

Il folklore italiano presenta spesso, nelle sue molteplici tradizioni
e leggende, antichi retaggi culturali e rituali pagani assorbiti
dalle usanze popolari, che però si ripresentano con forza
nel tessuto sociale che ci circonda e che fanno capo alla dea dal
volto bruno, la Mater donatrice di vita e di morte.
Molteplici sono gli aspetti legati alla figura ctonia della dea
della fecondità e tra questi di particolare rilievo appaiono
quelli legati agli antri e al culto delle acque. Già dal
VII sec. a.C. in moltissime grotte europee sono presenti i segni
del culto delle pozze carsiche e delle sacre stalattiti o stalagmiti
spesso ornate dai simboli della dea. Se l'antro rappresenta il metaforico
ventre della divinità, la stalattite diventa l'elemento priapico,
l'immagine "acheropita" del dio generato dalla stessa
mater. L'acqua accumulandosi in piccole cavità lascia il
suo contenuto di carbonato di calcio e genera quelle concrezioni
calcaree che sembrerebbero materializzarsi nel ventre della sua
sposa.
Elemento importantissimo del culto diventa così l'acqua e
le sorgenti, il mistico liquido che microcosmicamente ricorda la
misteriosa umidità del "sesso" femminile e i liquidi
naturali secreti dalla donna, che avvolgono l'infante nel momento
della sua nascita.
Sarà questa acqua carbonatica che, a causa del suo colore
lattescente, assume nell'immaginario popolare le sembianze del latte
della Mater e dà vita alla tradizione tutta italiana delle
"pocce lattaie" o "latte di grotta".
Ancora oggi, secondo le tradizioni contadine, l'acqua delle sorgenti
o quella raccolta in piccole pozze carsiche ha notevoli poteri curativi
il cui ricordo rimane ben saldo nelle culture contadine successive
ove alla sacra "coppella" è sostituito il pozzo,
simbolo religioso ma anche materiale dato che l'acqua in esso accumulata
può garantire la sopravvivenza di una famiglia o del raccolto.
Il culto del pozzo come luogo sacro è già testimoniato
da ritrovamenti di ceramiche votive dell'Eneolitico e proseguirà
successivamente, infatti sarà da questi atavici ricordi che
nasce nel Medioevo la valenza magica di questi luoghi tramandata
ancora oggi nelle leggende popolari che narrano di "pozzi dei
desideri" ove basterebbe lanciare una moneta per realizzare
quello a cui si aspira fortemente.
Successivamente con l'avvento della religione cristiana questi antichi
luoghi di culto vengono demonizzati, e quindi il pozzo diventa la
via per accedere agli inferi o spesso legati a santi, alla Vergine,a
Santa Verena o a Santa Brigida.
Un interessante esempio potrebbe essere la il St. Brigid's Well
a Liscannor, la leggenda narra che la Santa giunse in questo luogo
e raccogliendo a se tutti i pagani li battezzò con l'acqua
della fonte ivi presente e ancora oggi il 1 Febbraio, data non casuale
ma coincidente proprio con l'antica festa del fuoco di Imbolc. Si
narra che l'acqua del pozzo abbia notevoli poteri taumaturgici e
così si usa bagnare un pezzo di stoffa nella fonte e passarlo
poi sul volto per guarire malattie agli occhi e successivamente
appeso su di un albero, rituale che ricorda i culti arborei da sempre
legati alla dea.
Altro luogo dedicato alla Madonna e alle miracolose acque è
Chatres in Francia, sito sacro alle popolazioni celtiche e galliche
che veneravano la dea madre all'interno di una grotta nelle vicinanze
e utilizzavano le sacre acque ivi presenti per i loro rituali di
fertilità.
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Tradizioni legate al culto delle acque e della dea le troviamo diffuse
in particolare nel sud Italia ove la tradizione della dea si è
conservata per millenni nelle figure delle "masciare"
le streghe-guaritrici che ancora fino ai primi del '900 operavano
nelle campagne.
