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IL DODECAEDRO ROMANO

L’oggetto misterioso che osserviamo nella foto sopra è chiamato “Dodecaedro romano”, è stato reperito in Germania (e non solo), ed è in mostra al castello di Saalburg vicino a Bad Homburg (Assia) sempre in Germania.

Si tratta di un piccolo oggetto cavo costituito o in bronzo o in pietra, con dodici facce piatte pentagonali, in cui ogni faccia presenta un foro circolare nel mezzo del pentagono, ed ogni foro ha un diametro diverso. E’ datato al II o III sec. d.c. e le loro dimensioni sono molto ridotte, poichè variano dai 4 agli 11 cm. Non viene menzionato in alcuno scritto o immagine dell’epoca romana, e neppure successiva.

Di questi dodecaedri ne sono stati trovati esattamente 116 (Michael Guggenberger (2013), The Gallo-Roman Dodecahedron, The Mathematical Intelligencer , Vol. 35, Dec.2013, Iss. 4 , pp 56–60), in Galles, Ungheria, Spagna, ad est dell’Italia, ma soprattutto in Germania e in Francia. Sono state avanzate le più svariate ipotesi sull’utilizzo del Dodecaedro Romano:

– un porta candela,

– un giocattolo,

– un oggetto per l’osservazione astronomica,

– un oggetto con funzione religiosa,

– un campanello per il bestiame.

– la testa di una mazza cui si potevano infilare bastoni di larghezza diversa (é pure cavo oltre che complicato),

– un oggetto che, dopo averlo riscaldato, venisse utilizzato per massaggi rilassanti.

Alcuni hanno sostenuto che non si possano definire romani solo perchè sono stati rinvenuti nell’impero romano, ma il fatto è che solo i romani avevano il potere di diffonderlo in paesi tanto lontani tra loro.

La funzione e l’uso di questi dodecaedri rimane inspiegata….SINO AD OGGI.

Il dodecaedro di Jublains ha cinque “angoli di vista” e, conoscendo la dimensione di un oggetto visto sotto uno di questi angoli, possiamo determinarne la distanza. Per capire che cosa è l’angolo di vista, ricordiamo come esso è definito in fotografia. L’angolo di vista è quel cono che coincide con l’apertura angolare di una certa scena che è visualizzata sul fondo della macchina fotografica dove c’è la pellicola o il sensore delle macchine di tipo digitale. Ovviamente, il dodecaedro romano ha al massimo sei angoli di vista fissi.

Chiamati 1,2,3,4,5, e 6, i buchi del lato A, e 1’,2’,3’,4’,5’ e 6’ i buchi del lato B (vedi Fig.2), noi abbiamo le seguenti coppie di buchi opposti: (1‘,1),(2’,6), (3’,5), (5’,3), (4’,4) e (6’,2). I diametri dei buchi sono: 26×21.5 mm (1), 21.5 mm (2), 16.5 mm (3), 21 mm (4), 11.5 mm (5), 17mm (6), 25.5×21.5 mm (1’), 10.5mm (2’), 15.5 mm (3’), 22 mm (4’), 17 mm (5’) e 22 mm (6’).

Scegliamo per esempio la coppia (2’,6) e guardiamo attraverso il dodecaedro, tenendolo con 2’ e 6 paralleli, con il buco 2’ come il più vicino ad un occhio e il buco 6 come il più lontano ed opposto. Se il dodecaedro è abbastanza vicino all’occhio, noi vediamo i due buchi. Se è invece troppo lontano, vediamo solo il buco più vicino, il 2’. C’è però una distanza alla quale noi vediamo le circonferenze dei due buchi circolari come perfettamente sovrapposte. Questo è uno dei specifici angoli di vista del dodecaedro che possono essere usati per la misura (il come è schematizzato nella Figura 3). Abbiamo quindi che, per un dato angolo di vista, come ad esempio quello dato dalla coppia (2’,6) l’uso giusto del dodecaedro come strumento di misura è quello che abbiamo quando le due circonferenze sono sovrapposte. In questa condizione siamo precisamente con la geometria mostrata nello schema in altro della Fig.3 e con la geometria della figura 4.

