Da alcune settimane la sommità del monte di san Martino, tra il Lomaso e l´alto Garda, è tornata a rianimarsi. Dentro quello che si rivela un singolare insediamento abitato isolato tra i monti dalle valli alpine interne, sono riprese le indagini archeologiche a cura della Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici della Provincia autonoma di Trento. Si tratta di un centro di non lunga durata, realizzato nei momenti più incerti dell´età antica che segue la fine del mondo romano.
Anno dopo anno, le sue strutture diventano chiare: l´antico oratorio medievale, le difese murate attorno all´insediamento, i caseggiati interni, gli spazi con relative testimonianze di vita e le tombe. A poco a poco si svelano i segni di una realtà che la storia ha dimenticato e la natura a lungo ha nascosto. Il sito archeologico, oggi sede di un progetto di ricerca assurto a livello internazionale, vede consolidato il suo essere luogo dedicato anche alla formazione che ha visto, e vede, in questi anni partecipi più di cento studenti e laureati, giunti nel Lomaso da diverse università italiane (Trento, Padova, Verona e Milano) ed estere (Lubiana, Lille, Barcellona, Monaco, Friburgo). Al loro ritornare allo scavo, al loro entusiasmo, al loro lavoro e, soprattutto, all´interesse di interrogarsi e di conoscere si deve quanto il visitatore può scoprire salendo su questa cima.
Grazie alla sottoscrizione di accordi internazionali, la ricerca su e attorno san Martino – giunta alla quinta stagione – si è fatta più matura e consapevole. Partner di ciò sono la Provincia autonoma di Trento, il Comune di Lomaso e la Bayerische Akademie der Wissenschaften, una delle più antiche e prestigiose istituzioni di ricerca europee.
L´attività proseguirà ancora per diverse settimane, fino ad ottobre. Dopo aver recuperato quanto sopravvive dell´antico oratorio di san Martino (dominante nel cuore dell´insediamento oltre che segno di passati poteri, civili e religiosi) e dopo aver liberato ampi prospetti delle mura difensive, ben costruite e solide, il lavoro degli archeologi si concentra ora nello scavo e nella documentazione dell´urbanistica interna l´insediamento. Già chiare sono le superfici di una serie di caseggiati, diversi fra loro nella forma e nella collocazione, oltre che nei materiali e nella tecnica costruttiva. Realizzati nel V-VI secolo rivelano maestranze esperte, capaci di usare al meglio materiali locali: il legno e la pietra.
Di assoluta novità appare una torre, simile a quelle impostate in altre fortezze alpine e orientali. Impostata sulle mura vigila l´accesso meridionale. Possente è lo spessore dei muri, ampio l´interno, rinforzato il fronte esterno con vistosi contrafforti rampanti sporgenti e che indicano l´originale, notevole altezza del manufatto sull´esempio di quanto ancora rivela la torre di Torba a Castelseprio o le "Torri Quadre" di Novaledo, in Valsugana, che recenti studi hanno prospettato essere di età bizantina. Questi gli elementi sui quali si lavorerà nelle prossime settimane.
E per chi desidera visitare gli scavi in corso e vedere in prima persona il lavoro degli archeologi l´appuntamento è per sabato 8 agosto con partenza alle ore 9 dalla piazza di Lundo. Il sito verrà raggiunto in circa un´ora e mezzo di cammino lungo una strada forestale agevole con un dislivello di 240 metri circa. Sono consigliati abbigliamento e calzature da escursione.
La partecipazione è gratuita previa prenotazione presso l´ ApT Terme di Comano tel. 0465 702626. L´iniziativa è promossa dalla comunità di Lundo e il Comune di Lomaso con il sostegno dell´Azienda per il Turismo Terme di Comano Dolomiti di Brenta e la partecipazione della Soprintendenza per i beni librari archivistici e archeologici.
Scheda di approfondimento
Con i suoi 1000 metri di altitudine il monte di san Martino si alza solitario e isolato nel cuore delle montagne delle Giudicarie, tra la valle del Sarca e l´alto Garda. Dalla cima lo sguardo spazia ininterrotto sull´aperto panorama delle antiche pievi di Bleggio, Banale e Lomaso.
Lontani restano gli agglomerati, antichi e moderni: pugni di case spaziati tra i colori mutevoli dei campi e il verde dei prati, protagonisti in questo lembo di Trentino.
D´estate il luogo si rianima: studenti e laureati universitari, italiani e stranieri si inerpicano sul monte per proseguire un progetto e una ricerca avviati nel 2004. Per loro la fatica, ma anche l´orgoglio di essere protagonisti di un recupero di eventi dimenticati e di situazioni a lungo nascoste. Tracce sopravvissute di un tutto che resta da interpretare sul piano storico, culturale, funzionale.
Un contesto realizzato e attrezzato all´alba dell´Europa moderna con grande impegno e risorse ingenti. Tempi difficili questi, ma anche momenti di straordinaria vitalità e di trasformazione che vedono l´Occidente costretto al confronto con l´ "altro": i Barbari, molti e potenti. Goti, Visigoti, Longobardi, Baiuvari e Franchi sono i "popoli" che la narrazione storica ci ha consegnato coesi. Nella realtà una moltitudine di genti diverse: fuggitivi, profughi, razziatori, conquistatori che – tra scontri e confronti irrompono a Est superando gli antichi confini - Reno e Danubio – e rendono inesorabile il cambiamento: di costumi, di religione, di parlate, di razze. Le Alpi si trasformano, diventando frontiera, più ideale che reale. Molti centri esistenti e molte città ricevono rinforzo mentre sulle alture delle valli si disseminano presidi, si realizzano sbarramenti, si stabiliscono strategie e luoghi utili alla raccolta di uomini, masserizie e derrate. Una società che consapevole o meno si fa multietnica, multirazziale, multiculturale, un mondo su cui oggi si è tornati a riflettere per capire un possibile scenario di futuro del nostro presente, anche questo fatto di nuovi migranti di altrettanta cosmopolita origine.
Gradatamente, il monte di san Martino restituisce ciò che è stato: materiali e tracce sopravvissute di un passato che è diventato concreto e tangibile, frenando la fantasia di molti che leggevano in questo luogo ciò che essi intendevano fosse stato. Un passato di cui sono rimaste a parlare le pietre e non il mito. Avvicinarsi a questo luogo – e questo è possibile seguendo il segnavia SAT 425 che raccorda Lundo o Vigo Lomaso al passo di san Giovanni - è camminare, é salire attraverso fitte faggete su sentieri che raccontano di momenti popolati di pellegrini, di greggi e di pastori, di mercanti e di viaggiatori; è raggiungere un luogo che, inaspettato, si svela allo sguardo con forme e panorami, un luogo dove passato e presente realmente si incontrano.
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