E' il più antico insediamento umano "d'altura" che si scava in Calabria. I lavori sono diretti dal crotonese Domenico Marino, archeologo direttore della Soprintendenza archeologica della Calabria con mandioni direttive all'Ufficio scavi di Sibari; le sue competenze si esauriscono nel territorio della provincia di Cosenza, ma vanno al di là dei confini bruzi nel momento in cui si ha a che fare con gli albori della storia dell'uomo. Marino è infatti l'unico archeologo specializzato in preistoria dell'ufficio regionale del ministero per i Beni e le Attività culturali.
L'insediamento si trova in località Cupone, sulle sponde del lago Cecita, a 1.130 metri di altezza. Da un mese una equipe di archeologi inviata dal soprintendente regionale reggente Annalisa Zarattini e diretta da Marino, sta indagando con cinque saggi esplorativi un vasto insediamento protoneolitico, databile tra il 3.600 ed il 3.350 avanti Cristo, collocato sulla sommità di un terrazzo fluviale prospiciente il fiume Mucone, il cui corso è semi sommerso dal lago; alcuni reperti rinvenuti attesterebbero addirittura una frequentazione più antica del sito, databile alla fine dell'età del neolitico, tra il 3.800 ed il 3.600 avanti Cristo. Gli scavi sono finanziati dal ministero per i Beni e le Attività culturali e godono del sostegno logistico del Comune di Spezzano della Sila e della Provinzia di Cosenza. Alle ricerche partecipano studenti, laureandi, specializzandi e tecnici in metodologia della ricerca antropologica e topografia antica dell'Università della Calabria, e della cattedra di preistoria e protostoria dell'Università Federico II di Napoli.
"E' un insediamento molto grande per quell'epoca - spiega Marino - un grosso abitato che abbiamo calcolato fino ad ora in 40mila mq, ma probabilmente era ancora più esteso ed in grado di ospitare centinaia e centinaia di persone. L'area è situata a pochi chilometri da Camigliatello Silano ed è posta lunga una delle principali vie di transito tra lo Ionio ed il Tirreno, legata prima al commercio dell'ossidiana, proveniente da Lipari, e poi, forse, all'estrazione dei metalli presenti nel territorio silano, in particolare nella vicina area mineraria di Longobucco".
All'insediamento si è giunti dopo che lo scorso anno il nucleo di Cosenza del Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, in stretta collaborazione con i funzionari dell'Ufficio scavi di Sibari, aveva recuperato importanti reperti archeologici provenienti dallo stesso sito. I reperti finora rinvenuti consistono in vasi d'impasto di buona fattura (tazze, scodelle, olle, dolii), strumenti in pietra granitica (asce, asce-piccone), in selce (grandi lame, elementi di falcetto, punte di freccia) ed in ossidiana (soprattutto tratti di lama).
Secondo Marino, "lo strumentario litico dimostra che gli abitanti dell'antico insediamento praticavano l'agricoltura e la caccia, ed utilizzavano certamente il legname della fitta foresta silana. Il rinvenimento di una fusaiola d'imposta - aggiunge l'archeologo crotonese - attesta la filatura della lana, o, forse, del lino selvatico che cresceva spontaneamente sulle rive del fiume Mucome. Alcuni vasi sono stati rinvenuti ancora integri, deposti in fosse circolari, sempre con il fondo verso l'alto, e il loro contenuto sarà oggetto di scavo ed analisi nei laboratori della Soprintendenza".
"Pensavamo che la Sila fosse disabitata in quelle epoche, invece - spiega Marino - stiamo scoprendo che era abitata sin dalla preistoria ed anche in modo molto intenso, in particolare nelle grandi vallate fluviali. Abbiamo già individuato altri siti archeologici coevi a quello di Mucone, sia nella provincia di Cosenza che in quella di Crotone. Il nostro programma, che arriva fino al 2008 e di cui questa è solo la prima campagna di scavi, prevede una indagine a tappeto su tutta l'area silana, per indagare i siti che conosciamo e cercarne altri. Il prossimo anno proseguiremo anche la ricerca a Mucone, al fine di esplorare progressivamente l'intera area dell'abitato sul quale stiamo attualmente lavorando".
Marino lo ricordiamo agli inizi degli Anni Novanta in veste di co-direttore, insieme al collega statunitense Jonathan Morter, nella campagna di scavi promossa dall'Università of Texas di Austin a capo Alfieri, interrotta qualche anno dopo per la morte dell'archeologo americano, perito in un incidente stradale. Ma lo ricordiamo anche impegnato in un campo di volontariato del Gruppo archeologico krotoniate (Gak) alla torre vecchia di Capo Rizzuto che portò alla scoperta di un insediamento dell'età del bronzo databile tra il 2.000 ed il 1.000 avanti Cristo.
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