Seppure la ricerca di tessuti di oltre 3, 000 anni or sono, dentro alle tombe e sotto il sole cocente del deserto cinese occidentale possa sembrare più una missione da Indiana Jones, che un´analisi di laboratorio, due chimici dell´Università di Boston si sono appena cimentati in quest´impresa. Viaggiando lungo l´antica Via della Seta nella Provincia di Xinjiang hanno trovato gli antichi tessuti e dato inizio ad un´avventurosa ricerca che combina chimica, archeologia, antropologia, botanica ed arte.
I chimici, Richard Laursen, professore del Dipartimento di Chimica per la Boston University, e Xian Zhang, uno studioso laureato in chimica, hanno rifinito una tecnica che aiuta gli archeologi e gli antropologi ad identificare le specie di piante che gli antichi popoli usavano per produrre le tinture per i tessuti. La loro tecnica non ha solo offerto ai ricercatori un nuovo, potente, strumento per analizzare tipi di tintura precedentemente sconosciuti, ma ha condotto anche alla scoperta di almeno una tinta mai descritta prima d´ora. In aggiunta, i chimici della BU hanno iniziato a catalogare campioni di piante, fondamentali per gli studiosi dei coloranti attorno al mondo.
Storicamente, i ricercatori hanno usato una mistura a base di acido cloridrico per estrarre le delicate tinte dai tessuti, come lana e seta. Ma, secondo Laursen, l´acido cloridrico rompe il legame glicosidico, che si creano tra molecole simili a quelle dello zucchero e a molte molecole della tintura. Senza questi zuccheri, i ricercatori avrebbero perso significativi indizi sul modo in cui le piante venivano usate per dare alla tinta il loro colore. Mantenere questi indizi intatti è importante per analizzare il giallo, i coloranti dei flavonoidi, non solo perché sono chimicamente più delicati dei coloranti rosso e blu, ma anche perché possono essere derivati da una maggiore varietà di differenti fonti vegetali – dalla buccia di cipolla ai germogli dell´albero a pagoda.
Laursen e Zhang hanno testato i metodi di estrazione del colorante usando sia l´acido etilene diaminetetracetico e acido formico, piuttosto che l´acido cloridrico. Queste soluzioni "più gentili" per l´estrazione lasciano in luogo i legami glicosidici. I chimici hanno analizzato l´estratto del colorante usando una combinazione di cromatografia liquida ad alta risoluzione, spettrometria di massa ed uno strumento per la rilevazione dei diodi per determinare le loro proprietà solubili, il peso molecolare e l´assorbimento dell´esatto colore in nanometri.
I ricercatori hanno già sottoposto a test il loro nuovo metodo, scoprendo perfino un nuovo tipo di componenti del colorante, un solfato dei flavonoidi, in tessuti trovati in mummie peruviane di 1, 000 anni di età.
"Nessuno avrebbe mai potuto vedere il solfato di flavonoidi con il vecchio metodo" ha dichiarato Laursen. "Ogni volta che analizziamo qualcosa, troviamo qualcosa di nuovo. E´ davvero un´emozione."
Nel corso di un recente viaggio in Cina, Laursen e Zhang hanno ottenuto un campione tessile da almeno un´altra mummia. I chimici si trovavano ad attendere ad una conferenza sponsorizzata dal Getty Conservation Institute a Dunhuang, una città ai margini del deserto dei Gobi. Un sito presso la città è costellato di grotte contenenti antica arte buddista. Mentre si svolgeva la conferenza, i chimici della BU si sono uniti ad una spedizione nel deserto del Takla Makan (il nome significa "Se entri, non esci"). I ricercatori cinesi hanno trovato il tessuto nei siti sepolcrali del Takla Makan, e Zhang, nativo della Cina, ha convinto gli archeologi cinesi ad offrire i loro campioni di tessuto di 3, 000 anni or sono.
Secondo Laursen, il tessuto, e la persona sepolta con esso, sono di origine indo-europea, probabilmente collegati alle antiche migrazioni ad ovest attraverso l´Asia Centrale. Lo studioso Pianifica un viaggio questa primavera per raccogliere piante dall´Asia Centrale e dai paesi vicini come Turchia, Iran, ed Uzbekistan, per una comparazione chimica con i coloranti del tessuto e per scoprire maggiori elementi sulle origini della mummia.
"I popoli nell´area hanno una lunga tradizione per la produzione di tappeti e tessuti" ha spiegato Laursen, "ma sappiamo davvero poco circa il modo in cui le piante erano usate per colorarli. Speriamo di riempire questo vuoto raccogliendo quanto più materiale vegetale possiamo".
I campioni di piante saranno uniti a centinaia di altri, in un database dedicato alle "impronte digitali dei coloranti" che gli scienziati stanno creando per essere usato dai ricercatori attorno al globo.
"Si ottiene uno spettro caratteristico dei componenti di colorante" ha spiegato Laursen. "Se fossimo già stati in possesso di una simile quantità di dati, forse saremmo potuti risalire a cosa era stato usato nei campioni cinesi. Questi tipo di informazione sarebbe stata utile agli archeologi e agli antropologi che stanno tentando di ricostruire i percorsi di migrazione e le tecnologie degli antichi popoli."
La ricerca apparirà sul numero del 1 aprile di Analytical Chemistry
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