

Una delle molte ragioni che spingono allo studio dell'antica civiltà
egizia, consiste nel fatto che, oltre ai molti quesiti ai quali
è difficile dare risposte credibili, ci sono anche aspetti
meno noti, ma non meno affascinanti.
Un caso che a me sembra straordinario, nella sua apparente semplicità,
si riferisce alle considerazioni di Diodoro Siculo a proposito degli
allevatori di oche.(1)
Procediamo con ordine ed inquadriamo il tema, prima di entrare nel
merito.
Le immagini che ci parlano della civiltà egizia dai muri
delle tombe, dei templi o dei papiri rinvenuti, ci fanno sapere
che i contadini della valle del Nilo erano particolarmente esperti
nelle pratiche agricole e nell'allevamento del bestiame, compresi
quelli che noi chiamiamo animali da cortile.
L'allevamento del bestiame doveva rappresentare un'attività
molto importante se, almeno fino all'undicesima dinastia, il passare
del tempo veniva indicato con il numero dei "censimenti biennali
del bestiame".
Sulla Pietra di Palermo, l'ottavo anno del regno del Re Ninutier
della II dinastia, è ricordato come "la quarta volta del censimento"
e, nelle dinastie successive, l'indicazione è diventata più esplicita,
infatti l'iscrizione di una stele della V dinastia, dedicata al
Re Neferirkerè, inizia dicendo "anno della quattordicesima volta
del censimento dei buoi e dei piccoli animali" indicando così il
28° anno di regno di quel Re.(2)
Un altro segno dell'importanza degli animali la troviamo nella loro
numerosa e varia presenza nei geroglifici e fra le rappresentazioni
metaforiche degli dei; ricordiamo come fra i molti animali il geroglifico
"oca" accompagnato dall'opportuno determinativo, significava
"figlio o figlia".
Le oche, le anatre ed altri uccelli palustri erano oggetto di caccia
e rappresentavano una buona fonte di alimenti per gli egizi.
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Eccolo un uccellatore che, dopo aver chiuso la rete della sua trappola
sugli uccelli, ha iniziato a prelevarli uno ad uno per riporli in
un cesto.
La decorazione muraria è nella tomba di Beni Hassan, come
appare in un disegno dell'egittologo Ippolito Rosellini.
Anche nella mastaba del funzionario della V dinastia, Nefermaat
e di sua moglie Atet, a Meidun, è stata trovata una splendida rappresentazione
di oche al pascolo(3); per la essenzialità dei tratti e della
disposizione dei colori, sembra che quelle oche si muovano becchettando
sementi, insetti e vermi individuati fra le erbe di un prato.
Oche ed anatre, oltre ad essere cacciate, erano anche oggetto di
un attento allevamento e la loro macellazione avveniva con un sistema
di lavorazione "a catena".
Nella tomba di Pehsukher , un funzionario attivo sotto il regno
di Thutmosis III, sono stati rappresentati due uomini, uno dei due
potrebbe essere un prigioniero "asiatico", a giudicare
dalla capigliatura e dalla barba, i due sono intenti a spennare
e poi svuotare dalle interiora le oche prima di predisporle in bella
fila, pronte per la cottura o la vendita.
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Non sfugga il particolare della suddivisione del lavoro, uno dei
cardini sui quali si basava l'elevata produttività del lavoro
degli egizi.
Abbiamo definito l'interesse degli egizi per il bestiame in generale
e per i pennuti in particolare, adesso possiamo vedere cosa ne dice
lo storico Diodoro Siculo il quale ha visitato l'Egitto al tempo
della centottantesima Olimpiade quindi fra il 59 ed il 56 a.C.,
quando le centurie romane erano ormai ai confini.
Lo storico greco ha parlato con i sacerdoti ed ha frequentato la
Biblioteca ed il Museo di Alessandria, ebbe quindi modo di interessarsi
dei molti aspetti della cultura e della storia di quel popolo, senza
dimenticare di interessarsi delle attività degli artigiani
e dei contadini.
