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30 Agosto 2004 ARCHEOLOGIA
Jerry Adler ed Anne Underwood msnbc
ALLA RICERCA DEL SACRO
tempo di lettura previsto 13 min. circa

I 550 residenti di Kibbutz Tzuba, a poche miglia dalla strada che da Gerusalemme conduce verso Tel Aviv, vorrebbero semplicemente essere lasciati in pace, nel loro piccolo territorio. Ma sembra si dovranno rassegnare alle continue visite di giornalisti, turisti, archeologi, ricercatori o semplici curiosi. Nella zona sono infatti state individuate le mura di un insediamento risalente alle origini della civiltà, con cisterne e grotte usate dai pellegrini ai tempi di Gesù. Si tratta di pellegrini piuttosto simili a Giovanni il Battista, che, secondo una tradizione scritta, databile al IV secolo, nacque a sole due miglia di distanza.

Questo dettaglio aveva poca importanza, almeno fino alla scorsa settimana, quando sono risuonate per gli organi di informazione le parole di uno dei più ambiziosi archeologi di Israele, Shimon Gibson, che ha trascorso tre anni a scavare una grotta presso Kibbutz Tzuba. L´elettrizzante idea di Gibson è che la pozza artificiale che si trova all´interno della grotta fosse quella in cui Giovanni – e probabilmente lo stesso Gesù – potrebbero avere svolto l´immersione rituale nota come battesimo. Se queste teorie dovessero rivelarsi fondate – e già si leva un coro di scettici, i quali sostengono tra l´altro che mai potrà essere dimostrato – la grotta di Tzuba diverrebbe per i Cristiani il luogo più sacro sulla terra.

La storia sepolta della Terra Santa è oggetto di un contenzioso annoso quanto le sue guerre. In questa parte del mondo, i cocci, le ceramiche, e i brandelli di pergamena sono armi. Il padre di tutti gli archeologi israeliani, Yigael Yadin, che morì nel 1984, tentò di dimostrare la teoria dei giudei, secondo cui la terra di Israele si daterebbe indietro di 3, 200 anni, alla Conquista di Giosuè. L´ala estrema della cosiddetta scuola minimalista – che sostiene che il racconto biblico di una presenza giudea in Terra Santa non avesse basi nei fatti – è sospettata in Israele di Sionismo. Entrambe le parti, comunque, hanno avuto da obbiettare contro l´atteggiamento degli ufficiali Palestinesi, che in quattro anni hanno ridotto il numero di scavi accademici su larga scala in Israele da 45 ad approssimativamente 4. William Denver, professore emerito all´Università di Arizona a Tucson – un´autorità in materia di archeologia del Vicino Oriente - ha definito la situazione "critica". Gli ebrei e gli Arabi diffidano entrambe dai potenti gruppi di cristiani americani che sostengono le ricerche, decisi a trovare le prove storiche dei Vangeli, per i quali virtualmente non sopravvivono evidenze fisiche

La ricerca di reperti correlati a Gesù Cristo copre l´intera storia della chiesa, dal IV secolo, quando si dice che Sant´Elena recuperò un pezzo della Vera Croce, a due anni fa, quando un collezionista israeliano produsse un ossario di pietra con un´incisione che suggeriva che avesse custodito un tempo i resti del fratello di Gesù, Giacomo. Ogni epoca vede in queste reliquie un riflesso di quello che considera il maggior valore: il tocco della Croce era considerato in grado di riportare in vita i morti; il proprietario del cosiddetto Ossario di Giacomo lo aveva valutato per 2 milioni di dollari. I poteri magici non sono nemmeno stati posti al vaglio, ad ogni modo, poiché entrambe sono state dichiarate dei falsi.

Solo due anni or sono il frammento della Croce che, secondo la leggenda, fu recuperato da Elena – si diceva fosse una parte del Titulus, il piccolo cartello sulla sommità, con la famosa iscrizione "Gesù Nazareno, Re dei Giudei – è stato datato dagli scienziati tra il X ed il XII secolo. Come per l´iscrizione dell´ossario (una cassa di calcare nella quale gli ebrei del I secolo usavano riporre le ossa dei loro morti) "il parere pressoché unanime della comunità scientifica è che si tratti di un falso" secondo Eric Meyers, esperto di studi giudaici alla Duke University. La polizia israeliana ha confiscato la cassa al suo proprietario, che diceva di averla acquistata per 200 dollari.

