Le acque antistanti la contrada Bulala, a pochi chilometri a Est di Gela, continuano a offrire interessanti scoperte archeologiche subacquee grazie alle ricerche effettuate dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, in collaborazione con il Comando dell'Arma dei Carabinieri di Gela, il nucleo sommozzatori dei Carabinieri di Messina e con i mezzi messi a disposizione dalla Polizia di Stato e la supervisione della Guardia Costiera.
Su segnalazione dell'appassionato subacqueo locale Francesco Cassarino, era stata comunicata la presenza di ceramiche e blocchi in pietra scoperti dalle recenti mareggiate nella zona in questione.
L'8 novembre 2012 i tecnici della Soprintendenza del Mare Stefano Zangara, Roberto Garufi ed Alessandro Urbano, coordinati dal Soprintendente Sebastiano Tusa, hanno effettuato una vasta perlustrazione dell'area coadiuvati dai subacquei dell'Arma dei Carabinieri. Ha collaborato alle operazioni Gaetano Lino. Malgrado l'acqua fosse estremamente torbida, a causa della sospensione dell'argilla di base, sono stati individuati alcuni reperti di notevole valore scientifico tra cui tre coppe ad orlo rientrante biansate databili al V secolo a.C. e frammenti consistenti di anfore della medesima epoca e di epoche più recenti. A tali oggetti si aggiunge un pezzo di eccezionale valore artistico prelevato nella stessa zona dal segnalatore e prontamente consegnato.
Si tratta di un'antefissa in terracotta, elemento della copertura dei tetti posto sulla testata delle travi o dei coppi di gronda. La parte antistante dell'antefissa presenta l'immagine della Gorgone realizzata in bassorilievo. La ben nota figura della mitologia greca è realizzata secondo i canoni dell'arte arcaica, a stampo, con un arco di capelli ondulati che incorniciano in alto il volto contratto in atteggiamento ghignante che riempie le gote. Presenta, come di consueto, la bocca semiaperta con la lingua di fuori spinta verso il basso. La presenza di tale figura terrifica aveva un carattere apotropaico, cioè di difesa dal malocchio e dalle forze negative, e veniva posta generalmente sui frontoni dei templi e sul colmo dei tetti a protezione simbolica degli edifici.
L'antefissa si data alla prima metà del VI secolo a.C. e rappresenta uno degli oggetti più antichi ritrovati finora nelle acque siciliane. La sua presenza nelle acque di Bulala è certamente il frutto di movimenti marini provocati dalle forti mareggiate che hanno trasportato oggetti pertinenti il carico di navi naufragate poco distanti. Nella medesima area fu trovato e recuperato il relitto della nave cucita del medesimo periodo ed è stata segnalata e localizzata la presenza di almeno un altro relitto probabilmente coevo. L'antefissa ed i reperti recuperati sarebbero, pertanto, oggetti pertinenti carichi di navi dispersi che le mareggiate provocate dai forti venti di Ponente spingono verso la spiaggia di Bulala. È per questo che, grazie ad un'ordinanza della Capitaneria di Porto, la zona è parzialmente interdetta all'immersione per proteggere i reperti che certamente ancora i fondali gelosamente custodiscono.
I reperti sono stati depositati presso il Museo Archeologico regionale di Gela dove sono stati già sottoposti ad un primo trattamento conservativo di desalinizzazione.
La Soprintendenza del Mare, vista l'importanza dei luoghi, intende continuare le ricognizioni ed ha già in corso di redazione un progetto per scavare e recuperare il secondo relitto di Gela, che verrà sottoposto a breve al finanziamento. Il recupero del secondo relitto potrà arricchire il creando Museo del Mare dove verrà allocato il relitto della nave cucita già restaurato, diventando un polo museale navale tra i più rilevanti ed attraenti del Mediterraneo, ottimo strumento per il rilancio di Gela città della cultura mediterranea.
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