Stavolta si può dire: la Bibbia aveva ragione. Almeno in un caso. A dimostrarlo è infatti la datazione di un celebre acquedotto di Gerusalemme, il tunnel di Siloe, che sarebbe davvero opera di re Ezechia, alla fine dell'ottavo secolo avanti l'era cristiana, più o meno intorno all'anno 701, cioè ventisette secoli fa. Dopo decenni di smentite, finalmente Werner Keller - che scrisse un libro, tanto fortunato quanto infondato, per dimostrare come l'archeologia confermasse i racconti biblici in tutti i dettagli - sarebbe contento.
E più di lui esulterebbe William Foxwell Albright, vero iniziatore dell'archeologia biblica contemporanea negli anni Venti e Trenta del Novecento. La sua opera fu infatti meritevole ma i suoi risultati sono stati in gran parte superati dalla ricerca, come hanno sintetizzato Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman nel volume Le tracce di Mosè (Carocci), peraltro piuttosto conservatore rispetto ad altri studiosi.
Di che si tratta? Lo scorso 11 settembre sulla rivista "Nature" tre scienziati - gli israeliani Amos Frumkin e Aryeh Shimron e il britannico Jeff Rosenbaum - hanno sintetizzato i risultati di una fortunata ricerca geologica che ha messo la parola fine a un dibattito che negli ultimi decenni aveva diviso epigrafisti, paleografi e storici sulla datazione di un'importante iscrizione, ora conservata a Istanbul. E la loro datazione conferma esattamente i racconti biblici.
Ma andiamo con ordine. Gerusalemme, 1880: un ragazzo si tuffa nelle acque della sorgente del Ghihon e fa una clamorosa scoperta. Viene infatti alla luce un'iscrizione che descrive un'opera idraulica eccezionale, così trascritta da Manfred Clauss nel recente Israele nell'età antica (il Mulino): "La perforazione è stata compiuta e così andarono le cose: mentre gli scavatori brandivano i picconi, l'uno contro l'altro, e mentre rimanevano ancora tre cubiti (circa un metro e mezzo) da perforare, si udì la voce di uno che chiamava il suo compagno, perché c'era un foro nella roccia dal lato destro a quello sinistro. E nel giorno della perforazione gli scavatori batterono l'uno verso l'altro, piccone contro piccone. E l'acqua scorse dalla sorgente fino al serbatoio per 1.200 cubiti (553 metri); e l'altezza della roccia sopra alla testa degli scavatori era di cento cubiti (46 metri)".
La galleria - lunga mezzo chilometro e tuttora percorribile - portava l'acqua dalla sorgente del Ghihon alla piscina di Siloe, e venne realizzata secondo la Bibbia (2 Re, 20, 20; 2 Cronache, 32, 1-4; Isaia, 22, 9; Siracide, 48, 17) in previsione di un assedio assiro da re Ezechia. Ma vi sono altri sei condotti che attingevano alle stesse sorgenti, mentre il nome del sovrano non compare nell'iscrizione. Così gli specialisti discutevano se iscrizione e manufatto risalissero davvero all'ottavo secolo o se non fossero molto più tardi, addirittura del secondo secolo avanti l'era cristiana. A questo punto entrano in scena i tre geologi, che in mancanza di altri indizi hanno prelevato una quindicina di campioni dai rivestimenti delle pareti del tunnel. Sono stati così identificati frammenti di legno e di piante che, grazie alla radiometria, sono stati datati con ragionevole certezza intorno alla fine dell'ottavo secolo. Insomma il nome manca, ma l'acquedotto è quello di Ezechia, il sovrano che resisté all'assedio assiro, anche se poi fu costretto a pesanti tributi.
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