
La catapulta più complessa (καταπέλτης) inventata nell’antichità era un’arma a ripetizione progettata, secondo Soedel e Foley, da Dionisio di Alessandria (Διονύσιος ο Αλεξανδρεύς), che lavorava nell’arsenale di Rodi. Come mostra questo disegno dettagliato, le frecce erano alimentate per gravità da un caricatore nella guida delle frecce tramite un tamburo rotante scanalato per accettare un’asta alla volta. La rotazione del tamburo era controllata da una scanalatura a camma curva sulla sua superficie, che ingaggiava un dito metallico montato sul cursore. Il movimento del cursore era a sua volta prodotto da due catene a maglie piatte su ciascun lato della macchina. Secondo il testo superstite che descrive la catapulta a ripetizione, le catene scorrevano su prismi pentagonali a ciascuna estremità del loro circuito. Secondo l’autore, questi prismi funzionavano come ingranaggi invertiti; in altre parole, il sistema di azionamento a catena per la sequenza di caricamento e sparo si basava sull’ingaggio tra i perni sulle maglie della catena e un ingranaggio pentagonale predisposto per accogliere i perni. Il prisma posteriore era azionato da un argano, e l’artiglio della corda dell’arco veniva bloccato e sbloccato nei momenti appropriati da perni montati nel corpo dell’arma, oltre i quali si muoveva il cursore. Pertanto, azionando l’argano in modo alternato, il dispositivo poteva sparare frecce automaticamente fino all’esaurimento del caricatore.