano "dati fuori".
Inoltre, la "carretta" assorbiva il rinculo, cioè la violenta spinta all'indietro che avveniva al momento dello sparo, evitando che tutta la tensione venisse trasmessa agli elementi strutturali e portanti dello scafo.
Solitamente erano tre i soldati coinvolti per produrre l'intera sequenza dello sparo ed effettuavano due o persino tre colpi al minuto.
Akragas, Agrigentum, Kerkent, Girgenti, Agrigento tutti nomi di una città che ha subito occupazioni e dominazioni da parte di popoli in cerca di una terra ricca e piena di benessere. Molti sono i reperti archeologici subacquei ritrovati, ma solo alcuni vengono documentati, valorizzati e presentati al pubblico.
Oltre all'importanza e all'interesse di cui i reperti sono portatori, sono per gli archeologi di grande stimolo tutte le valutazioni che il loro studio comporta da quello di carattere tecnico, a quello commerciale e ancora a quello storico-culturale.
Ogni scoperta effettuata e dai dati desunti dalle ricerche, ci viene restituito un momento della storia, vengono svelate tracce di un'epoca, vengono date risposte ai grandi interrogativi della storia.
Sarebbe auspicabile, considerata la ricchezza del nostro patrimonio archeologico sottomarino, la creazione ad Agrigento di un "Centro di cultura della civiltà del mare" con la realizzazione di spazi espositivi, congressuali e laboratori didattici di archeologia subacquea, biologia marina e scienze del mare così da permetterne la fruizione, dei reperti più significativi al pubblico.
Il "centro" una volta attivato potrebbe promuovere la conoscenza delle problematiche del mare, con particolare riferimento alla cultura marinara, alla tutela del patrimonio archeologico subacqueo, agli ambienti marini del Mediterraneo e dei mari costieri europei allo scopo di favorirne la salvaguardia e una gestione consapevole, offrendo così modelli di sviluppo e spunti scientifici e culturali, una simbiosi tra scienze, arte, cultura e mondo imprenditoriale; un progetto etico per lo sviluppo, la Pace e la cooperazione dei popoli che si affacciano nel mare Mediterraneo.
Lega Navale Italiana di Agrigento
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