Nell'agosto del 2010, l'erpetologa Karla Garcìa scoprì sulla Ande peruviane una nuova specie di lucertola semi-acquatica dai colori brillanti, un rettile che da quel momento ha iniziato a far discutere per via delle sue caratteristiche relativamente insolite rispetto ad altri animali a sangue freddo.
Garcìa, in team con l'erpetologo Germán Chávez, avvistò un singolo esemplare di Potamites montanicola nei pressi di un torrente alpino circondato da boscaglia. L'aspetto e la colorazione di questa lucertola fecero subito pensare ad una specie non ancora classificata, e si iniziò immediatamente la ricerca di altri esemplari.
Circa tre mesi dopo, nel novembre 2010, Chavez e Garcìa riuscirono ad avvistare nuovamente le lucertole P. montanicola nei pressi di un altro corso d'acqua andino, a circa 60 km di distanza dal primo avvistamento e a quote comprese tra i 1.500 e i 2.100 metri.
Perchè prendersi così tanto disturbo per ciò che sembra essere soltanto una banalissima lucertola? Perchè la P. montanicola è un rettile che sembra sfidare alcune delle nozioni sulla sua classe di vertebrati ormai date per scontate da decadi.
La lucertola Potamites montanicola, infatti, è come tutti gli altri rettili un animale a sangue freddo. Nonostante questo, riesce a sopravvivere senza alcun problema nell'ambiente alpino in cui vive, ambiente che raggiunge temperature inferiori a 10°C durante la notte.
Non solo: questa lucertola sembra essere attiva soprattutto durante la notte, per motivi non ancora chiari. "Durante il giorno non ne abbiamo avvistata nessuna, ma di notte abbiamo trovato diversi esemplari, maschi e femmine, che correvano e nuotavano nel corso d'acqua" spiega Chávez. "E' stato un momento importante per tutti noi".Non è ancora chiaro se questi rettili siano effettivamente attivi durante la notte, o se sia stato il passaggio degli erpetologi a metterli in fuga dai loro nascondigli notturni. Ma il vero mistero della P. montanicola è il suo meccanismo di termoregolazione.
"Il sistema di termoregolazione di questa lucertola è la questione più importante per noi", ed è facile intuirne le ragioni. Gli animali a sangue freddo, infatti, riescono generalmente ad equilibrare la loro temperatura corporea sfruttando le fonti di calore ambientali; è ormai cosa nota che molti rettili e anfibi trascorrano buona parte delle ore più calde a "fare il pieno" di sole, per evitare un pericoloso abbassamento della loro temperatura interna.
Non è la prima volta che si scopre un animale a sangue freddo capace di sopravvivere ad un clima relativamente rigido: le api, ad esempio, formano un vero e proprio mucchio in grado di trattenere il calore nel caso la temperatura dovesse calare oltre il livello di guardia, o agitano le loro ali per ottenere calore dalla contrazione dei muscoli.
Per un animale a sangue freddo, il calore è un elemento di importanza primaria per la sopravvivenza: più calore equivale ad un metabolismo dalle prestazioni ottimali, e non vengono sprecate energie per la termoregolazione.
Man mano che la temperatura ambientale scende, il metabolismo di un animale a sangue freddo rallenta, ma questa nozione generica non si applica a tutti gli ectotermi. Il geco Cyrtodactylus tibetanus, ad esempio, sopravvive tranquillamente ad una temperatura notturna di circa 4°C, pur mantenendo il suo calore interno di almeno 6°C superiore a quello ambientale; la tartaruga marina Dermochelys coriacea, invece, riesce addirittura a mantenere una temperatura interna di ben 18°C sopra a quella dell'acqua.
Sia nel caso di questi animali che in quello della P. montanicola interviene un meccanismo di termoregolazione ancora parzialmente sconosciuto alla scienza. "I rettili sono formidabili. E riesco ad immaginare altri 'luoghi perduti' sulle Ande in cui ci sono probabilmente altre nuove specie".
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