Nel sito archeologico di Isernia La Pineta, risalente a circa 600 mila anni fa, è stato rinvenuto un dente di bambino che, allo stato attuale delle ricerche, rappresenta il più antico resto umano della Penisola Italiana.
Si tratta di un primo incisivo superiore sinistro da latte di un bambino deceduto all'età di circa 5-6 anni. Il dente mostra caratteristiche particolari che non si ritrovano negli altri reperti rinvenuti in Europa, seppur riconducibili ad un ampio contesto cronologico. Da questi si discosta perché più gracile e meno bombato.Il reperto rinvenuto viene attribuito all'Homo heidelbergensis sulla base delle sue caratteristiche, per le sue dimensioni e per la sua età cronologica. In Europa, infatti, l'Homo heidelbergensis è attestato a partire da circa 600 mila anni e rappresenta l'antenato dell'Uomo di Neanderthal che si diffonde successivamente in tutta Europa. Scompare in seguito alla diffusione dell'Homo sapiens almeno a partire da 40.000 anni fa.
Il dente umano rinvenuto ad Isernia rappresenta una scoperta straordinaria in quanto permette di fare luce sulla variabilità di Homo heidelbergensis, che sembra essere molto pronunciata, e di sottolineare la peculiarità dei resti umani italiani più recenti che mostrano spesso una persistenza di caratteri arcaici se confrontati al resto dell'Europa.I ricercatori sottolineano che i reperti umani in ambito europeo più antichi di 600 mila anni non sono frequenti. Particolare significato rivestono i ritrovamenti attribuiti all'Homo antecessor (Atapuerca vicino Burgos in Spagna) compresi in un arco cronologico tra 1, 2 e 0, 7 milioni di anni fa.
L'olotipo di Homo heidelbergenis è invece rappresentato dalla mandibola rinvenuta a Mauer in Germania con una attribuzione cronologica di circa 600 mila anni fa.
Il ritrovamento a La Pineta porta un arricchimento notevole al giacimento, già noto per la complessità delle archeosuperficie esplorate in questi anni, per la ricchezza dei reperti faunistici, per l'articolata produzione di reperti in selce e per le evidenze connesse con le strategie di sussistenza in un ambiente di 600.000 anni fa.Gli scavi sono stati condotti in collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise e l'Università di Ferrara, con la direzione scientifica di Carlo Peretto, Professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife, tuttora titolare della concessione di scavo.
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