

Uno studio recente esamina il tentativo dell’imperatore romano Claudio, che regnò dal 41 al 54 d.C., di promuovere l’aruspicia , l’antica arte della divinazione che consisteva nell’esaminare le viscere degli animali per predire il futuro. Sebbene possa sembrare una misura stravagante, dietro di essa si celava una strategia politica per consolidare il suo potere e ridefinire l’impero.
La pratica dell’aruspicina era originaria dell’Etruria ed era stata introdotta a Roma durante le guerre puniche contro Cartagine. Per fare le loro previsioni, gli aruspici interpretavano i segni che vedevano negli organi degli animali sacrificati, come il fegato, decifrando così la presunta volontà degli dei. Sebbene i Romani la utilizzassero spesso in situazioni di crisi, non la integrarono mai completamente nella loro religione ufficiale, considerandola un'”arte straniera”.
Claudio, spesso ricordato nelle fonti classiche come un sovrano eccentrico, sviluppò un regno caratterizzato da numerose riforme, tra cui la proposta fatta al Senato nel 47 d.C. di creare un collegio ufficiale di aruspici , elevandone così lo status sociale. Secondo lo storico Tacito, Claudio difese questa misura sostenendo che si trattava dell’arte più antica d’Italia e che doveva essere preservata dalle superstizioni straniere .
Perché lo ha fatto? Lo studio spiega che oltre al suo interesse personale per tutto ciò che era etrusco (è noto per aver scritto una storia e un dizionario etruschi ed è considerato l’ultima persona in grado di comprendere la lingua), c’erano anche ragioni politiche: cercò di integrare le élite etrusche , attribuendo loro un ruolo religioso di primo piano. Definendo l’arte di Aruspicino “italiana” anziché “etrusca”, tentò di abbattere le barriere culturali per unificare l’impero.
Ma era anche una misura di controllo attraverso la religione . In un’epoca in cui diverse credenze, come i culti orientali, cominciavano ad arrivare a Roma, Claudio volle rafforzare le tradizioni locali sotto la sua supervisione, evitando così qualsiasi influenza che potesse mettere in discussione la sua autorità. L’obiettivo era consolidare la sua immagine di leader sostenuto dagli dei.
Il discorso di Claudio sull’Aruspicino presenta molte somiglianze con un altro da lui pronunciato l’anno precedente, nel 48 d.C., in cui proponeva di concedere ai Galli la cittadinanza romana , compreso l’accesso alle magistrature e al Senato stesso.
In entrambi i casi, l’imperatore citò precedenti storici e ricordò come Roma avesse sempre accolto con favore i talenti stranieri, sottolineando in particolare il servizio reso all’impero dagli Etruschi e dai Galli. In definitiva, il suo intento era quello di ampliare la base del potere oltre la tradizionale aristocrazia romana.
Il tuo piano ha funzionato? Non proprio. Il Senato non approvò la creazione del collegio degli aruspici e si limitò a “studiare” come preservare l’antica pratica. Anche Claudio non si preoccupò più della questione e per il resto del suo regno non ricorse quasi mai a questi indovini, ma avrebbe creato un precedente per future integrazioni, come quella dei Galli.
Lo studio rivela che Claudio, lungi dall’essere un nostalgico storpio come alcune fonti hanno voluto far credere, era un vero e proprio stratega politico che ha cercato di plasmare il futuro secondo i propri interessi.
di Guillermo Carvajal
FONTI
Ko, Hanseok , La promozione dell’aruspicina da parte dell’imperatore Claudio nel 47 d.C. e il suo significato storico . 인문논총 82권 1호(2025.2.28.), doi.org/10.17326/jhsnu.82.1.202502.159