Una minoranza condivide invece la visione di Hershel Shanks, editore della Biblical Archaeology Review, e coautore di un libro sull´ossario: l´iscrizione potrebbe essere genuina.

In ogni caso, gli studiosi seri raramente si occupano di reperti o reliquie, emersi da chiese o negozi di commercianti d´arte, e rimossi dal loro vitale contesto archeologico, che li colloca in un luogo ed un tempo precisati. "Perfino se l´Ossario [di Giacomo] fosse genuino, non offre nuove informazioni" ha dichiarato Andrew Overman, direttore di classici al Macalester College. Né gli archeologi generalmente passano il loro tempo a provare o a confutare una singola riga della scrittura, malgrado vi siano gruppi fondamentalisti che tentano di trascinarli in una simile missione. Dice al riguardo James Strange dell´Università del Sud della Florida, Tampa, che dirige uno dei gruppi di scavo presso la città di Sepphoris del I secolo, capitale della bassa Galilea: "loro dicono, "mi aiuteresti a trovare il gigante di Genesi 6"? Un archeologo serio non può sprecare la sua credibilità in questo modo."

Il valore dell´archeologia non consiste nel convalidare le scritture, ma nell´offrire un contesto intellettuale, e l´occasionale flash di illuminazione di dettagli cruciali.

Un ossario che contiene i soli resti conosciuti di una vittima della crocifissione suggerisce che gli artisti possono aver sbagliato nei loro ritratti del Cristo sulla croce; i piedi di questa vittima non erano inchiodati l´uno sull´altro, ma posizionati su entrambe i lati della croce e fissati con uno piolo orizzontale.

Studiosi come John Dominic Crossan, professore emerito di studi religiosi alla DePaul University ed ex co-direttore del Jesus Seminar, può leggere volumi in un semplice indicatore stradale nella città biblica di Efeso. "Vi è un portale di accesso al mercato in cui dovrebbe essere passato Paolo" riferisce Crossan. "Sulla sommità del portale, si legge che Cesare era il figlio di Dio. Quando Paolo applica questo nome a Gesù, non è solo un titolo di amicizia. E´ il titolo dei Cesari. A rischio di alto tradimento".

Perfino più evocativa è per Crossan una barca da pesca scoperta nel 1986 nel Mare di Galilea: un´imbarcazione solida con due remi su ogni lato, molto probabilmente lo stesso tipo di barca sulla quale salì Gesù. Crossan è molto colpito dal fatto che il proprietario della barca dovette attraversare delle difficoltà economiche, la aggiustò più e più volte, ed infine rimosse i chiodi prima di spingerla in fondo al mare. Per Crossan – nonostante altri studiosi siano critici sul punto – ciò suggerisce che un periodo di crisi economica si fosse abbattuto sui pescatori della Galilea.

A conferma di questo scenario, cita il racconto biblico dei pescatori che lasciarono le loro reti e seguirono Gesù. "Lasciarono ogni cosa solo per amore di Gesù? Beh, può anche essere. Ma forse vi furono anche ragioni umane. La vita si stava facendo difficile attorno al lago".

Forse il sito più rivelatore dei contenuti biblici, scavato negli anni recenti, è stato Sepphoris, cinque miglia da Nazareth, oggetto di scavo dal 1985. Malgrado non sia menzionato nella Bibbia per nome, Strange ritiene si tratti della "città sulla collina" che Gesù aveva in mente in Matteo 5:14: "voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio..."

Fu razziata dai Romani ai tempi della nascita di Gesù, e ricostruita in seguito, e non è irragionevole pensare che lo stesso Gesù possa avervi lavorato. Ma più importante della possibilità di trovare la cintura di attrezzi di Gesù, è ciò che ci dice circa il suo milieu. "Gesù ha molto da dire sui ricchi, e per lo più, non ne parla bene" dice Strange. "Questo è il luogo in cui potrebbe avere incontrato il giovane ricco, non a Nazareth." Gli archeologi hanno scavato tre ville con cortili interni, pareti riccamente affrescate e beni di lusso simili a quelli trovati altrove nell´Impero Romano – ma inconfondibilmente case di Ebrei, con bagni rituali e abitanti che obbedivano ai comandi ebraici sull´alimentazione. (Almeno fino al IV secolo, quando la cristianità divenne religione ufficiale e le ossa di maiale fecero una rapida comparsa tra i rifiuti). "Ciò ci offre un modo completamente nuovo di pensare al contesto sociale del tempo della vita di Gesù" ha dichiarato Michael White, professore di studi religiosi all´Università del Texas, ad Austin. "Non era solo un povero paesano di un villaggio remoto; viveva presso un centro urbano multilingue, fortemente influenzato dalla cultura romana."

