
La piramide di Djoser è molto curiosa poiché, a differenza della forma usuale che siamo abituati ad attribuire alle piramidi, ha una struttura a gradoni.
Quello che la maggior parte delle persone che si reca ad ammirare la piramide a gradoni di Djoser non sa, è che sotto di essa si dipana un reticolo di gallerie che avanza nel sottosuolo per circa sei chilometri. Questi tunnel si dipartono da una camera centrale che si trova a 28 metri di profondità e misura 7 metri di diametro. Gli egittologi dicono che le camere e le stanze che costituiscono gli ambienti sotterranei erano tutti funzionali alla sepoltura del faraone. Si tratta però di un unicum che solleva molti dubbi.
Ciò che è veramente strano, è quello che trovarono nel 1920, quando esplorarono i pozzi più profondi a 50 metri sottoterra e scoprirono ciò che era stato immagazzinato nelle profondità.
Ora, starai senza dubbio immaginando uno splendido tesoro d’oro, il tesoro di generazioni di re egiziani, forse una specie di spada di meteorite o un’inspiegabile mummia ingioiellata.
Beh, odio deludervi, ma quello che trovarono furono solamente dei vasi di pietra. Ben 40.000 vasi di pietra di ogni forma e disegno immaginabile, che sono furono ritrovati dopo essere stati immagazzinati migliaia di anni fa, conservati perfettamente sottoterra fino all’età moderna.
Nessuno sa davvero a cosa dovessero servire questi numerosi vasi in pietra. Come spesso accade quando non si sa dare una spiegazione convincente, si sostiene che servissero ad ottemperare alle necessità del faraone nell’aldilà.
Questo però non spiega perché su ognuno di quei contenitori, fatti di alabastro, diorite e calcare, sono incisi i nomi dei predecessori di Djoser. Ci sono anche i nomi di quelli che sembrano dei personaggi minori.
Perché così tanti, e perché così in profondità?
I vasi si trovano infatti al settimo livello. Gli studiosi sostengono che Djoser li abbia voluti tutelare da eventuali profanatori di tombe, quelli che in seguito invece trafugarono persino il suo corpo. Perché un faraone dovesse preoccuparsi di ladruncoli che sarebbero venuti solo millenni dopo, non è ben chiaro.
Quindi a cosa servivano davvero i vasi?
I vasi di Diorite sepolti sotto la piramide di Saqqara sono antecedenti al faraone Djoser che è morto nel 2660 ac.
Poiché molti vasi avevano iscrizioni di predecessori antecedenti di 2700 ac ( 4700 anni fa) c’è da chiedersi quale tecnologia sia stata usata per realizzarli.
La Diorite è infatti una pietra estremamente dura scelta proprio per la sua resistenza al tempo (oggi è usata anche come pavimentazioni garantite “eterne”). esiste una scala della durezza dei vari materiali chiamata scala mohs. la scala di mohs è un criterio empirico per la valutazione della durezza dei materiali. prende il nome dal mineralogista tedesco friedrich mohs, che la ideò nel 1812. essa assume come riferimento la durezza di dieci minerali numerati progressivamente da 1 a 10, tali che ciascuno è in grado di scalfire quello che lo precede ed è scalfito da quello che lo segue. per determinare la durezza di un minerale non si fa altro che provare quale minerale della scala esso scalfisce e da quale è scalfito.
il primo minerale della serie è il talco, l’ultimo il diamante.
La Diorite nella scala Mohs occupa la posizione tra il 6 ed il 7.
Per capire di cosa stiamo parlando l’ACCIAIO ha un valore 4.
In pratica ammettendo di avere degli utensili in Acciaio (4) non potrebbe scalfire la Diorite che ha valore 6,5.
La diorite si può lavorare solo con utensili che sono superiori al n° 7 della scala di Mohs, quale ad esempio lo smeraldo che ha valore 7,5 ma il migliore è il diamante che occupa il valore maggiore in questa scala col n°10.
Le particolari fattezze dei vasi sepolti sotto la piramide di Saqqara fanno ritenere che sia stato utilizzato un tornio per poterli scavare sia all’esterno ma sopratutto all’interno. Vi sono infatti molti vasi che sono scavati dentro e fuori lasciando pareti dello spessore di pochi millimetri.
Questo tipo di lavorazioni siamo OGGI in grado di realizzarli con torni al controllo numerico automatici con utensili che montano dei diamanti in policristallino.
Pensare di scavarli utilizzando martello e scalpello è IMPOSSIBILE. Il diamante infatti ha una durezza 10 (massima) all’abrasione, ma è fragilissimo alla rottura. Quindi non può essere utilizzato per picchiare su una pietra perché andrebbe in polvere.
L’archeologia “ufficiale” non si è mai posto il problema di capire come siano stati realizzati questi vasi in diorite quasi 5000 anni fa.
Ricordiamo che a quei tempi non si era riusciti ad inventare la “ruota” quindi non esisteva il tornio. Si ritiene che il primo tornio sia stato inventato in egitto nel 1.300 ac. Quasi 3500 anni DOPO i vasi di Djoser.
C’è chi sostiene la tesi che Djoser fosse un collezionista di vasi trovati in egitto preesistenti al suo regno.
Ma preesistenti di quanto ?
Se già è incredibile pensare a realizzare quei vasi senza un tornio e degli strumenti con punte in diamante, cosa dire se si pensa a periodi ancora più antichi di secoli o addirittura di millenni ?
I vasi in Diorite sono quindi un indizio che fa supporre all’esistenza di una tecnologia ignota ai faraoni delle prime dinastie e che vi sia stata una civiltà precedente con capacità tecnologiche superiori a quella degli egiziani.
Stesso ragionamento si può applicare alle Grandi piramidi della piana di Giza, dove alcuni ricercatori fanno retrodatare la loro costruzione a oltre 10.000 anni fa.
Unitamente alla sfinge che avvalora questa tesi per le evidenti tracce geologiche di erosione da acqua.
Ma temporali di quella entità capace di scolpire la roccia in quella maniera erano presenti solo nei millenni subito posteriori alla fine dell’ultima glaciazione che è stato 12.500 anni fa.
Allo stato delle nostre attuali conoscenze non si sono ancora trovate le tracce di questa civiltà. Ma questo fatto potrebbe essere anche dovuto al fatto che 12.000 anni fa i mari di tutto il mondo era a 100/150 metri più bassi del livello attuale.
Se vi fossero state civiltà avanzate avrebbero avuto le loro città capitali in luoghi adiacenti alle coste per poter usufruire dei viaggi marini per commerci e comunicazioni.
In questo caso queste “Atlantide” si trovano tutte a oltre 100 metri di profondità negli abissi marini.
La nostra archeologia studia e cataloga SOLO i manufatti che trova “sottoterra” e quindi quando il livello dei mari si è portato al livello attuale.
Auspichiamo quindi che nei prossimi anni si possa fare un maggiore utilizzo dell’archeologia subacquea.
Molte certezze e datazioni attualmente considerate intoccabili, potranno subire anche decisi cambiamenti.
Nel frattempo gli oltre 40.000 vasi di pietra, realizzati più di 4.500 anni fa e conservati in profondità nel sottosuolo si trovano oggi sparsi nei musei di tutto il mondo ed raccontano silenti il mistero della loro realizzazione.