Da quando per la prima volta venne resa nota, oltre duemila anni
fa, forse mai nessun'altra storia quanto quella del mito di Atlantide
ha affascinato e interessato l'uomo così a lungo.
Pare che la leggenda di questa elevata civiltà insulare, drammaticamente
scomparsa per sempre, riesca a colpire l'attenzione e il cuore del
lettore anzitutto, probabilmente, per quel senso di malinconica
perdita di un mondo meraviglioso ed esemplare, secondo quanto il
suo autore ci ha lasciato intendere.
In secondo luogo perché, a partire dai primi grandi viaggi del XV
sec. d. C., alcuni hanno smesso di rimanere nella sfera 'fantastica'
per lanciarsi finalmente nell'effettivo ritrovamento dell'isola,
in qualunque parte del mondo essa si trovi.
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Anfora attica a figure rosse: Odisseo e Nausicaa, metà sec. V a.C. ca. Monaco, Antikensammlungen (da: GUIDORIZZI 1996, fig. 5). |
Non sorprende dunque il fatto che Atlantide, combattuta tra innumerevoli
controversie interpretative, sia stata identificata quasi dappertutto
e quasi con ogni grande civiltà del passato, né che su tale mito
sia stata scritta una quantità enorme di libri scientifici, fantastici,
esoterici.
Questo perché Platone (427 - 347 a. C.), il primo narratore di un
mito così longevo, mescola magistralmente in un unico resoconto,
trascritto in due Dialoghi, leggenda e realtà, creazione letteraria
e conoscenze dell'epoca, concetti filosofici e tradizioni orali.
Poter scindere il 'reale' dal 'letterario' è il lavoro più arduo,
specie se si è convinti davvero che un nucleo di verità sia giunto
a Platone da fonti egizie e riguardi il declino di quell'antica
e prospera civiltà che molti considerano essere Creta, drammaticamente
colpita dalla distruttiva eruzione del vulcano di Thera.
Fin da quando Platone fece conoscere agli uomini il mito di Atlantide,
la sua vita quotidiana e la sua invidiabile prosperità, questi ne
sono rimasti attratti e stupiti e hanno tentato o di minimizzarla,
considerandola una specie di fiaba, o di autenticarla localizzandone
i resti. Questi due tipi di reazione sono rintracciabili già in
chi visse subito dopo la scomparsa di Platone. Aristotele (384 -
322 a. C.), suo discepolo, traccia un parallelo tra il racconto
di Atlantide e la descrizione, dataci da Omero, di un muro che i
Greci avevano innalzato attorno all'accampamento davanti a Troia
e che poi fu abbattuto per intervento divino. Per Aristotele entrambi
i racconti sono fantasie poetiche escogitate dagli autori per favorire
la scorrevolezza della narrazione. Aristotele procede avanzando
l'ipotesi che, come Omero aveva eliminato il muro dopo che questo
aveva esaurito il suo scopo, Platone aveva inabissato Atlantide
nelle profondità oceaniche per prevenire il critico che gli avrebbe
potuto chiedere l'attuale ubicazione dell'isola.
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La fine di Atlantide in una ricostruzione pittorica. Maria Rosaria Dragonetti (2003). |
"L'uomo che l'ha sognata, l'ha anche fatta scomparire"; quest'ultima
fu la sbrigativa e disincantata soluzione del problema di Atlantide
secondo Aristotele(1), e ancora oggi molti studiosi la pensano
come lui, vedendo magari nella leggendaria Atlantide un racconto
inventato da Platone per illustrare una società ideale(2).
Il problema però non si risolse con Aristotele.
Il primo editore del Timeo, Crantore (300 a. C. ca.), andò all'estremo
opposto, ritenendo che il racconto platonico dovesse essere, in
tutti i suoi punti, autentico, indiscutibile, parola per parola,
sotto l'aspetto storico.
Egli arrivò addirittura a far condurre un'indagine in Egitto per
controllare l'autenticità delle fonti della narrazione. I sacerdoti
avrebbero risposto che il racconto si conservava ancora 'sui pilastri'(3).
Sin da allora i modi di concepire l'Atlantide avrebbero oscillato
fra questi due poli.
Nelle carte medievali e successive, per esempio quella di Paolo
del Pozzo Toscanelli, pubblicata nel 1475 e utilizzata da Cristoforo
Colombo, i mari a occidente dell'Europa e dell'Africa sono costellati
di isole grandi e piccole. Tra queste si trova Antillia (donde il
nome delle Antille) che quasi certamente tramanda, in forma alterata,
il nome dell'Atlantide platonica(4).
L'interesse per Atlantide rinacque, in effetti, con la scoperta
delle Americhe, e da quel momento non ha fatto che crescere, trasformandosi
in una vera e propria nevrosi(5).
Nel 1492, lo stesso Cristoforo Colombo scoprì che, di là dell'Atlantico,
esisteva davvero una terra: e il filosofo e studioso inglese Francis
Bacon (Londra, 1561 - Highgate, 1626), facendo propria tale teoria
nel suo incompiuto romanzo utopico The New Atlantis (opera postuma
del 1627), suggerì che avrebbe potuto trattarsi del continente descritto
nel Crizia. A questo romanzo, com'è noto, seguiranno poi nei secoli
innumerevoli opere letterarie che includeranno Atlantide nella loro
struttura narrativa, in primis, tra i generi letterari, la Fantasy.
