Secondo quanto ampiamente ipotizzato dalla moderna scienza archeologica sulla base della quantità e della qualità di reperti ritrovati nel corso del '900, le prime forme di espressione artistica si sarebbero sviluppate in Europa circa 40000 anni fa, quando i primi uomini cominciarono a sentire il desiderio di esprimere in modo tangibile i propri sentimenti con oltre 36000 anni di anticipo sull'introduzione del primo sistema di scrittura cuneiforme, risalente ai Sumeri.
Dopo un mezzo secolo abbondante di orgoglio tutto europeo conseguito al ritrovamento dei preziosi murales spagnoli di El Castillo, la rivista Nature è recentemente giunta a mettere in discussione la prospettiva paradigmatica dell'archeologia contemporanea, datando alcune pitture rupestri ritrovate in Indonesia ad un periodo compreso tra i 39, 9 mila e i 17 mila anni fa e ponendo così le primordiali opere d'arte asiatiche su un piano di ideale contemporaneità rispetto alle più antiche varianti europee.
Il dipinto in questione, che ritrae una mano umana e un cinghiale primitivo ed è stato rinvenuto nei pressi di una grotta situata sull'isola indonesiana di Suwalesi, presenta numerose analogie con quelle ritrovate al El Castillo, sia da un punto di vista prettamente tecnico, sia per quanto riguarda la tipologia di soggetti raffigurati.
Se lo studio condotto da Maxime Aulbert, ricercatore della Griffith University, sulle raffigurazioni indonesiane dovesse trovare ulteriori conferme a livello temporale, la scoperta renderebbe necessario un ripensamento in chiave globale dell'intera storia umana, prima ancora di quella legata alle sue manifestazioni artistiche.
La possibilità che in epoche cronologicamente paragonabili, i primi agglomerati umani sentissero l'esigenza di esprimere concetti mediante tecniche figurative in simultanea (pur trovandosi ovviamente impossibilitati ad esercitare reciproca influenza) pone l'accento su quelle che potrebbero essere esigenze innate da un punto di vista antropologico e non il prodotto di una dimensione pre-culturale.
In sostanza, l'idea che 40 mila anni fa esistessero delle embrionali forme umane capaci di esprimere gli stessi concetti in modi del tutto similare, pur trovandosi a migliaia di km di distanza l'una dall'altra, getta una nuova luce sulle fasi di sviluppo della specie e su quelle che sono le naturali inclinazioni dell'essere umano in quanto tale, a qualunque latitudine.
Pur tenendo conto dei possibili errori di datazione, la scoperta è decisamente suggestiva ed aggiunge un nuovo tassello all'interminabile studio sull'umanità; tassello che riemerge in ogni bambino alle prese con un pastello, quasi come se il sentimento di esprimere in modo tangibile i nostri desideri fosse una componente arcaica radicata in ognuno di noi.
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