Nel marzo 2008 sono ripresi gli scavi nel sito archeologico di Claterna, la città romana che si estende lungo la Via Emilia (per 600 metri da est ad ovest e per 300 metri a nord e a sud della stessa strada consolare) e che da 1500 anni dorme intatta sotto i campi della frazione Maggio di Ozzano dell'Emilia, a mezzo metro di profondità dal piano di calpestio.
Anche questa campagna di scavo si svolge sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna. La ripresa degli scavi è sostenuta da un grande progetto di esplorazione, già avviato nel 2007, che prevede quest'anno la sistematica analisi di tutta l'area a nord della via Emilia e di parte di quella a sud. Gli obiettivi del progetto sono quelli di individuare i limiti fisici della città e l'esistenza di possibili aree funerarie ubicate lungo il cardine massimo settentrionale, in uscita dall'area pomeriale (il perimetro sacro che racchiudeva lo spazio propriamente urbano), dove l'anno scorso fu fortuitamente ritrovata una stele in arenaria meravigliosamente integra.Durante il mese di marzo e agli inizi di aprile, abbiamo esplorato tutto il versante verso il torrente Quaderna, lungo i margini est e nord del centro urbano. Vicino al ponte della via Emilia (che sappiamo essere di origine romana) alcuni sondaggi hanno mostrato la presenza di profondi depositi limosi di origine alluvionale post romana; altri saggi, effettuati più a nord, hanno portato all'individuazione di un'importante serie di dati relativi alle barriere che furono create per contenere il primo terrazzamento affacciato sulla fascia golenale del fiume, che in età romana doveva avere una portata maggiore di quella attuale.Contemporaneamente sono stati aperte altre due grandi aree di scavo. La prima interessa una grande porzione di strada collocata in prossimità dell'incrocio tra la via Emilia (il decumano massimo della città) ed il cardine massimo verso nord.È stato riaperto uno scavo già condotto nel 1987, con un ulteriore allargamento verso est. Si è potuto così rimettere in luce un tratto di pavimentazione stradale in blocchi lapidei e ciottoli fluviali (connotata anche dalla presenza di alcune orme carraie), allo scopo di renderla visibile al grande pubblico e di arricchire il percorso di visita.
La seconda area di scavo riprende un saggio già aperto nel 2006 nella zona a sud della via Emilia. Si tratta di una grande domus connotata da pavimentazioni musive che fu in parte esplorata negli anni Cinquanta e Sessanta.Nel 2006, sotto la direzione scientifica dell'archeologa Paola Desantis della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, ne rimettemmo in luce alcuni ambienti ed una grande porzione di mosaico a decoro geometrico, mentre attualmente stiamo lavorando ad un ulteriore allargamento che ci permetta di ritrovare anche gli altri ambienti. I risultati dei primi sondaggi sono incoraggianti, infatti oltre alla scoperta di alcune porzioni di mosaico, abbiamo individuato anche la fase più antica della domus. A quanto pare recava pavimentazioni in opus signinum (cocciopesto arricchito da decori formati da file di singole tessere), come constatato anche a proposito di altre parti dell'antico edificio.Gli scavi proseguiranno fino all'autunno: in programma la continuazione degli scavi stratigrafici sulle grandi aree già aperte nel 2006-2007, il restauro ed il consolidamento della domus ed altri sondaggi esplorativi al fine della creazione di un vero e proprio percorso di visita sui molteplici aspetti archeologici della città antica.