Bastino come esempio nomi come Pierre Benoît, Edgar R. Burroughs,
Robert E. Howard, Poul Anderson, Marion Z. Bradley, Ursula K. Le
Guin, Roger Zelazny, John R. R. Tolkien, David Gemmell, per comprendere
quanto Atlantide abbia da sempre ispirato creativamente grandi autori
nella stesura compositiva.
Secondo numerosi studiosi, la descrizione che Platone fa di Atlantide,
ovvero un'isola ricca e prospera, frequentata da navi provenienti
da tutto il mondo, sembra corrispondere mirabilmente all'immagine
di Thera, i cui porti accoglievano navi provenienti dai vari lidi
del Mediterraneo orientale.
Risale al 1885, ad opera di A. Nicaise, il primo tentativo di identificare
Thera con l'Atlantide platonica(6).
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La geometrica struttura della capitale di Atlantide in una ricostruzione tridimensionale. Illustrazione di Antonio Truppi (2003). |
Convinti che un avvenimento così devastante come l'esplosione del
vulcano di Thera dovesse aver lasciato tracce nella memoria e nell'anima
dei Greci, molti autori, come Spyridon Marinatos, il primo scavatore
di Akrotiri, hanno ritenuto di poter collegare il mito di Atlantide
col ricordo della civiltà protostorica di Thera.
è accaduto forse che, nel narrare questa storia, il grande filosofo
ateniese abbia intenzionalmente rivolto la propria attenzione a
varie tradizioni orali che si riferivano alla catastrofe e si erano
tramandate nel mondo egeo per secoli e secoli.
Marinatos ammise che vi fosse nel mito di Atlantide un nucleo di
verità. Secondo lui, i sacerdoti egizi che prospettarono a Solone
la storia e la fine di Atlantide, si riferivano indirettamente all'eruzione
di Thera della tarda età del Bronzo.
Così, la vasta e definitiva distruzione della potente flotta minoica,
provocata da violenti maremoti, si ripercosse in una brusca cessazione
dei contatti tra il mondo minoico e l'Egitto. Inoltre la notizia
dell'inghiottimento in mare di un'intera isola dovette di sicuro
raggiungere molto velocemente l'Egitto. Dunque, secondo Marinatos,
non fu difficile che gli Egizi confondessero Creta con Thera, immaginando
che la civiltà sommersa non fosse altro che quella della grande
isola (Creta) con cui essi avevano improvvisamente perso i contatti(7).
La teoria di Marinatos ispirò il professor A. Galanopoulos dell'Istituto
Ateniese di Sismologia a tentare su basi geologiche un'identificazione
di Atlantide non solo con Creta, ma con Thera stessa.
A parere di Galanopoulos, le due regioni che costituivano l'Atlantide
- l'antica metropoli e la città reale - corrispondevano rispettivamente
a Thera e a Creta.
L'attuale sistemazione circolare delle isole di Thera, Therasia
e Aspronisi rappresenta secondo Galanopoulos le vestigia di uno
degli anelli di terra, alternantisi con i canali circolari, che
circondavano l'acropoli di Atlantide. L'attuale caldera consisterebbe
in parte nel vecchio canale, e l'acropoli dovrebbe essersi trovata
sul cono centrale che sprofondò dopo l'eruzione della tarda età
del Bronzo(8).
Galanopoulos ebbe un consistente seguito di studiosi i quali condividevano
la sua teoria di identificazione dell'Atlantide, l'isola maggiore,
con la Creta minoica.
Più recentemente John V. Luce, professore di discipline classiche
al Trinity College di Dublino, e Nikolas Platon, scavatore del palazzo
di Zakros a Creta, hanno rafforzato l'ipotesi cretese dell'Atlantide
ma hanno dovuto correggere le varie discrepanze tra la loro teoria
e alcuni elementi descrittivi di Platone(9).
Una di queste è l'aver posto Atlantide nell'Atlantico e non nel
Mediterraneo. L'irlandese Luce, in particolare, inizia col porre
all'attenzione un elemento indubbiamente fuorviante: il nome stesso
di Atlantide. Asserisce, infatti, che esso sia la più ingannatrice
delle guide. Atlantide, in effetti, non deriva da Atlantico.
Sotto il profilo linguistico i due nomi appartengono a una stessa
famiglia, ed entrambi derivano da Atlante, il titano che reggeva
il cielo sulle spalle. In greco sono aggettivi di Atlante e significano
rispettivamente '(isola) di Atlante' e '(mare) di Atlante'.
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Parte dell'affresco della "Flotta" nella West House, Akrotiri, isola di Thera (da: MARINATOS 1984, fig. 22, p. 40). |
Se, dunque, ci si serve del nome di Atlantide come di un indizio
della sua collocazione, è necessario considerare quale fosse l'ubicazione
originaria del mitico Atlante, un tempo ben addentro il Mediterraneo
prima che il graduale ampliamento delle conoscenze geografiche dei
Greci lo spingesse a ovest fino a porlo sulla catena dell'Alto Atlante
in Marocco.
