MILANO - C´è un po´ di uomo di Neandertal in tutti noi. Letteralmente o, meglio, geneticamente parlando. Contrariamente a quanto si è pensato finora, l´Homo neandertalensis (scomparso 30 mila anni fa) e l´Homo sapiens (da cui ha origine l´uomo moderno) si sono incontrati e accoppiati, probabilmente nella zona della mezzaluna fertile in Medio Oriente, fra i 100 mila e i 50 mila anni fa. A dimostrarlo è il confronto della mappa genetica dell´ominide, il cui primo esemplare fu scoperto nel 1856 in Germania, nella valle di Neander (da qui il nome), con quella di cinque individui dei nostri giorni: un francese, un cinese, un abitante della Papua Nuova Guinea, uno dell´Africa del Sud e un altro dell´Africa occidentale. E qualcuno, come l´esperta di Dna antico dell´Università Tor Vergata di Roma Olga Rickards, sostiene che questa ricerca potrebbe mettere in dubbio alcune teorie sull´evoluzione dell´uomo.
POLVERE D´OSSA - «L´ibridazione fra Neandertal e Sapiens c´è stata – ha commentato l´ideatore del Progetto Genoma di Neandertal, Svante Paabo del Max Planck Institute di Lipsia, in Germania – ed è avvenuta dopo la loro fuoriuscita dall´Africa, dove sono nati da un progenitore comune. L´uomo moderno, europeo, asiatico o melanesiano condivide con l´uomo di Neandertal fra l´uno e il quattro per cento del suo patrimonio genetico. Nel Dna degli africani, invece, non c´è traccia di quello dell´ominide estinto». La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista Science dai tedeschi del Max Planck in collaborazione con un gruppo di ricercatori internazionali fra cui spagnoli e americani dell´University of California a Santa Cruz e dei National Institutes of Health. I ricercatori hanno ricostruito la sequenza genetica di Neandertal basandosi sull´analisi di polveri di ossa prelevati dai resti di tre donne trovati in Croazia, nella grotta di Vindija, ma anche da reperti rinvenuti in Russia e Spagna e da quelli «originali» tedeschi di Neader (anche in Italia è stata documentata la presenza dell´ominide in alcune aree come quella dei monti Lessini in Veneto, poi in Liguria, in Toscana, nel Lazio e in Puglia).
CAPELLI ROSSI - Analisi preliminari sul Dna, rese note l´anno scorso in occasione del meeting annuale dell´American Association for Advancement of Science a Chicago, avevano già documentato che l´uomo di Neandertal aveva i capelli rossi e la carnagione chiara, possedeva geni del linguaggio e dell´intolleranza al latte. Secondo altre ricostruzioni, basate sui reperti ossei, l´aspetto fisico era quello di un uomo di altezza media (circa 1, 60 m), eretto e muscolarmente molto robusto, con uno spiccato prognatismo e un mento sfuggente. Adesso il sequenziamento del suo Dna (per il 60 per cento del totale) ha permesso non solo di stabilire le somiglianze con l´uomo moderno, ma anche di confrontare le caratteristiche di quest´ultimo con quelle dei suoi antenati, scimpanzé compreso. E di individuare un catalogo dei tratti genetici esclusivi dell´uomo contemporaneo.
GENI VANTAGGIOSI - Si tratta soprattutto di geni che hanno fornito vantaggi in termini evolutivi e riguardano, in particolare, le funzioni cognitive, il metabolismo energetico, lo sviluppo del cranio, della clavicola e delle costole, la capacità di guarire dalle ferite. E che, quando presentano alterazioni, possono rendersi responsabili di malattie tipiche dell´uomo come la schizofrenia o l´autismo. «Ma siamo soltanto all´inizio – ha commentato Richard Green dell´University of California a Santa Cruz, che ha partecipato alla ricerca .- Il genoma di Neandertal è una miniera di informazioni». Il lavoro dei ricercatori è stato un vero e proprio tour de force tecnologico: il problema principale è stato quello di ripulire il materiale da analizzare da tutte le contaminazioni successive soprattutto da parte dei microbi; l´analisi del Dna invece ha sfruttato tecniche di sequenziamento avanzatissime.
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