

Alla ricerca della tomba perduta
Di solito, e di regola, sono gli archeologi che cercano le tombe.
E qualche volta ne trovano di splendide. Howard Carter e lord Carnarvon
fecero la scoperta del secolo in Egitto, entrando nel sepolcro di
Tutankamon. Di recente, a Vergina, in Macedonia, archeologi greci
hanno avuto il vanto di presentare ai visitatori stupiti le tombe
intatte della famiglia reale di Filippo, il padre di Alessandro
Magno. E si cerca ancora, con passione e tenacia, proprio la tomba
di Alessandro. Sono al lavoro da anni squadre di archeologi di varie
nazionalità all'opera in Iraq, negli antichi territori della
Mesopotamia, e in Egitto, addirittura tra i moderni palazzi del
centro di Alessandria. Resta uno dei due obiettivi più ambiziosi
del mondo dell'archeologia moderna. L'altro è rappresentato
dal palazzo e dalla tomba di Ulisse, a Itaca.
Con la regola degli archeologi che cercano le tombe degli antichi
re, principi e condottieri, contrasta in un certo senso l'eccezione
della ricerca della tomba di un archeologo. Quando Spyridon Marinatos
morì improvvisamente, in circostanze tragiche, nel primo
pomeriggio del primo ottobre 1974, nel sito preistorico di Akrotiri,
nell'isola di Santorini, mentre stava ancora lavorando alla ricerca
della "sua" Atlantide, venne sepolto in fretta e furia
nel sito stesso. Dove? Nessuno svelò il mistero. Soltanto
molti anni dopo, due ricercatori e scrittori, Charles Pellegrino
e James W. Mavor jr., riferirono che la tomba di Marinatos si trovava
nella stanza numero 16 del palazzo Delta, nel cuore di Akrotiri.
Esattamente a due passi dal luogo in cui Marinatos cadde morto.
I due scrittori, però, non hanno mai voluto rivelare come
appresero il particolare della insolita sepoltura dell'archeologo
greco. Sepoltura insolita quanto "irriverente", se si
pensa che una delle regole fondamentali dell'archeologia proibisce
la collocazione delle tombe degli archeologi all'interno dei siti
che loro stessi stavano scoprendo. Lo ha confermato il nuovo direttore
degli scavi di Akrotiri, Christos Doumas, allievo prediletto di
Marinatos proprio a Charles Pellegrino: "L'archeologo rispetta
il sito più di qualsiasi altra cosa al mondo. Non si può
seppellire nessuno nel sito, specialmente un archeologo". E'
evidente che Marinatos non aveva dato disposizioni precise sulla
sua sepoltura, anche perché era tacitamente stabilito che
la famiglia lo avrebbe voluto seppellire nella tomba di famiglia,
nella città natale di Lixouri, nell'isola di Cefalonia. Quindi
Marinatos venne sepolto di nascosto nel palazzo Delta di Akrotiri,
contro la volontà della famiglia e contro le regole dell'archeologia.
Nel suo sepolcro segreto, nascosto da un muro di cemento, il corpo
di Spyridon Marinatos è rimasto fino alla primavera del 2000.
Io stesso, durante un sopralluogo ad Akrotiri, ho scoperto quasi
per caso che la tomba dell'archeologo non era più nella stanza
numero 16 del palazzo Delta. Al posto della tomba c'era un traliccio
di ferro innalzato per sostenere una parte del nuovo tetto costruito
per proteggere gli scavi dalle intemperie. Dov'erano stati trasferiti
i resti di Marinatos? Nessuno, dentro e fuori il recinto degli scavi,
ha mai voluto rispondere a questa domanda. E' possibile che la nuova
tomba si trovi ad Akrotiri stessa oppure in un luogo misterioso
dell'isola, probabilmente vicino alla spiaggia rossa, poco a sud
del sito. E' un rebus che può essere risolto sulla base di
ricerche fatte con metodi che assomigliano più alla tecnica
investigativa che a quella scientifica. Sono tre i punti sospetti.
Ai piedi di una grande palma, sotto un cumulo di pietre, alla fine
dell'ingresso che porta direttamente al sito. Oppure, sul poggio
dove si trova ancora la casupola che Marinatos usava come dormitorio:
lassù, in mezzo a un praticello, c'è una strana lapide
di lamiera verde scolorita; può darsi che il corpo di Marinatos
sia stato sistemato proprio lì. Infine, la terza possibilità
è rappresentata dalla grande pietra che si trova vicino all'alloggio
degli operai che lavorano agli scavi.
Sono soltanto ipotesi: la verità è ancora lontana.
Può darsi, infatti, che il corpo di Marinatos sia stato spostato
dal palazzo Delta molto prima della nostra scoperta e portato chissà
dove. Oppure è stato effettivamente trasferito in occasione
dei lavori di scavo per collocare il traliccio di ferro. Ma resta
la solita domanda: dove si trovano oggi i resti di Spyridon Marinatos?
Tutte le ipotesi, a questo punto, sono valide. E si rafforza sempre
più il dubbio che di Marinatos non resti più niente.
Nemmeno un pugno di polvere.
Ma la nostra ricerca non si ferma. Anche se la tomba non esiste
più, cercheremo di sapere come e perché sia stato
perpetrato un simile affronto.
