ARCHEOLOGIA. Campi Flegrei, non lontano da Napoli: c´è un Parco sommerso che cela edifici e statue di epoca romana. Dal 2002 è protetto con decreto congiunto dei ministeri dell´Ambiente e dei Beni culturali. È un esempio unico, in ambito Mediterraneo, di conservazione archeologica e naturalistica subacquea. Molti reperti sono conservati nel vicino Museo archeologico. Una visita non si può mancare, anche se coloro che possono godersi lo spettacolo al meglio sono i sub.
Nessuno ne parla ma, sommersa dal mare, lungo la costa dei Campi Flegrei, esiste una delle più estese e importanti aree archeologiche sinora note in Italia. In epoca tardo-antica, un cataclisma fece prima crollare la favolosa città di Baia, il porto, gli impianti termali e le ricche ville, vanto dei patrizi romani; poi il mare la coprì. In questa zona il piano antico giace a una profondità che va dai quattro ai sedici metri sotto l´attuale livello del mare. Vi è qui un´altra Pompei, ricca di edifici, statue, tesori, protetta dall´acqua fino ai nostri giorni. È stato il più importante centro termale del mondo antico e nei secoli ha restituito molti rinvenimenti, fino al dragaggio effettuato nel 1927, che produsse frammenti architettonici, pezzi di pavimenti musivi, sculture e bassorilievi.
Il Parco sommerso di Baia è un´area marina protetta istituita nel 2002 con decreto congiunto del Ministro dell´Ambiente e della Tutela del Territorio e di quello per i Beni e le Attività Culturali, e rappresenta, assieme al Parco sommerso di Gaiola, un esempio unico in ambito Mediterraneo di protezione archeologica e naturalistica subacquea. Le due aree protette, inserite a terra nel più vasto contesto del Parco dei Campi Flegrei di competenza della Regione Campania, si propongono appunto la tutela e lo studio dei reperti archeologici sommersi in tali aree congiuntamente alla salvaguardia degli ecosistemi marini e costieri.
La particolarità di tali zone è legata al fenomeno vulcanico del bradisismo che ha interessato da sempre l´intera costa nord della Provincia di Napoli. Tale fenomeno ha causato movimenti verticali dell´area con escursioni in positivo e in negativo di molti metri provocando negli ultimi 2000 anni l´inabissamento della linea di costa romana di circa 6/8 metri. Intorno al primo secolo a. C. infatti l´intera zona costiera a nord di Napoli era "alla moda" per la presenza di una villa imperiale, il Pausilypon appunto, che dette il nome al Promontorio di Posillipo, costruita dal ricco liberto Publio Vedio Pollione. Costui, alla vigilia della sua morte, nel 15 a.C., nominò Augusto erede di tutti i suoi beni, Pausilypon compreso. Inoltre si trovano sommersi su tale costa i resti dei porti commerciali di Baia (Lacus Baianus) e il Portus Iulius. Più a nord aveva sede il Porto di Capo Miseno sede storica della Flotta imperiale romana.
Nel corso degli anni l´inestimabile patrimonio, protetto dal mare, è stato esplorato e tutelato, con il recupero di importantissimi reperti. Questi sono esposti nel Museo archeologico dei Campi Flegrei, ubicato nel Castello Aragonese di Baia, anch´esso manufatto di grande valenza storica e architettonica, che fu così riqualificato dopo lunghi anni di abbandono. Nella Torre Tenaglia del Castello è stata allestita la mostra permanente del Ninfeo di Punta Epitaffio, che costituisce un notevole ampliamento dell´esposizione museale già esistente e un avvenimento di particolare rilievo, poiché pone l´attenzione sulla grande potenzialità archeologica del ritrovamento. Dopo una lunghissima serie di rinvenimenti occasionali, avvenuti per lo più nel corso di dragaggi nell´area portuale, con il recupero di varie decine di sculture confluite nel Museo Nazionale di Napoli, il ninfeo di Punta Epitaffio venne per la prima volta in evidenza nel 1959. In quell´anno Nino Lamboglia, fondatore del Centro sperimentale di Archeologia sottomarina, aveva avviato un lungimirante programma di esplorazione sottomarina, purtroppo presto interrotto dalla mancanza di mezzi e da ostacoli burocratici.
Dieci anni più tardi, proprio dove avevano avuto luogo le ricerche dello studioso Lamboglia, furono rinvenute dal Gruppo Subacquei di Baia e dai sommozzatori del nucleo Carabinieri due statue, ancora in piedi nella collocazione originaria, nell´abside di un grande edificio rettangolare di cui si intravedevano appena i contorni superiori affioranti dal fondo marino; anche le statue emergevano dalla sabbia solo con la testa, che era stata perciò sfigurata dai litodomi marini. Recuperate con uno scavo di fortuna, si riconobbero in esse due dei protagonisti della celebre scena omerica dell´inebriamento di Polifemo da parte di Ulisse e dei suoi compagni. Da un lato dell´abside era, infatti, collocata la statua di Ulisse che porge la coppa di vino al ciclope, dall´altro quella di un suo compagno raffigurato nell´atto di versare altro vino da un otre. All´interno delle due statue erano allogati dei condotti di piombo, evidentemente destinati a portare acqua alla coppa di Ulisse e all´otre del compagno; l´intuibile presenza di queste acque zampillanti, come pure la struttura architettonica dell´intero complesso, individuavano come ninfeo l´ambiente che le ospitava.
Dunque sotto il mare del golfo di Baia, giace sprofondata gran parte della città antica. Fino a qualche anno fa, quando l´inquinamento non aveva ancora intorbidito le acque, era possibile scorgere le fondamenta di grandiose costruzioni dell´antica città sul fondo marino. Tuttavia lo spettacolo è ancora godibile per i tanti sub che affrontano l´avventura sottomarina. Dallo sperone di punta Epitaffio i ruderi si estendono per circa 400 metri dalla costa e il livello antico raggiunge i 16 metri sotto il mare. Una vera e propria Pompei sottomarina. Uno spettacolo più unico che raro da tutelare.
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