Gli italiani riprendono i loro scavi e restauri nelle localita' di Baraqish e di Tamna, due siti individuati in passato come centri di grande rilevanza storica e scientifica. La prima era la capitale dell'antico regno dei Minei (che insieme ai Sabei ed agli Himyariti segnarono la storia dell' Arabia meridionale, ed in particolare di quella che veniva definita ''Arabia Felix''), un popolo che viaggio' dal suo paese fino al Mediterraneo, lasciando tracce della propria arte e civilta' a Delo, in Egitto e perfino a Pompei. Tamna e' invece la capitale dell'antico Qataban, di cui racconta anche Plinio, come di una citta' di enormi dimensioni per quel tempo (si estendeva su 25 ettari) e nella quale si formavano le carovaniere che battevano la famosa ''via dell' incenso'' per commerciare spezie e aromi, creando correnti di traffici tra i due bacini importanti del periodo, il ''mare Eritreo'' (come veniva definito l'Oceano Indiano) ed il Mediterraneo. Si racconta che quelle carovane percorressero la strada fino a Gaza, porto dove scaricavano le loro mercanzie, in 65 tappe, seguendo un percorso che oggi viene coperto da un aereo in poco piu' di un'ora.
La missione italiana, diretta dal professor Alessandro de Maigret, opera con fondi anche della Direzione Generale degli affari Culturali del ministero degli esteri, oltre che dell'Istituto Orientale di Napoli, ed il patrocinio dell'Isiao (Istituto di Studi Italiano per l'Africa e l'Oriente). 'L'aspetto rilevante - osserva lo studioso - e' che questa attivita' ricomincia dopo molti anni di interruzione. Le nostre ricerche, infatti, furono sospese nel '92 per ragioni di sicurezza ed amministrative, connesse alle vicende della Cooperazione''.
A Tamna gli archeologi scavano intorno alla piazza del mercato, ''letteralmente circondata da palazzetti che ospitavano famiglie molto ricche. Ora, insieme con statue di alabastro molto belle e suppellettili di pregio - racconta con entusiasmo l'archeologo napoletano - stiamo trovando tracce di un vasto incendio che distrusse la citta' intorno al primo secolo dopo Cristo''. A Baraqish e' invece in corso il restauro di un tempio del III secolo avanti Cristo dedicato al dio Nakrah, un dio guaritore, al quale i Minei andavano a confessare i propri comportamenti negativi che ''secondo le loro convinzioni - dice de Maigret - erano all'origine dei loro mali. Scrivendo sui muri del tempio le loro colpe, ottenevano dal dio Nakrah la guarigione ed il riscatto psicologico''. Anche a quel tempo, sembra di capire, erano gia' sviluppate scuole di medicina psicosomatica.
''La zona delle ricerche archeologiche - spiega all' Ansa l' ambasciatore italiano a Sana'a, Giacomo Sanfelice di Monteforte - e' sicuramente nota, ma meno favorita di altre, come quella di Marib, nelle quali affluiscono da sempre correnti turistiche. La presenza di studiosi italiani in Yemen ed in quelle aree testimonia la fiducia che qualcuno in occidente ripone nella capacita' delle autorita' di garantire sicurezza, dopo anni infausti, ma anche il risveglio di un interesse culturale per un' area che tra l' 800 e gli inizi del '900 attirava frotte di ricercatori e archeologi di varie nazionalita'''. Ma ancor piu' orgogliosi delle ricerche che si stanno riavviando, l'archeologo ed il diplomatico si mostrano per la recente apertura nel nuovo Museo Nazionale dello Yemen di un Centro di ricerche archeologiche italo-yemenita.''Siamo l'unico paese, dei tanti che svolgono ricerche e scavi qui - rilevano De Maigret e Sanfelice - ad essere stati inseriti con un nostro centro nel Museo Nazionale, che costituisce un rinnovato impegno culturale per il governo''. L'accordo siglato a Sana'a prevede anche la formazione di undici archeologi yemeniti da parte di docenti inviati dall'Italia per sei mesi.
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