Platone, a quanto pare, doveva conoscere tutte le isole all'interno
del Mediterraneo, ma le riteneva troppo piccole per essere in grado
di organizzare un'invasione delle proporzioni richieste. Di conseguenza
l'Atlantide, isola capitale dell'impero marittimo, dovette essere
ingrandita a un punto tale da non trovare più spazio all'interno
dello Stretto, per cui si ritenne necessario porla fuori nell'oceano,
oltre le Colonne d'Ercole(10).
Da qui l'utilizzo ideale di un evento catastrofico realmente accaduto,
rimanipolato e influenzato dall'epica omerica, nei modi ben illustrati
nel terzo e, conclusivamente, nel quarto capitolo del saggio Atlantide
tra mito e archeologia, edito dall'Editore Bardi di Roma.
Platone, naturalmente, era consapevole della natura ambigua e affascinante
del racconto e del potere fortemente suggestivo che esso poteva
esercitare nella mente umana, così lo impiega consapevolmente attraverso
l'uso del dialogo e di un'allegoria basata su un mito reale: Atlantide.
Sicuramente però né lui stesso né i suoi lettori, avrebbero mai
immaginato che con Atlantide ci si sarebbe trovati di fronte ad
uno dei casi letterari più discussi della storia, nonché al Mistero
archeologico per eccellenza.
Con Atlantide tra mito e archeologia si presenta un lavoro "titanico",
per la ricerca bibliografica occorsa e per l'esaustiva sintesi operata,
in cui si vede riadattata a saggio archeologico-letterario quella
che originariamente è nata come Tesi di Laurea in Archeologia, e
che pertanto si sviluppa di per sé come un'opera assolutamente documentata
e attendibile.
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Atlantide. Ricostruzione grafica digitale. Dalla Bryce3D Gallery (http://home.earthlink.net/~greyson2/Bryce-Art1.htm) |
Ripercorrendo dunque la storia del mitico continente nella sua
completezza e cronologia, fino alle ultime importanti teorie esposte,
il tema ATLANTIDE è affrontato partendo necessariamente dal contesto
storico in cui prese forma, analizzando poi tutte le ipotesi più
convincenti avanzate circa la reale o meno ubicazione dell'isola
perduta, con una approfondita esposizione nel terzo capitolo dei
dati scientifici e archeologici riguardanti il nesso con Creta e
Thera, per poi concludere illustrando una teoria personale con la
quale tento di offrire una plausibile spiegazione alla formazione
del mito stesso.
Nell'ultimo capitolo infatti, per la prima volta, ho operato una
diretta comparazione testuale che focalizza, a mio avviso in modo
rivelatorio, il mito di Atlantide in un chiaro contesto storico,
filosofico, letterario, mitologico e soprattutto epico, nelle sue
sorprendenti analogie con alcuni Canti dell'Odissea di Omero, da
cui emergono le radici della sua probabile genesi filosofico-letteraria.
Sarà semplicemente l'ennesima ipotesi su Atlantide? E magari quella
definitiva? A queste domande, inevitabilmente incombenti su ogni
saggio che tratta un argomento così complesso e controverso, non
può essere facile rispondere.
Ciò che ho ritenuto con convizione di fare è di offrire, in ultima
analisi, un nuovo terreno di confronto su un argomento a cui nessuno
riesce davvero a mettere la parola 'Fine'.
Nonostante anni di ricerche e congetture, pur con l'impressione
di accostarsi sempre più alla verità, sembra comunque che non si
riesca mai a cogliere appieno quel che si cela dietro tale inafferrabile
mito, e paradossalmente è proprio questo che ha contribuito per
molti a rendere Atlantide stessa simbolo ideale della 'ricerca',
costantemente in bilico tra mito e realtà.
Note:
(1) La scettica opinione del discepolo di Platone è deducibile da due passi di Strabone, (II, 102 e XIII, 598). Cfr. PROCLO in Timeo 61a (Diehl I, p. 197).br>
(2) Cfr. A. C. AMBESI, Atlantide: il continente perduto, Milano 1994, pp. 9-15.
(3) PROCLO, in Timeo 24a-b (Diehl I, p. 76).
(4) Cfr. L´Enciclopedia dei Misteri, a cura di A. CASTELLI, Milano 1993, p. 25.
(5) Cfr. L. SPRAGUE DE CAMP, Il mito di Atlantide e i continenti scomparsi, Roma 1998 (1970), p. 36.
(6) Cfr. C. G. DOUMAS, The Wall-Paintings of Thera, Athens 1992, p. 150.
(7) Ibid., p. 151.
(8) Ibid., pp. 151-152.
(9) Ibid., p. 153.
(10) Cfr. J. V. LUCE, La fine di Atlantide Nuove luci su un´antica leggenda, Roma 1997 (1969), p. 34.
di Fabio Truppi
fabian-@libero.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
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