Il Dr.Douglas Robertson giura che uno dei punti più vantaggiosi per ammirare la maschera della mummia egiziana di 5, 300 anni or sono, è il suo laboratorio al Centro Medico dell´Università di Pittsburgh (UMPC) Montefiore. No, non è un errore: la maschera funeraria di quella che potrebbe essere stata una nobildonna della corte di Ramsete il Grande si trova fisicamente esposta a 550 miglia di distanza, presso il Museo d´Arte di St.Louis, ma un modello tridimensionale a colori pieni, della maschera, si trova anche nel computer del dr. Robertson.
Il modello computerizzato può essere girato e rigirato in modo di osservarlo da ogni angolo. Qualcosa che non sarebbe mai possibile ai visitatori con il reperto reale. "Nemmeno ai curatori dei musei è permesso toccare i reperti" spiega Robertson, un radiologo che dirige il laboratorio di immagini muscolo-scheletriche e biomeccanica all´Università di Pittsburgh.
Un modello computerizzato, invece, è solo un insieme di numeri ben combinati, non si può rompere, scheggiare o ammaccare. Invece può essere copiato, alterato, o suddiviso per agevolare le analisi.
La riproduzione di modelli computerizzati diventa così un nuovo strumento per i curatori dei musei.
Il modello della maschera della mummia egizia – il primo uso di scansione tomografica computerizzata ed elaborazione tridimensionale di un oggetto d´antichità sia per la superficie esterna che per quella interna – è stato usato per comprendere la manifattura necessaria per produrlo, per identificare aree riparate successivamente alla creazione, e per pianificare la ricostruzione di porzioni danneggiate.
Robertson sostiene che i modelli così ottenuti potrebbero addirittura divenire parte integrante delle esposizioni, e per permettere al pubblico di studiare i reperti anche da altre località, via computer.
Alcuni musei hanno già incorporato i modelli computerizzati alle loro esposizioni, come nella mostra chiamata "Antichi Bronzi delle Praterie Asiatiche" aperta quest´autunno al Museo di Storia Naturale di Carnegie. Il tecnico informatico dell´Università di Mellon, Yang Cai ed i suoi studenti hanno lavorato con archeologi ed artisti per riprodurre il volto di un allevatore di cavalli del Botai, basandosi su un cranio di 5, 500 anni or sono, dissotterrato in Kazakhstan.
Gli studenti di Cai hanno usato i modelli computerizzati per produrre un panorama in 3-D di Krasnyi-Yar, un villaggio Botai di cui oggi non rimane che una serie di depressioni dove una volta si ergevano i suoi edifici nelle piane del Kazakhstan settentrionali.
"Questo tipo di ricostruzione computerizzata migliore la visione degli archeologi di come dovevano apparire questi villaggi" ha spiegato Sandra Olsen, curatore della sezione di antropologia, le cui ricerche si sono concentrate sulla cultura di Botai e sull´addomesticamento dei cavalli.
Comprendendo la dimensione, lo spazio e la disposizione delle case e delle strade interne ai villaggi, ha aggiunto, "credo sia più semplice visualizzare come dovesse svolgersi la loro vita quotidiana".
"E´ una nuova era" ha dichiarato Robertson, che è stato coinvolto nel progetto del modello della maschera alcuni anni or sono, mentre lavorava presso la facoltà di Washington presso l´Università di St.Louis.
Il museo d´arte ha una lunga relazione con il dipartimento di radiologia dell´Università, che scansiona molti dei reperti del museo. La maschera della mummia è stata studiata utilizzando uno scanner a tomografia computerizzata, che produce una serie di fette orizzontale per tutta la dimensione della maschera, ad intervalli di 1 millimetro.
La maschera, risalente alla XIX dinastia egizia, è fatta di gesso e lino, ricoperta di una lamina d´oro, capelli di bitume o pece, rifiniture di vetro e amuleti di legno. E´ stata parte della lunga mostra itinerante del Museo di St.Louis dal titolo "Maschere" e si trova ora in esposizione presso il museo stesso.
