Marco Antonio Gordiano Pio, alias Gordiano III, imperatore romano dal 238. Gaio Messio Quinto Traiano Decio, imperatore dal 249. Gaio Vibio Treboniano Gallo, imperatore dal 251. Busti e volti sono su alcune delle 28 monete romane del terzo secolo dopo Cristo che L. M., 54 anni, operaio di Selvino in cassintegrazione, ha trovato sul monte Podona, vetta a 1.227 metri. Una bella scoperta. Solo che l'archeologo fai-da-te, sposato e con figli, ha violato il codice dei beni culturali e del paesaggio ed è finito indagato. Il ritrovamento ha mosso a catena il museo archeologico di Bergamo, la Soprintendenza dei beni archeologici di Milano e i carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Monza. Lui, difeso dall'avvocato Daniela Serughetti, ha appena ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini firmato dal pubblico ministero Fabrizio Gaverini e si è fatto interrogare, a Monza.
"Non volevo tenere nulla, anzi ho cercato prima un'insegnante, poi un esperto della zona e poi ho chiamato al museo", è la sua versione, dalla quale è anche emerso il sogno di passare se non alla storia quanto meno nella citazione di un opuscolo sulla scoperta: "Sono un appassionato di archeologia, volevo contribuire a svelare un pezzo di storia dell'impero romano nella mia zona". Il punto è che per la legge non ci si può improvvisare archeologi. Se si trova qualche oggetto in odore di reperto da museo bisogna chiamare chi è autorizzato a mettere mano a terreni e scavi. Lui, invece, prima ha trovato una moneta.
Dice che è successo per caso, mentre cercava funghi. Poi si è munito di metal detector Garrett Ace e ha perlustrato 500 metri quadrati di montagna. L'ha comprato cercandolo sulle pagine gialle, sostiene. In effetti basta googlare e si trova facilmente: "Adatti a qualsiasi cercatore, leggeri e semplici da utilizzare. Riconoscimento del metallo e profondità di rilevamento, elementi fondamentali per una ricerca efficace e ricca di sorprese", si legge sul sito dell'importatore ufficiale. Così in casa l'operaio si è portato un tesoretto. Le 28 monete, appunto, del periodo Antoniniano che riportano, tra le altre, le effigi di Filippo 1° e Valeriano. Poi ci sono dei frammenti, un cucchiaio, un ferro di cavallo, un piatto di una bilancia. La Soprintendenza, in una relazione, definisce le monete "autentiche" e "di interesse archeologico".
Ma i reperti non sono arrivati subito nelle mani giuste. E questo è il guaio dell'operaio, che però ai carabinieri ha raccontato la sua buona fede. Sostiene di aver interpellato diverse persone. Di aver chiamato anche la direttrice del museo di Bergamo, Stefania Casini, e che lei è andata a casa sua. Lei conferma di esserci andata, "ma non ho nulla da dire sulla vicenda", puntualizza. Le indagini sono chiuse, ma ora il pm deve decidere che cosa fare. È dal museo che era partita la segnalazione, "vanno fatte per tutti i ritrovamenti", sta generica la direttrice. Ma poi che cosa sia accaduto non è chiaro. Nel senso che dalle indagini risulterebbe che l'operaio non volesse consegnare le monete, mentre lui si è detto disponibile alla massima collaborazione. Fatto sta che il primo marzo è partita la segnalazione. "Se volete vi porto dove le ho trovate", ha detto lui ai carabinieri. Non sta a loro perlustrare l'aera alla ricerca di altri reperti romani, sempre che ce ne siano. Starebbe alla Soprintendenza. Ma la grande scoperta dell'operaio che si è improvvisato archeologo al momento non pare aver mobilitato grande attenzione. Chissà se davvero nei boschi sul monte Podona è custodita una civiltà romana tutta da scoprire.
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