Rischiano di essere cancellati dal cosiddetto processo breve anni di lavoro e di notti insonni. È stato infatti rinviato al 12 febbraio l´ultimo atto - cioè la sentenza - del procedimento di primo grado, iniziato nel 2005, che vede imputati tombaroli e ricettatori, collezionisti e restauratori implicati in una storia sporca e complicata di furti e saccheggi: e per quella data, forse, tutto sarà ormai inutile. Prescritto. Sono imputate una cinquantina di persone che «negli anni», spiega Pierluigi Cipolla, il pm che ha gestito le indagini, «hanno prodotto un danno incalcolabile al patrimonio artistico del paese: non solo sono stati rubati migliaia di pezzi di epoca soprattutto etrusca, ma sono anche state irrimediabilmente rovinate testimonianze che avrebbero permesso di ricostruire la storia di luoghi come Crustumerium, una città latina sulla Salaria che avrebbe svelato particolari interessanti sulle origini di Roma».
Il «personaggio da romanzo» al centro di questo traffico è Rupert Aichmeir, "Roberto", "Mozart", il "re dei cocci", come era conosciuto. Marinaio della Wehrmacht negli anni Quaranta, Rupert l´austriaco si innamora del nostro paese e delle sue bellezze artistiche: lasciata la divisa, diventa guida turistica. Apre un´agenzia specializzata in tour archeologici nei paesi della vecchia Etruria: una copertura per ben altri traffici. Nel giro di pochi anni mette su un giro incredibile. A capo degli "scavatori" due agricoltori di Trevignano grandi conoscitori del luogo, Gazzella e Monaldo. Nel 2005 furono arrestati, e oggi rischiano fino a 7 anni di carcere. I due con i loro "tombaroli" scavano «talmente tanto che quando i carabinieri arrivano a Crustumerium si trovano di fronte a uno scenario lunare, pieno di crateri». Aichmeir nasconde i "cocci" nelle valigie dei turisti, ignari, o in borse ricoperte da limoni o bottiglie d´olio. La storia va avanti per anni. Aichmeir mette su un vero e proprio museo.
Espone la sua collezione in luoghi come il Museo Nordico di Linz, la sua città. Scrive un libro. Si sente un grande esperto, un fine conoscitore. «In realtà è un pasticcione» diranno poi gli archeologici consulenti del pm. Alle fine i carabinieri per la tutela del patrimonio culturale arrivano a lui. In casa gli trovano seicento pezzi tra anfore, vasi etruschi, statuette, epigrafi. Non possono arrestarlo per l´età avanzata. Non riescono a riportare in Italia migliaia di reperti che ha "donato" a un´amica. Mentre gli investigatori indagano in Italia, lui in Austria continua a organizzare mostre con i reperti rubati o a rilasciare interviste alla televisione austriaca. «Io sono il salvatore del patrimonio archeologico» dice. «Gli italiani non erano in grado di occuparsi di quei tesori: per fortuna li ho salvati io».
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