Compreso fra il Golfo di Gabes a Nord, gli altipiani di Zerzura, Ghilf Kebir e Gebel Uweinat a ovest, e la Valle del Nilo a est, il Deserto Occidentale egiziano, o Deserto Libico, è un´altopiano degradante verso il Nilo.
Oggi è un deserto iperarido, una gabbia rovente di sabbie e rocce, con qualche oasi dove l´acqua di falda affiora in superficie e si concentrano la vegetazione e le popolazioni umane; gatti e volpi delle sabbie, istrici, iene, lucertole, orici, serpenti, scorpioni e topi sono i soli animali che sono riusciti ad adattarsi alle condizioni di vita estreme di questo ambiente.
Non è stato sempre così. Prima di 5.300 anni fa tutto il Sahara, incluso il Deserto Occidentale egiziano, era un habitat vivibile, forse addirittura ameno.
Ove si consideri la storia climatica del Sahara nel Pleistocene e nell´Olocene, emergerà infatti che questa è stata caratterizzata da un´alternanza di episodi di clima umido e di clima iperarido.
Ad ogni cambiamento dell'assetto climatico è corrisposto un mutamento del paesaggio, con riflessi sul popolamento umano e su quello animale.
Le ultime oscillazioni del pendolo climatico si sono prodotte circa 12.000 e 5.300 anni fa rispettivamente.
Prima di 5.300 anni fa il Sahara era molto diverso da oggi: c´erano pianure ricoperte di boschi, alte erbe e fiori multicolori, corsi e specchi d´acqua, anche di grandi dimensioni; ed una grande quantità e varietà di animali, compresi anche specie di erbivori e fiere che oggi si possono incontrare solo molto più a sud, come per esempio in Kenya e in Sud Africa.
Gli uomini e le donne che popolavano il Sahara fra 12.000 e 5.300 anni fa vivevano in piccoli gruppi, sparsi in uno spazio immenso. Ne abbiamo notizia attraverso numerose testimonianze archeologiche, tra le quali si segnalano i complessi figurativi e artistici del Tassili-n-Ajjer (Algeria) e del Tadrart Akakus (Libia), vere e proprie gallerie d´arte rupestre, che ritraggono animali della savana e scene di vita di comunità sedentarie e agricole.
Alcuni gruppi umani, meno mobili degli altri, vivevano in villaggi semi-permanenti sul bordo di bacini lacustri, e riconoscevano ai loro capi uno status speciale sia in vita sia dopo la morte. Coltivavano il sorgo, il miglio, il grano, l´orzo; raccoglievano piante e frutti commestibili selvatici, cacciavano gazzelle, uccelli, lepri. Allevavano caprini, ovini e una razza bovina dalle grandi corna lunate: non tanto per la carne, quanto per le materie prime e i sottoprodotti che potevano ricavarne: lana, cuoio, latte, sangue. Abitavano in case costruite, attrezzate con pozzetti da provvista, focolari di pietra e pozzi per l´acqua. Fabbricavano ceramiche globulari decorate a impressione e strumenti d´osso e di pietra scheggiata. Usavano macine di pietra per ridurre in farina i chicchi dei cereali, e grandi conchiglie per contenere liquidi. Infilavano perline per ricavare collane e braccialetti, decoravano dischetti di uova di struzzo. Osservavano il moto degli astri e sapevano calcolare esattamente la data e l´ora del solstizio d´estate. Utilizzavano massi prelevati a chilometri di distanza per la costruzione di calendari di pietra e di altre architetture megalitiche; li sagomavano, li incidevano. La loro religione si basava sul culto del toro. Compivano riti sacrificali e seppellivano carcasse di toro in tombe a pozzo circolari, intonacate con l´argilla e sigillate da una copertura lignea, poi da uno strato di argilla, quindi da una pesante lastra, infine da un cumulo di massi.