Era bella, sensuale, altera e dolce. Era una ragazza di Thera, l'antica Santorini, che morì all'improvviso non si sa di quale malattia. La famiglia decise di affidare a uno scultore del luogo la realizzazione di una statua da porre sulla tomba della fanciulla. Il lavoro piacque ai genitori, perché l'artista aveva fatto davvero una statua somigliante alla loro figlia. Ed era imponente: pesava 800 chili. Mentre gli operai la stavano posando sulla tomba nel cimitero di Sellada, ai piedi dell'antica Thera, a nordest di Akrotiri, la statua scivolò di lato. Non subì danni gravi: andò in pezzi un gomito e una piccola parte del naso. Ma quell'incidente convinse i genitori a non procedere nel lavoro di sistemazione della statua sulla tomba della figlia. Forse decisero di farne fare un'altra oppure rinunciarono definitivamente a quel progetto. Fatto sta che la statua della fanciulla prematuramente scomparsa venne abbandonata in una parte del cimitero.
L'hanno ritrovata, intatta, 25 secoli dopo, l'archeologo greco, nato a Santorini, Charalambos Sigalas e la sua assistente Maia Eftathiou, coadiuvati da una piccola troupe di collaboratori e operai. Sotto il patrocinio del ministero greco della Cultura, Charalambos aveva iniziato gli scavi nella necropoli di Sellada nel 2000, con l'intenzione di scoprire le tracce della civiltà dei Dori che avevano fondato Thera che risale a mille anni prima di Cristo. Si chiamava così perché prese il nome da Theras, il capo dei Dori che, provenienti forse da Sparta, si insediarono a Santorini occupando la parte più alta della montagna per costruirci una città e le pendici per seppellire i propri morti. Dopo un anno di lavoro, nei primi giorni del dicembre 2000, in un angolo della necropoli di Sellada, ritornò alla luce la ragazza di Santorini. La scoperta, comunicata immediatamente da Charalambos al ministero ad Atene, fece scalpore. La statua, di marmo di Paros o di Naxos, è alta due metri e trenta centimetri e rappresenta una figura di giovanissima donna con la vita stretta, il seno piccolo ma in evidenza; mani affusolate, labbra enigmatiche, e gli occhi lunghi da orientale chiusi per sempre. I capelli cadono abbondanti sulle spalle, i piedi sono coperti dalla veste liscia che ha delle pieghe maliziose solo sui fianchi. L'artista avrebbe dovuto completare l'opera quando la statua fosse stata sistemata sulla tomba: mancano, appunto, le rifiniture della veste e il colore.
Dopo questo primo eccezionale successo, la troupe guidata da Charalambos proseguì con maggiore entusiasmo gli scavi a Sellada. Ci si attendevano altre scoperte sensazionali, come annunciò lo stesso archeologo di Santorini. Da allora, e sono passati quasi tre anni, dalla necropoli ai piedi dell'antica Thera non si sono avute più notizie. Si sa soltanto che esiste oggi una copia della statua della sfortunata ragazza, ma non si hanno notizie sicure sulla sua sistemazione. E soprattutto resta un interrogativo che finora non ha trovato risposta: la necropoli di Sellada, che si fa risalire all'insediamento dei Dori a Santorini, può essere considerata un' "appendice" del sito di Akrotiri scavato da Spyridon Marinatos? Chi può, infatti, escludere con certezza scientifica che la necropoli ai piedi della montagna non faccia parte dell'unica grande città che parte dalla spiaggia rossa, a sud dell'isola, e dovrebbe estendersi fino a Firà, l'attuale capitale? Insomma, quella che Marinatos aveva individuato in Atlantide era una città unica e quindi comprendente anche Sellada, oppure da considerarsi limitata al sito più ristretto di Akrotiri? Secondo lo stesso Marinatos e i suoi collaboratori, tra i quali l'oceanografo James W. Mavor jr. e il sismologo Angelos Galanopoulos, il sito di Akrotiri alias Atlantide si estendeva da una parte all'altra dell'isola e quindi doveva comprendere anche tutto quello che tanti anni dopo Marinatos altri archeologi, prima tedeschi e poi greci, hanno trovato a nordest di Akrotiri. Le prime scoperte a Thera e ai piedi della montagna trassero in inganno gli esperti che si trovarono davanti a reperti poveri che davano l'impressione di appartenere a una civiltà non certo opulenta. Ma fu proprio la scoperta dell'imponente statua della ragazza di Santorini, costruita con 800 chili di prezioso marmo, a imprimere una svolta decisa nelle ricerche di Sellada. Fu, infatti, lo stesso Charalambos a dichiarare che l'idea di una civiltà povera in quella zona era ormai da scartare e che invece si doveva pensare a ben altro. A che cosa, più precisamente? Forse si era insinuata un'altra idea, di segno opposto, che non scartava l'ipotesi avanzata da Marinatos? Da Sellada, la necropoli che dopo 25 secoli ha riconsegnato all'umanità una mirabile opera d'arte, tutto tace. Il mistero, che sembra essere una componente essenziale di Santorini, diventa più intrigante.
di Mario La Ferla
mariolaferla@tiscali.it




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