Aggiornamento dell'8 settembre 2008 Lo scavo della domus dei mosaici
Da alcuni mesi sono ricominciati gli scavi archeologici sul sito della città romana di Claterna. Tra i tanti saggi aperti, quello più importante riguarda una ricca residenza di età imperiale (una domus) dotata di pavimentazioni a mosaico e in 'cocciopesto' (impasto di frantumi di laterizi 'annegati' in malta tenace), decorato con singole tessere bianche.La campagna in corso ha già permesso di recuperare alcune delle antiche stanze che componevano la planimetria generale di una residenza che riteniamo dovesse coprire alcune centinaia di metri quadrati, come di consueto nell'edilizia di livello medio-alto durante l'età romana. Gli ambienti esplorati si dispongono ai lati di quello che sembra essere un cortile (o per meglio dire un 'peristilio'), probabilmente porticato, che costituiva verosimilmente uno dei fulcri di tutto il complesso.
Non sappiamo ancora (e forse dovremo attendere prossime campagne di scavo) se la nostra domus rispecchiasse lo schema 'classico' delle residenze romane, con 'atrio' (spazio semiaperto, con vasca ed impluvium, su cui si affacciavano gli ambienti principali) e peristilio (cortile porticato retrostante con ulteriori ambienti perimetrali), oppure se fosse organizzata attorno ad un unico peristilio principale, come poteva accadere spesso in Italia settentrionale. Quel che è certo è che si tratta di uno dei migliori esempi di edilizia privata conservati nell'antico centro romano, come già compresero i primi archeologi che individuarono una parte del complesso (G. A. Mansuelli e M. Bollini) negli anni Cinquanta del secolo scorso.
L'importanza di questo edificio sta in due punti fondamentali: primo la possibilità di attuare uno scavo archeologico che possa recuperare completamente (con l'aggiunta di future campagne) un edificio privato di età romana, tenuto conto del fatto gli archeologi possono contare su pochi esempi del genere, a meno che non si tratti di grandi città abbandonate come Ostia antica o Pompei. Secondo, l'occasione di esplorare tutta la sequenza insediativa, cioè la storia di questa casa, dal momento della sua fondazione fino al suo abbandono, passando attraverso le modifiche attuate nel corso di molti secoli di vita.Dai dati attuali si può comprendere che la nostra domus fu fondata in età repubblicana, forse nel I secolo a.C., quando Claterna ricevette un primo grande sviluppo urbanistico. Pur non escludendo impianti ancora più antichi, si ritiene che due degli ambienti scavati finora (riccamente pavimentati in cocciopesto decorato mediante file di tesserine bianche disposte a motivi geometrici) possano appunto risalire ad una delle prime sistemazioni dell'edificio, che in seguito fu dotato di una serie di ulteriori ambienti, questa volta pavimentati a mosaico (I secolo d.C.). Tra questi ultimi, quello meglio conservato ci appare suddiviso in due settori: ad ovest un 'tappeto' a fondo nero con decorazioni puntiformi in bianco, mentre il settore est è riccamente decorato con un motivo geometrico a quadrati e rombi, pure in bianco e nero.
Attualmente stiamo procedendo al restauro di tutte le pavimentazioni: un lavoro molto lungo e difficile che consiste in un'approfondita pulizia con piccoli strumenti (tra cui anche il bisturi) ed in un successivo consolidamento con malte e prodotti speciali. Solo così sarà possibile attuare il progetto di conservazione e di musealizzazione della domus, che prevede l'installazione di una struttura di copertura che possa consentire l'accesso del pubblico con visite guidate.
Lo scavo nel frattempo prosegue: le tracce più consistenti della frequentazione della casa durante le varie epoche, con ceramiche e altri interessanti reperti, si collocano in alcuni spazi aperti: nel peristilio, dove stanno venendo alla luce i resti degli intonaci dipinti crollati dalle pareti degli attigui ambienti chiusi, e in un piccolo cortile secondario. Qui vi sono numerosi frammenti di vasellame, alcuni dei quali interpretabili come 'bruciaprofumi', spesso usati nel culto domestico. Si deve a questo proposito ricordare che i primi scavi effettuati nell'area restituirono anche una piccola statuetta in bronzo di Minerva, recentemente esposta in un' importante mostra sulla religiosità domestica nel mondo romano.
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