Conosciamo questo ambiente culturale attraverso le tracce di vita umana trovate in varie località a sud dell´oasi di Kharga, vicino al confine sudanese. Uno dei luoghi di rinvenimento è il sito E-75-6 a Nabta Playa; si trova circa 100 km a ovest dei templi di Abu Simbel, sul bordo di un bacino lacustre disseccato. L'archeologo Fred Wendorf, della Southern Metodist University a Taos, New Mexico (USA), vi ha trovato un giacimento stratificato, che documenta l´intera sequenza culturale del Neolitico nel Sahara Orientale, attraverso le fasi di vita di un insediamento semi-permanente. Secondo Wendorf, circa 5.500 anni fa il sito E-75-6 di Nabta Playa era un centro cerimoniale d´importanza regionale, in cui gruppi sociali nomadi e semi-nomadi si riunivano ogni anno, in occasione del solstizio d´estate. I partecipanti a questi raduni avevano così un´occasione per riaffermare la loro solidarietà politica e sociale, celebrare riti religiosi e matrimoni, fare piccoli commerci.
Da tempo si discute se il Popolo di Nabta Playa abbia giocato un ruolo nel processo di formazione della Civiltà Egizia.
Contro il parere di uno dei più noti archeologi britannici contemporanei, David Rohl, secondo cui il nesso fra nomadismo sahariano e sviluppo dello Stato Faraonico sarebbe da ricercare in un contesto durevole di relazioni, e non in un singolo evento, Wendorf e altri studiosi sostengono che bisogna focalizzare l´attenzione sulle possibili conseguenze di una presunta emigrazione nella Valle del Nilo del Popolo di Nabta Playa.
Intorno a 5.300 anni fa il monsone dell´Africa centrale si spostò verso Nord Ovest. Questo segnò l´inizio dell´inaridimento e della desertificazione del Sahara, un fenomeno che, nello spazio di qualche secolo, renderà sterile e inospitale questo territorio a causa non solo dell´estrema scarsità di piogge e del conseguente ridimensionamento di grandi fiumi e laghi, ma anche dell´escursione termica, dell´evaporazione, dell´erosione eolica.
Recenti studi hanno confermato che, negli ultimi secoli del IV millennio una nuova oscillazione climatica trasformò la savana occidentale in un deserto iperarido, quasi completamente sterile e glabro.
In particolare, un´indagine geologica e mineralogica condotta in vari siti archeologici nell´Alto Egitto (Nekhen/Hierakonpolis, Armant, Deir el-Bahari, el-Tarif), nel Fayyum (Qasr el-Sagha) e nel Delta del Nilo (Tell el-Farkha) ha dimostrato che, fra 5.200 e 4.900 anni fa, il clima fu molto caldo e arido, e che le acque del Nilo erano a un livello molto basso, perciò non vi erano esondazioni oppure capitavano raramente ed erano di poco conto.
Queste osservazioni trovano conferma nella localizzazione nella parte bassa della pianura alluvionale del Nilo di numerosi resti di architetture in mattoni crudi. Se vi fossero state inondazioni oppure se il livello delle acque del Nilo fosse stato più alto, queste architetture si sarebbero dissolte.
I sedimenti confermano che al tempo della costruzione di questi edifici le condizioni climatiche erano iperaride.
Costretto ad abbandonare le sue sedi dall´inasprimento delle condizioni climatiche, il Popolo di Nabta Playa si mise in viaggio verso i bordi dell´immenso altopiano.
È incerto se si sia diretto verso il Sudan o verso l´Egitto meridionale. Wendorf e altri studiosi sono del parere che si sia messo in cammino verso est e si sia infine stabilito sulle rive del Nilo a nord della Prima Cataratta, dove vivevano già altre popolazioni. Lì avrebbe introdotto l´uso delle costruzioni in pietra orientate con i pianeti e le stelle, e l´allevamento del bestiame bovino, con possibili implicazioni nella sfera della spiritualità del rituale.
Queste innovazioni, conclude Wendorf, potrebbero avere stimolato lo sviluppo dell´economia di sussistenza, della tecnologia e della complessità sociale, e potrebbero infine aver impresso all´evoluzione della Civiltà Egizia quel cambio di marcia che emerge al passaggio dalla II alla III dinastia (circa 2700 a.C.) ed è specialmente documentato dalla Piramide a Gradoni, fulcro del monumento funerario del faraone Djoser a Saqqara.
Natale Barca vive a Trieste. E' autore di "Sovrani predinastici egizi", Ananke, Torino, 2006, un saggio scientifico e divulgativo sulla Preistoria dell'Egitto, con particolare riferimento al Periodo Predinastico (IV millennio a.C.). In "La Notte dei Tempi - Prima dell'Uomo, l'Uomo primitivo" ha esaminato le origini dell'Uomo e la sua evoluzione biologica e culturale durante la Preistoria.
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