Per alcuni fedeli, non vi è dubbio, questo tipo di informazioni aiuta a rendere la Bibbia più reale; altri, forse, non accettano che l´andamento della pesca in Galilea possa avere contribuito alla diffusione del Vangelo. Ma i credenti cristiani non hanno motivo di scontro con l´archeologia, in quanto sostengono che riuscirà a dimostrare le scritture.

Ma l´argomento è più complicato per gli ebrei.

Gli ebrei ortodossi considerano un peccato disturbare i propri morti, ma Dever, lo studioso americano, sospetta che l´argomento nasconda un motivo ben più serio: "Non vogliono indagini scientifiche" accusa, "perché hanno paura che si possa dimostrare che le loro storie patriarcali non siano storiche affatto".

Ed, infatti, lo stato degli studi non sembra trovare molte corrispondenze con la lettera dell´Antico Testamento. Non vi sono, essenzialmente, prove dell´esistenza di Abramo ed altri patriarchi, e - malgrado più di un secolo di studi intensivi sull´Egitto Faraonico – solo pochi elementi sembrano supportare la storicità dell´Esodo, l´evento centrale nella teologia ebrea. Vi sono racconti di incursioni egiziane in Palestina, che portarono indietro prigionieri ebrei, presumibilmente posti sotto schiavitù, ed un dispaccio di una guardia di confine, all´inizio del XII secolo a.C., riporta che due persone fuggirono dall´Egitto attraverso il Sinai. Ma, sulla base di quanto è emerso sino ad ora, "non vi fu un Esodo, almeno non nelle proporzioni di migliaia di persone che fecero una fuga miracolosa attraverso il deserto" ha dichiarato Dever.

"E non vi fu conquista" della terra di Canaan da parte di Giosuè. "Vi sono diversi capitoli su Giosuè a Gerico" spiega Carol Meyers, professore di studi biblici alla Duke, "ma Gerico non era nemmeno abitata a quel tempo." Alcune cose lo confermano: un manufatto egizio, la stele di Merneptah, si riferisce ad una vittoria dell´Esercito del Faraone sugli Israeliti nel 1200 a.C. circa. Questa data cade nel periodo in cui i minimalisti negano perfino che gli ebrei vivessero in Terra Santa.

Questa particolare questione è così carica di risvolti politici, secondo Claire Pfann, uno studioso del Nuovo Testamento di Gerusalemme, che i minimalisti hanno accusato i loro oppositori di falsificare le evidenze per rinforzare l´argomento sionista.

Così il territorio sul quale Gibson si è imbarcato, è piuttosto infido, politicamente e geologicamente, ma egli ha deciso comunque di buttarcisi a capofitto. Gibson, 45 anni, è nato in Inghilterra, ma sua madre trasferì la famiglia in Israele quando aveva 9 anni, e studiò archeologia al prestigioso Istituto di Archeologia di Londra. I suoi sostenitori lo considerano un esempio di archeologo d´assalto, anche se la sua decisione di pubblicizzare la scoperta della grotta in un libro per le masse prima che su una rivista scientifica, ha fatto inarcare qualche sopracciglio. "Non voglio rovinare i festeggiamenti" ha dichiarato Ronnie Reich, un rispettato archeologo dell´Autorità per le Antichità Egiziane, "ma sono scettico".

