Camminiamo. Camminiamo in salita aggrappandoci, qua e là, agli alberi di castagno. Basta guardare in basso per pensare che forse le cose più belle sono lì, sotto i nostri piedi, nascoste dalla terra e da secoli di storia. Arriviamo alla Piana di San Martino, sopra Pianello (più precisamente su un promontorio roccioso in Val Chiarone, sulla strada verso la Rocca d'Olgisio). Il caldo è quello torrido dello scorso 23 agosto.
Davanti a noi c'è uno spettacolo affascinante: i risultati degli scavi condotti dalla locale associazione archeologica Pandora sotto la direzione scientifica di Monica Miari, funzionaria della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna.
È un lavoro fuori dal comune quello che viene fatto dall'associazione: alla fine degli anni '80 nacque non ufficialmente grazie alla passione di un gruppo di amanti dell'archeologia, durante gli scavi che seguirono la costruzione del cimitero di Pianello. L´associazione vera e propria si data al 1990. Così le indagini archeologiche, che vengono fatte dal 2007 nella piana di San Martino, hanno portato in luce un centro abitato sorto in età tardo-antica e poi mantenutosi nei secoli dell'alto medioevo, di cui si possono vedere i resti di abitazioni, di una chiesa e di una torre di difesa tra burroni e percorsi volutamente non facilmente percorribili.
Come ogni anno, una ventina di volontari hanno trascorso le ferie estive lavorando, da luglio a fine agosto, alla ricerca di tracce del passato, scavando nella terra sperando che restituisca i suoi segreti. Negli ultimi anni era stata fatta una scoperta straordinaria: erano stati portati alla luce i resti dell'officina di un fabbro longobardo. Quindi emersero falcetti, asce, scalpelli abbandonati lì, nonostante la loro preziosità, per un evento bellico (forse la calata dei Franchi), una pestilenza o chissà quale altro motivo. Mentre la chiesa, come compare nelle visite pastorali dei vescovi Burali (1573), Castelli (1579), Rangoni (1612) e Barni (1691), sopravvisse fino al '600 (nonostante le terribili condizioni di degrado), il resto dell'abitato venne abbandonato in epoca rinascimentale, forse troppo periferico nell'epoca delle corti. Diverse sono le scoperte datate estate 2009.
Nell´area dell'abitato, caratterizzata da strutture abitative e da impianti produttivi databili dall'età tardo-antica, sino al primo millennio, è stato scoperto un sistema di approvvigionamento dell'acqua piovana, di 150 metri cubi di capacità, costituito da due cisterne (databile al periodo tardo antico). Il ritrovamento massiccio di ceramiche pregiate da mensa (sigillate africane) riesce a dare una datazione: 400/450 d.C. e a far supporre il perché di quell'insediamento nel fitto del bosco. L'occupazione dell'altura, scoscesa e ricoperta di boschi, avvenne per ragioni di sicurezza: tutto il crinale è dotato di un complesso sistema difensivo (la porta è una stretta fessura tra due.giganteschi massi).
L'insediamento d'altura nacque per presidiare il territorio in sistema (lo si sta capendo negli ultimi anni) con altri presidi collocati sull'intera dorsale appenninica. Poi la vita è continuata: sono stati rinvenuti frammenti ceramici di uso domestico inquadrabili tra la fase tardo-antica e l'epoca longobardo-carolingia, oltre a monete che vanno da un'emissione del re goto Teodato (534‑536 d.C.) a una dell'imperatore Ottone I, re d'Italia dal 962 al 973 d.C., per proseguire con un serie di pezzi, battuti dalle zecche medievali e rinascimentali di Piacenza, Cremona, Milano, Corno, Genova ed Urbino, che documentano un'insospettabile serie di contatti con svariati centri della penisola. Tanti sono, ancora oggi, i "misteri". Negli scavi di quest'anno sono stati trovati due cadaveri tumulati in una scaffa ricavata (intenzionalmente, tramite scasso) in due angoli di un edificio secondo un'inspiegabile ritualità. Ancora, nella zona della rocca (dove sono state ritrovate straordinarie testimonianze duecentesche come chiavistelli, ganci per serrature ed una medaglia proveniente dal santuario pirenaico di Saint Amadour) le indagini stratigrafiche hanno messo in discussione, come accade di sovente, le certezze che parevano acquisite.
La nostra giornata a Pianello, però ha toccato anche il Museo Archeologico collocato nella Rocca municipale dei paese. Alla presenza di Daniele Razza e Fabio Cavanna (assessore al Turismo di Nibbiano e assessore agli Eventi di socializzazione, Commercio, artigianato di Pianello) abbiamo visto' vetrina dopo vetrina, il materiale archeologico rinvenuto nel bacino della Valtidone.
Il museo si apre con la stele funeraria romana di Valeria Nardis. E' un reperto che è un buon auspicio: emerso durante gli scavi, compiuti da privati, per la costruzione di un capannone nelle vicinanze di Pianello è stato subito restituito allo Stato (il restauro è stato pagato dagli scopritori con il premio di reperimento). E oggi quell'affascinante Gorgone e quei delfini, scolpiti per difendere il sonno dei defunti, dorme lì sotto gli occhi di incantati visitatori. Il museo apre al pubblico la domenica ed i festivi, dalle 10 alle 12 (in estate anche dalle 16 alle 19). Su prenotazione è possibile richiedere visite guidate al museo anche in altri orari e durante la settimana ed informarsi sulle visite al sito (telefono 0523/994111, e.mail associazionepandora@virgilio.it). Il 26 settembre è prevista, al museo, la conferenza di Maria Verbena Volpi Pastor, scrittrice più conosciuta come Ben Pastor, che interverrà con "Storie e storia al museo".
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