Roma - Parte "Archeomar", un progetto per il censimento totale dei beni archeologici sommersi in quattro regioni del sud, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria.
L'iniziativa, che e' partita il primo di aprile e durerà fino all'ottobre del 2005, e' stata presentata al Museo Nazionale Romano alla presenza del ministro Urbani, in occasione della settimana della Cultura.
Il progetto, per il quale sono stati investiti 7 milioni e mezzo di euro, costituirà il più importante strumento di conoscenza del patrimonio archeologico sommerso nei fondali marini meridionali, al fine di conoscere tesori archeologici neppure mai supposti e di tutelare e controllare beni sepolti nelle acque costiere di quattro tra le regioni più a rischio in questo campo. L'iniziativa si propone di sistematizzare dati e informazioni raccolti nei decenni passati in progetti limitati relativi a giacimenti sommersi lungo le nostre coste, con l'obiettivo di costituire una immensa banca dati del patrimonio sommerso come strumento di conoscenza completo e aggiornato. La fase operativa, che partirà a giorni dopo un periodo preparatorio, prevede l'impiego di tre navi oceanografiche dotate di tutte le più moderne tecnologie e di un sottomarino, con il coinvolgimento di oltre duecento persone. Fino a questo momento sono stati recuperati dati relativi ad oltre 700 siti.
Al termine della "campagna" quattro convegni territoriali e un convegno internazionale renderanno note le ricognizioni effettuate.
"E' un impegno estremamente ambizioso e importante, ragione di soddisfazione per tutti noi", ha affermato il ministro Urbani sottolineando che "i nostri studiosi presumono di rinvenire reperti che da tempo sono fonte di interesse da parte degli archeologici, ma anche beni che ci sono ancora ignoti.
Recentemente - ha proseguito - sono state trovate alcune meraviglie come i Bronzi di Riace e il Satiro Danzante e dunque la ricerca, che si avvarrà delle più moderne tecnologie, si annuncia promettente. Nel lavoro saremo assistiti, per la tutela, da forze come i Carabinieri, la Guardia di finanza e le autorità portuali".
L'obiettivo, ha aggiunto, e' quello di "costruire una mappa dei fondali che riguardi anche i reperti più minuti e meno importanti, quelli che non saranno mai portati in superficie.
Alcune rotte abbandonate nei secoli saranno scandagliate per recuperare ciò che si dimostrerà di valore archeologico, come è stato per le navi di Pisa che, e' stato ricostruito, coprono dieci secoli di storia, dal III secolo dopo Cristo all'età di Porsenna".
In questo lavoro sarà importante, ha sottolineato ancora il ministro, "la collaborazione con le regioni: sia in questa fase che, ancora di più, dopo il restauro quando ci sarà l'esigenza di valorizzare i reperti recuperati e mostrarli al pubblico in musei locali". La fase del restauro, ha detto ancora Urbani, sarà molto delicata: "sarà necessario usare la massima cautela perché spesso - ha osservato - i beni sono conservati proprio dall'acqua e sono a rischio di polverizzazione quando emergono".
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