In Basilicata ancora oggi possiamo ritrovare nella toponomastica
dei luoghi le tracce di un antico culto mai del tutto dimenticato,
pensiamo a Melfi o al termine "Mofeta", che riecheggiano
il nome dell'antica divinità autoctona Meftis, dea della
fertilità e prosperità e alla quale si raccomandavano
le giovani spose partorienti, per arrivare al fiume Bradano, il
cui nome nasconde nel "dan" il ricordo degli antichi popoli
legati alla dea Dana, divinità che abbiamo incontrato anche
nelle culture nordiche e che lega indissolubilmente popoli anche
lontani tra loro come i Danai, i Dauni, gli Shardana, i Tuatha de
Danann, i popoli autoctoni di quella zona dell'Europa dell'Est oggi
vicina al Danubio e molti altri ancora.
Molto interessante è poi Matera, la "Mater Dea"
che nasconde nel suo grembo di cunicoli, antri e anfratti i ricordi
della dea e dove ancora oggi o ancora si venera il culto della Vergine
Bruna, la venere "nigra sum sed formosa" che, sotto le
sembianze della Madonna, nasconde atavici ricordi di un culto mai
scomparso.
Un interessante centro è "Labrum" o meglio nota
oggi come Lavello, "l'Abbeveratoio", ove è stata
portata alla luce una enorme acropoli nei pressi del cimitero cittadino
e un tempio dedicato proprio a Mefite.
Moltissimi poi sono i ritrovamenti legati a questa antica divinità,
in località Murgia Timone ad esempio, nei pressi di Matera
sono presenti monumenti enigmatici non molto facili da spiegare
se non nell'ottica del culto delle acque. Questi sono costituiti
spesso da un doppio cerchio di pietre con al centro un foro che
conduce nell'ipogeo, il ventre della dea segnato dal circolo femmineo
esterno che indica la sacralità del luogo. Spesso questa
entrata era ricoperta da cumuli di pietre e alcuni sono ancora visibili
con una funzione che spesso è considerata oscura e che troppo
facilmente si è definita sepolcrale. In realtà questi
cumuli lapidei, spesso definiti "specchie", avevano un
ruolo importantissimo nel culto della dea delle acque, infatti per
un semplice fenomeno di condensa la brina che si accumulava durante
la notte tra le pietre condensava di giorno cadendo così
nella camera sottostante, per il primitivo erano proprio questi
massi a creare il liquido vitale, la dea che con il suo fresco umore
garantisce la vita e la fertilità e dunque luoghi ove sicuramente
si raccoglieva l'acqua per abluzione rituali e per garantire prosperità
alle donne. Moltissime poi sono le cisterne e le coppelle sacre
presenti nelle rocce e che servivano per la raccolta delle acque.
Nei pressi Vaglio e Macchia Rossano, scavi archeologici hanno portato
alla luce templi costituiti da grossi massi sui quali erano intagliati
dei canali che portavano in loco l'acqua delle sacre fonti presenti
nella zona. Anche in questo caso le numerose iscrizioni ritrovate
hanno permesso di attribuire il luogo al culto della dea Mefite,
e successivamente a quello di Venere e della ninfa Oina, il cui
ricordo ancora oggi si cela tra i ricordi di una festa patronale
dedicata alla Madonna e ad una sorgente che si trova nelle vicinanze.
Sicuramente questo luogo era dedito, oltre che al culto acquatico,
alla pratica della prostituzione sacra tipica dei rituali della
dea come testimoniato da alcune dediche a Venus Ercynia il cui rituale
era legato alle sacre meretrici.
La stessa idea la ritroveremo poi in due dei centri più antichi
dell'area di culto in Lucania, datati VI sec. a.C., Garaguso e Armento
ove la presenza di antiche canalizzazioni riportano prepotentemente
ai rituali acquatici e delle fonti.
Per quanto riguarda il primo, presso alcune sorgenti del paese sono
stati trovati diversi depositi votivi, uno in contrada Fontanelle,
il cui nome appunto ci rammenta il legame con i culti acquatici,
e un secondo, scoperto nel 1922, in località Filera.
Molto interessanti sono stati i rinvenimenti, statuette di divinità
femminili in piedi o sedute, portatrici di frutta e fiori, la statuetta
della dea accompagnata da un porcellino o meglio un cinghiale, animale
totemico dei culti arborei e una focaccia su di un piccolo vassoio,
offerte votive per chiedere fertilità alla dea. Altro interessante
sito piuttosto simile a quello di studio è quello che si
trova nel bosco di cupolicchio ad Albano di Lucania, qui sarebbero
presenti massi erratici e rudimentali vasche ricche di pittogrammi
e graffiti.