Gibson si è calato all´interno della grotta per la prima volta nel 1999, guidato da un kibbutznik che l´aveva scoperta anni prima. Su una parete aveva visto il disegno inciso di una rozza figura che teneva un bastone, con un braccio levato in segno di benedizione; e volle riconoscerlo immediatamente come un´icona di Giovanni il Battista. Ciò aveva per lui un significato doppio: che la grotta meritava di essere scavata, e che con i giusti collegamenti, si sarebbero potuti trovare i fondi necessari a scavarla. Contattò un appassionato di archeologia texano, Joseph Peeples, che riuscì a raccogliere fondi da donatori, tra cui John C. Whitehead, un ricco banchiere di New York ed ex vice-segretario di Stato sotto la presidenza Reagan. Whitehead, in viaggio verso Israele, visitò la grotta con Gibson, e, dopo un´occhiata ai disegni, decise di finanziare le ricerche insieme con il suo amico Roger C. Altman. Quello che nessuno di questi uomini apparentemente comprese – e quello che Gibson stesso nega di sapere – è che Peebles, che morì nel 2002, passò del tempo in prigione per scontare due distinte condanne per frode federale. Ma non esistono prove che i suoi rapporti con Gibson avessero propositi sinistri.

Un altro contributo di Peebles fu di mettere Gibson in contatto con James Tabor, professore delle Origini della Cristianità all´Università del Nord Carolina a Charlotte, che accettò di aiutarlo nello scavo – un ruolo che includeva fornire gli studenti incaricati delle operazioni di serratura. Nel marzo del 2000, due studenti, Lee Hutchinson e Jeff Poplin, raggiunsero il livello più basso di un piano sul lato destro della grotta. Per giorni, il gruppo aveva dissotterrato pezzi di spessa ceramica grigia, dal IV e V secolo. Gibson aveva già concluso che i monaci bizantini, gli stessi che avevano inciso le icone sulla parete, avevano probabilmente stabilito un tempio in onore di Giovanni nella grotta. Ai loro piedi, gli studenti videro qualcosa di nuovo, un coccio di ceramica rosso chiaro. Lo portarono a Tabor, e quando fu mostrato a Gibson, questi pronunciò con uno sguardo le parole "Romano I secolo".

E ciò mise le cose sotto tutt´altra luce. Nello scavare ancora più a fondo, Gibson trovò migliaia di questi cocci, e ciò gli suggerì che i cocci fossero lì in quanto sparsi intenzionalmente, come in un rituale. Scoprì una pietra con una dentellatura nella forma di piede umano, collegata da un canale ad un piccolo bacino e gli sembro come una sorte di fonte per intingere il piede nell´olio. Armato di simili indizi archeologici, fece quel che alcuni dei suoi colleghi definiscono "l´audace salto" alla conclusione che lo stesso Giovanni avesse usato la grotta per battezzare i suoi seguaci.

"In archeologia", ammette Gibson, "niente è certo, nemmeno le evidenze scritte." Ma, egli sostiene, la prova che la grotta fu usata da Giovanni "è quanto di più forte si possa ottenere in termini archeologici. Naturalmente sarebbe bello trovare una scritta che dice: "io, Giovanni il Battista, sono stato qui ed i miei discepoli useranno questa grotta come sito rituale". Ma è un´evenienza piuttosto remota..."

Pochi dei suoi colleghi, perfino gli stessi che hanno visto la grotta, hanno deciso di seguirlo. "Forse Gibson ed il kibbutz intendono attirare i turisti" ha dichiarato David Amit, un archeologo anziano dell´autorità per le antichità che si descrive come amico di Gibson. "E´ pura finzione. Non è archeologia".

Perfino Tabor, che concorda con Gibson che la grotta fosse indubitabilmente utilizzata per propositi rituali nel I secolo, concede che "non vi è modo di provare che Giovanni vi sia mai stato". Tra le altre obiezioni alla teoria di Gibson, non vi è niente nelle scritture che suggerisca che Giovanni battezzasse i suoi fedeli in altri luoghi, oltre al Fiume Giordano. E vi è poco più che una congettura per uno scenario ritratto nel libro di Gibson, secondo cui Giovanni "potrebbe bene avrebbe inviato intenzionalmente Gesù a visitare il luogo dei suoi primi battesimi... e questo era il posto."

In ogni caso, a meno che qualcuno non arrivi con una prova decisiva per confutare Gibson, la grotta attirerà turisti per un lungo periodo.

Duemila anni or sono, Gesù, Giovanni ed i discepoli cambiarono per sempre il destino del genere umano, e quindi scomparvero nella storia. E´ più che comprensibile il desiderio umano di farli rivivere al giorno presente, in un modo o nell´altro.