Gli europei scoprono oggi di possedere nel proprio DNA una firma genetica euroasiatica. A divulgare la scoperta, la prestigiosa rivista scientifica internazionale "Nature" che, vista l'importanza dello studio, dà risalto alla notizia pubblicando in copertina il titolo: "Melting pot - tre popolazioni ancestrali per i moderni europei". I risultati della ricerca scientifica riscrivono l'identità di un intero continente. Genetica e archeologia scavano nel passato e riportano ad una nuova e misteriosa origine antropologica. Non più due, ma tre le popolazioni primordiali da cui discenderebbero gli attuali europei. Il DNA di questo terzo gruppo appare diverso sia da quello dell'antico "cacciatore-raccoglitore" del Lussemburgo, che da quello dei primi agricoltori europei. Difficile stabilire con esattezza quando questo terzo gruppo sia arrivato nell'Europa centrale. Di sicuro dopo l'arrivo dei primi agricoltori, circa 7.500 anni fa.
La scoperta è opera di un team internazionale di ricercatori, coordinato dalle Università di Harvard (negli Usa) e di Tubinga (in Germania). Allo studio hanno collaborato ricercatori dell'Università degli Studi di Palermo e dell'Irccs Oasi Maria Santissima di Troina, in provincia di Enna. Il team ha analizzato il DNA isolato da resti umani ossei preistorici rinvenuti in tre siti archeologici dell'Europa centrale e settentrionale. L'integrazione dei dati del DNA appartenente agli europei moderni con quello dei loro antenati ha permesso di stabilire che quasi tutti gli europei di oggi possiedono una componente genetica riconducibile alle tre popolazioni ancestrali, pur esistendo tra le varie razze europee delle differenze in merito alle proporzioni. La componente euroasiatica è in proporzione la più piccola rilevabile in Europa, tanto da non superare il 20%, ma è rinvenibile in quasi tutti i gruppi europei esaminati dallo studio scientifico.
Resta ancora da capire in che modo gli europei abbiano ereditato nella loro genealogia la firma genetica di questa popolazione euroasiatica settentrionale. Il primo reperto analizzato dal consorzio internazionale di ricercatori è stato rinvenuto a Stoccarda e appartiene ad un agricoltore neolitico vissuto circa 7 mila anni fa. Il secondo reparto, rinvenuto sotto la roccia di Loschbour, nel Lussemburgo, appartiene ad un cacciatore-raccoglitore, vissuto circa 8 mila anni fa. Il team ha poi analizzato il DNA di circa 2.400 individui appartenenti a duecento popolazioni contemporanee, campionate in diverse aree geografiche del mondo. Questo ha permesso di confrontare gli individui preistorici con le popolazione attuali. La scoperta apre ora nuovi scenari per gli studi archeologici.
L'importante risultato non riguarda però tutti gli europei. Fa eccezione qualche popolazione. Un dato interessante riguarda per esempio quella siciliana, ritenuta dai ricercatori "fuori dal coro", poiché mostra una forte affinità con le popolazioni del vicino oriente. Risultati simili si sono riscontrati tra i maltesi e gli ebrei Ashkenazi. Una parte dei campioni di DNA siciliani analizzati in questo studio sono stati isolati da sangue di donatori della Sicilia sud-orientale.
A questo proposito il professore Valentino Romano dell'Università di Palermo, che da molti anni studia la storia genetica della popolazione siciliana in collaborazione con il biologo Francesco Calì, ricercatore presso l'Irccs Oasi Maria Santissima di Troina, commenta: "Il dato relativo alla Sicilia non ci sorprende, in quanto è compatibile sia con la copiosa documentazione archeologica che attesta i duraturi e intensi rapporti tra l'isola e il Vicino Oriente nei periodi preistorico e protostorico, sia con i numerosi studi di archeologia della popolazione siciliana pubblicati negli ultimi quindici/vent'anni dal nostro gruppo di ricerca".
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