La tradizione dei santuari dell'acqua è presente anche in
Calabria, testimoniata da antiche tradizioni ancora oggi celate
nel folklore locale, e così che per conoscere e entrare nel
mistico "circolo femmineo" dovremo seguire le orme della
dea che ancora oggi riecheggia nella regione tra cupe rocce megalitiche
e volti di brune vergini.
Una interessante scoperta che collega prepotentemente queste aree
al culto delle acque e della mater è quella recentemente
effettuata nelle campagne di Nardodipace in località Sambuco
e successivamente nelle aree limitrofe dei territori comunali si
Serra S.Bruno e Stilo. Qui sono state individuate strutture megalitiche
datate V-III millennio a.C. sicuramente collegate al culto delle
acque. In quelli che sono stati definiti dagli studiosi i siti "A"
e "B" sono presenti strane strutture megalitiche e diverse
coppelle rituali, anche di enormi dimensioni tanto da poterle assimilare
a vasche che ci riportano ai culti precedentemente descritti.
Non si conosce ancora la reale funzione di questi templi megalitici
ma sicuramente essi sono legati al culto della fertilità
e alla "mater aqua" che fa se stessa immanente nella grotta,
alla guardia di quel mistico liquido che assicura la vita.
Dopo aver esaminato il sito dal punto di vista geologico-petrografico
però potremmo azzardare una interessante ipotesi, infatti
il posizionamento di determinati siti megalitici non sarebbe casuale
ma seguirebbe alcune particolari correnti di energia definite "telluriche".
Si potrebbe così pensare ad un criterio geologico-energetico
nella scelta dei siti sacri, infatti la composizione litologica,
idrologica e tettonica di un territorio influirebbe fortemente sulla
vita umana, dato che le rocce, le discontinuità e i corsi
d'acqua, in particolare quelli sotterranei, emettono delle radiazioni
elettromagnetiche che, rientrando nello spettro compatibile alla
vita umana, e cioè nel visibile e in parte dell'infrarosso,
andrebbe ad interferire positivamente o negativamente, a seconda
se assorbe o cede energia, con lo stesso. Nel nostro caso della
composizione litologica notiamo come le rocce del sito siano composte
prevalentemente da graniti, quarzo, diorite, monzonite, minerali
che tendono a riflettere o emettere energie nel visibile interagendo
così positivamente con la vita umana.
Anche l'associazione di questi luoghi poi con il culto della Grande
Mater non è estraneo alla cultura e tradizioni locali come
testimoniato dai templi dedicati a Persefone e Demetra presenti
nella vicina Vibo Valentia dove son state ritrovate moltissime sono
le statuette votive raffiguranti la dea e il toro, i suo animale
totemico.
Ma forse ancora più importanti sono le testimonianze lasciate
nelle famose lamine d'oro ritrovate a Vibo che ci descrivono il
culto di Demetra e delle sacre acque riecheggiando atavici ricordi
mai del tutto scomparsi.
"...troverai a sinistra delle case di Ade una fonte ed accanto
ad essa un bianco cipresso:
a questa fonte non avvicinarti neppure.
Ma ne troverai un'altra, fredda acqua che scorre dal lago Mnenosyne:
vi stanno innanzi custodi.
Dì "son figlia della terra e del cielo stellato, Urania è la mia
stirpe e ciò sapete anche voi.
Di sete son arsa e vengo meno:
ma datemi presto la fredda acqua
che scorre dal lago Mnenosyne".
Ed essi ti daranno da bere dalla fonte divina
E dopo d'allora con i sacri dei eroi sarai sovrana.
A Mnenosyne è sacro questo (testo):
per il mystes a quando sia sul punto di morire..."
Bibliografia:
- AA.VV. Popoli Anellinici in Basilicata Napoli '71
- AA.VV. Il sacro e l'acqua. Culti indigeni in Basilicata, Roma
'98
- J.Frazer: "Il Ramo d'Oro" Bolati-Boringhieri
- A.Romanazzi: "La Dea Madre e il culto Betilico: Antiche cono-scenze
tra mito e folklore" Levante Editore Feb. '03
di Andrea Romanazzi
andrji00@libero.it




di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
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