Dopo quasi vent'anni di accesi dibattiti, la comunità scientifica si è ormai convinta che un asteroide o una cometa entrarono in collisione con la Terra 65 milioni di anni fa, alla fine del periodo Cretacico. Questo fenomeno catastrofico, verificatosi forse in coincidenza con un periodo di profondi cambiamenti climatici, portò con ogni probabilità all'estinzione di circa i tre quarti delle specie viventi allora sulla Terra, compresi i dinosauri.
I segni principali lasciati da questa remota catastrofe globale sono essenzialmente due: il cratere di Chicxulub (in lingua Maya questa paro a significa "coda del diavolo") all'estremità settentrionale della penisola dello Yucatan (Messico), che con i suoi oltre 100 km di diametro è una delle più vaste strutture da impatto presenti sulla Terra, e lo "strato di Gubbio", un sottile deposito sedimentario in cui è presente una quantità elevata di iridio, un elemento raro sulla Terra, ma relativamente abbondante nei corpi asteroidali e cometari. Risalente a 65 milioni di anni fa, lo strato di Gubbio con ogni probabilità si originò a causa della ricaduta sulla superficie terrestre delle polveri disperse in atmosfera a seguito dell'impatto. Altre tracce dell'evento sono state ritrovate sulle coste messicane e statunitensi che si affacciano sul mar dei Caraibi e consistono in depositi fossili di materiali e microscopiche sferule vetrificate scaraventati sulla terraferma dall'ondata di tsunami provocata dalla collisione.
A parte questi segni, peraltro significativi, finora, nonostante vent'anni di intense e difficili ricerche, non erano state ancora ritrovate tracce macroscopiche del corpo cosmico che potessero fornire qualche elemento per stabilire se si trattò di un asteroide o di una cometa.
E' di pochi mesi fa l'annuncio che in campioni del sottile strato geologico sedimentario che segna il passaggio tra il periodo Cretacico e Terziario (coincidente con lo strato di Gubbio), prelevati sul fondo dell'Oceano Pacifico centro-settentrionale, è stato ritrovato un minuscolo meteorite fossile, delle dimensioni di 2, 5 millimetri, che con ogni probabilità proviene dall'oggetto che provocò il cratere di Chicxulub (Nature, 396, 237). I campioni prelevati consistono di un argilla pelagica di colore molto scuro, tipica dei sedimenti dell'Oceano Pacifico settentrionale. La componente silicacea di questi sedimenti è formata da particelle delle dimensioni di pochi micrometri portate dai venti e provenienti dal continente asiatico e nord-americano: 65 milioni di anni fa il sito in cui sono stati prelevati campioni era localizzato nella parte centrale del paleo-bacino del Pacifico settentrionale, a migliaia di chilometri dal più vicino continente e circa 9000 km ad occidente del cratere di Chicxulub.
Le analisi geochimiche e petrografiche di questo minimeteorite, rese alquanto difficili dal fatto che la lunga permanenza sul fondo dell'oceano ha in parte alterato la composizione del campione, indicano in maniera inequivocabile che esso proviene da un oggetto di composizione condritica carbonacea, ricco di composti a base di zolfo e metalli, assimilabile ai ben noti gruppi
di meteoriti carbonacei denominati CV, CO e CR. Le analisi escludono quindi con certezza che si tratti di materiale aggregato poroso tipico di oggetti cometari.
L'interrogativo relativo alla possibilità che materiale del corpo originario sia sopravvissuto intatto nonostante il tremendo impatto è stato sciolto per mezzo di una serie di simulazioni numeriche le quali hanno mostrato che, alle velocità di caduta tipiche degli asteroidi (poche decine di chilometri al secondo), più del 10 per cento del proiettile può conservarsi senza subire processi di fusione o vaporizzazione. Alla luce quindi della coincidenza dell'età del piccolo meteorite con quella del cratere di Chicxulub e delle analisi chimiche, si può ragionevolmente ipotizzare che l'oggetto precipitato al confine Cretacico/Terziario era con ogni probabilità di composizione carbonacea. Le condriti carboneacee costituiscono solo una piccola frazione delle meteoriti raccolte sul nostro pianeta, ma sono una componente importante degli oggetti della Fascia Principale degli asteroidi, da cui proviene la maggioranza dei corpi che possono entrare in collisione con il nostro pianeta.
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