Nel suo laboratorio, Robertson ed i suoi studenti trascorrono la maggior parte del tempo producendo modelli tridimensionali di ossa, usati per applicazioni come la progettazione di arti e articolazioni artificiali ed altri simili impianti.
"In un certo modo, la maschera è per noi come una qualsiasi parte del corpo" ha dichiarato. "Come le parti del corpo, non è stata creata utilizzando forme geometriche come coni o cilindri. "Molta parte del software applicato all´ingegneria non è progettato per le forme naturali" ha evidenziato, ed è per questo che si rendono necessarie tecniche e software particolari.
In parole semplici, il modello in 3-D descrive i contorni della maschera come un complesso sistema di triangoli. Ma Robertson sovrappone al modello geometrico le immagini fotografiche dell´esterno, un processo chiamato mappatura della grana. La maschera è stata fotografata ad intervalli di 45 gradi. Per combinare simili immagini bidimensionali con i modelli tridimensionali, i triangoli di partenza debbono essere ridotti a due dimensioni.
Il modello appiattito è di necessità distorto, ma lo studente di dottorato di Robertson, Gulshan Sharma, ed uno degli studenti di Cai, Jason Fung, sono stati in grado di far corrispondere sorprendentemente le immagini fotografiche al modello, a partire da punti chiaramente identificabili come gli occhi e la bocca.
Il risultato ha rivelato tecniche nella manifattura non notate in precedenza, ha illustrato Robertson. La scansione tomografica ha rivelato aree con differenti qualità di lino, suggerendo dove erano state apportate alcune modifiche. Dettagli che sembravano semplicemente dipinti sulla maschera sono invece risultati incisi sulla superficie, poi dipinta.
Il lato sinistro della maschera era stato danneggiato, come se fosse caduto o si fosse staccato, e si spera di poter usare il modello in 3-D al fine di guidare il lavoro di restauro dei conservatori del museo, ha dichiarato Sidney Goldstein, curatore di antica arte islamica.
Il modello numerico rende semplice riprodurre un´esatta copia di silicone della maschera. La copia può così essere usata per modellare "una sorta di protesi" per le parti mancanti, che potrebbero poi essere trasferite sulla maschera stessa, ha spiegato Goldstein.
Cai, direttore dello Studio di Intelligenze Visuali a Carnegie Mellon, ha contattato Olsen qualche anno or sono, in quanto interessato a coinvolgere i suoi studenti sulle applicazioni informatiche all´arte ai progetti archeologici. Usando un software di una compagnia canadese, Reflex 3-D Systems, con i suoi studenti ha scelto un cranio di 5, 500 anni or sono che lo stesso Olsen aveva ritrovato in Kazakhstan, e vi aggiunto digitalmente muscoli, grasso e pelle per ricostruire il volto dell´antico pastore.
"Il risultato assomiglia incredibilmente ad un moderno kazako, il naso in modo particolare" ha dichiarato Olsen. "Davvero non sapevamo se avremmo ottenuto una fisionomia più indo-europea o cinese. Ma se incontraste l´uomo [ricostruito digitalmente] per strada, giureresti si tratti di un kazako."
Il cranio e la sua ricostruzione digitale sono entrambe in mostra presso il museo, come anche un´elaborazione pittorica dell´artista del museo Mark A.Klinger, che si è basato sulle fattezze tipiche di quattro moderni kazaki.
Utilizzando foto e mappe geomagnetiche che mostrano la misura e la posizione degli edifici nell´antico villaggio di Krasnyi Yar, gli studenti di Cai hanno prodotto un panorama che mostra costruzioni con pareti di fango e tetti di paglia simili a quelli ancora usati in Kazakhstan.
Cai ha dichiarato di avere prodotto una versione in DVD – non parte della mostra al museo – che permette agli utenti di girare il villaggio con la realtà virtuale, come anche di osservarlo dall´alto.
"Il computer rende possibile ogni cosa" ha dichiarato Cai "e abbiamo scoperto quanto più possibile con una semplice raffigurazione pittorica in due dimensioni."
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