Caduti alcuni frammenti di intonaco da un muro
per fortuna non affrescato. Danni non gravi.Il tempio di Giove a Pompei perde pezzi. Continua l'emergenza archeologica iniziata con il crollo della Casa dei gladiatori.
Alcuni frammenti di intonaco provenienti da un muro non affrescato di colore grigio-bianco, sono caduti nell'antico luogo di culto pagano, un gioiello dell'archeologia. I pezzi sono stati già recuperati. Secondo quanto è stato reso noto, si tratterebbe di un danno non rilevante.
L'ALLARME DEI CUSTODI - Il distacco - ha reso noto la Soprintendenza di Pompei - riguarda un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro, ed è avvenuto "dal paramento esterno della parete orientale della cella del Tempio di Giove", che si trova nel Foro. Ad accorgersi della caduta dell'intonaco sono stati, ad ora di pranzo, alcuni custodi, che hanno avvertito il direttore del sito archeologico Antonio Varone. I restauratori della Soprintendenza sono intervenuti per raccogliere i frammenti, che "saranno presto assemblati e ricollocati in sito", afferma la Soprintendenza archeologica.
COLONNE CORINZIE E PRONAO - Il tempio, situato nella parte settentrionaledel Foro, risale al 250 a. C. Nel 79 d. C., quando ci fu l'eruzione che distrusse la città, il tempio era in fase di ristrutturazione resasi necessaria dopo il terremoto del 62 d.C.
Il sacrario è posto su un alto podio, decorato da sei colonne di ordine corinzio. Della struttura originaria, hanno resistito al tempo e alle sue incurie il pronao, il corridoio che separa le scalinate dall'entrata al Tempio, di cui restano quattro colonne laterali che occupa circa un terzo della superficie del tempio. Insieme ad esso anche la cella rettangolare con un colonnato interno e tre nicchie sulla parete di fondo destinate a ospitare le statue di culto, secondo l'originaria disposizione quando fu trasformato in Capitolium. Dopo l'80 a.C. vi si venerarono anche Giunone e Minerva, oltre a Giove. Delle statue un tempo custodite resta solo una grande testa di Giove (sul tipo del Giove di Otricoli) ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
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