Per mostrare come si determinano le distanze, consideriamo il seguente esempio. Immaginiamo che un soldato romano stia osservando uno stendardo, un vexillum, guardando attraverso il dodecaedro, e supponiamo che il soldato conosca le dimensioni del vexillum che osserva. Per esempio, egli sa che quel vexillum è lungo due metri in altezza. Se il soldato, con l’angolo di vista della coppia (2’,6), vede perfettamente il vexillum con la sua altezza coincidente con il diametro delle due circonferenze 2’ e 6 sovrapposte, quale è la distanza dello stendardo?

Per dare la risposta guardiamo i triangoli simili della Figura 4, dove A è l’occhio del soldato, BC il diametro di 2‘, EF il diametro di 6, e OO’ la distanza tra i due buchi sulle facce del dodecaedro. GH è la lunghezza del vexillum. Dalla figura abbiamo:

(EO’−BO)/OO’=(GO’’−BO)/OO’’ Supponiamo GO’’>>BO, quindi (EO’−BO)/OO’=GO’’/OO’’, ed infi- ne abbiamo:

(EF−BC)/OO’=GH/OO’’ OO’’=GH×OO’/(EF−BC)

Nel caso del nostro soldato, che vede il vexillum giusto come GH, abbiamo:

OO’’= 2 x 100 cm x 50 mm / (6.5 mm) ≈15 m, dove abbiamo assunto che la distanza tra le due facce opposte, OO’, del dodecaedro sia di 50 mm. Questo è ciò che otteniamo per la coppia (2’,6). Vediamo che cosa capita per le altre coppie. I risultati sono mostrati nella tabella allegata fig. 5.

Usando questi dati per il vexillum di 2m, troviamo le distanze di 15 m, 25 m, 100 m e 200 m, rispettivamente. Quindi il soldato ha a disposizione uno strumento con quattro differenti distanze. Oltre a queste, c’è la coppia (1,1’) che può essere anche lei usata con funzioni analoghe. Sembra quindi che guardando un oggetto attraverso il dodecaedro, come abbiamo discusso prima, ossia trovando la giusta distanza per vedere le due circonferenze sovrapposte, e se siamo in grado di stimare la dimensione dell’oggetto nella scena che vediamo, siamo anche in grado si averne una stima approssimata della distanza.

Come detto all’inizio dell’articolo, i dodecaedri romani sono stati proposti come strumenti per il rilevamento e a scopo militare. Purtroppo ho trovato solo un accenno al loro uno come teodoliti, ma nessun riferimento al loro uso in balistica. Dall’esempio fatto sopra possiamo immaginarne un uso per valutare la distanza di un bersaglio e scegliere la giusta tensione delle corde delle baliste. Probabilmente il dodecaedro romano è un’invenzione del secondo secolo e quindi non poteva essere descritta da Vitruvio, lo scrittore latino che ci ha tramandato molte dettagliate descrizioni degli armamenti romani, scrittore che è vissuto nel primo secolo AC.

Avendone preparata un copia, la mia conclusione è che l’ipotesi dell’uso dei dodecaedri per il rilevamento è più concreta di quelle che li vedono come dadi o bocce. Inoltre l’articolo ci dice che il dodecaedro è stato trovato in un sito insieme ad una bilancia, sito che era la casa di un commerciante di preziosi. Può essere che il commerciante, oltre a pietre preziose, vendesse anche strumenti di misura come bilance e dodecaedri.

Ma che cosa sarebbe successo se un dodecaedro in grado di effettuare misurazioni molto accurate fosse applicato sull’asta della GROMA ?

La groma con i suoi bracci dotati di filo a piombo consente di mettere “in bolla “ la strumentazione e sfruttare tutte le potenzialità di questo “teodolite” romano

Riferimenti

1. A.C. Sparavigna, The Architect Kha’s Protractor, arXiv 2011,

scaricabile al link http://arxiv. org/abs/1107.4946

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