Nel Cap. 74 del Primo Libro della Biblioteca Storica.(4)
Diodoro ha scritto:
"E se è vero che dagli antenati hanno imparato molte nozioni relative
ai modi migliori di custodire ed allevare bestiame. non è men vero
che molte innovazioni sono dovute al personale interesse che essi
mostrano in tale attività; e il motivo di maggiore ammirazione,
per l'eccezionale impegno applicativo, è costituito dal fatto che
gli avicoltori e gli allevatori di oche, oltre al modo di riproduzione
naturale di questi animali noto a tutti, riescono ad ottenere un
numero incredibile di volatili grazie alla loro particolare abilità
tecnica: infatti l'incubazione delle uova non è lasciata agli animali
ma realizzata artificialmente in modo che genera stupore, in quanto
l'intelligenza e la tecnica dell'uomo non sono inferiori ai processi
della natura..."
Ma vi rendete conto? Oltre duemila anni fa, e chissà da quanto
tempo, gli allevatori egiziani praticavano l'incubazione artificiale
per alzare la percentuale di nascite dalle uova destinate alla riproduzione!
A me sembra una notizia che meriterebbe da sola un trattato. Non
vorrei sbagliare, ma credo che il ricorso all'incubazione artificiale
delle uova sia una tecnica di recente applicazione. Solo che gli
agricoltori egiziani ci hanno preceduto di qualche decina di secoli!
A me sembra che quest'episodio sia importante per sostenere come
gli antichi testimoni abbiano riconosciuto che la grandezza della
civiltà egizia superiore a quella dei popoli coevi; possiamo aggiungere
che, per diversi aspetti, sia stata superiore anche a quella di
molti popoli di epoche successive.
Diodoro era uno storico, e gli altri visitatori greci che hanno
visitato l'Egitto, prima e dopo di lui, erano uomini di cultura,
persone che si sapevano di matematica, di astronomia, persone predisposte
al ragionamento filosofico, ma erano anche persone poco attente
al "dettaglio tecnico".
Se Erodoto ha avuto occasione di conoscere l'usanza egiziana di
usare l'incubazione artificiale, è probabile che la abbia collocata
fra le tante "usanze strane" di quel popolo, quando Diodoro si trovò
di fronte alla stessa "usanza", ha avuto il merito di rendersi conto
che non era solo una "usanza strana" ma era una applicazione tecnica
straordinaria ed infatti ci ha comunicato tutto il suo stupore.
Molti egittologi hanno certamente letto la Biblioteca Storica ma
non hanno nemmeno prestato attenzione allo stupore di Diodoro eppure,
quella "strana usanza", porta con se notevoli implicazioni tecniche.
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Ad esempio, per far si che le uova si schiudano lasciando uscire
il pulcino che è cresciuto al suo interno, bisogna che la temperatura
oscilli entro limiti ben precisi; se la temperatura si abbassa troppo
l'embrione muore, se la temperatura si alza oltre un giusto limite,
si ottengono delle uova sode.
Allora, come hanno fatto a controllare la temperatura?
Non voglio insinuare l'idea che disponessero di strumenti "moderni"
per l'erogazione ed il controllo della temperatura; voglio dire
che, evidentemente, conoscevano una tecnica capace di svolgere la
stessa funzione, ma gli osservatori non avevano la sufficiente cultura
per chiedersi come potesse funzionare quella "macchina straordinaria".
Come conseguenza di quella "insufficiente cultura" la tecnica della
incubazione delle uova si è perduta e ci sono voluti circa due mila
anni per riscoprirla.
è questo che intendo dire quando affermo che i visitatori dell'antico
Egitto hanno appreso conoscenze e filosofie che hanno riadattato
seguendo le modalità espositive ricorrenti nella loro epoca, ma
non erano in grado di comprendere in pieno la portata di quella
cultura e di quelle conoscenze tecniche.
è difficile non associarsi allo stupore di Diodoro, ma è altrettanto
difficile non stupirsi per il fatto che i molti studiosi , sia quelli
ortodossi che quelli eretici, non abbiano notato la straordinarietà
di una pratica "moderna", conosciuta ed utilizzata almeno 2.000
anni fa.
Il caso della incubazione delle uova di pennuti, non era la sola
tecnica utilizzata dagli Egizi e poi dimenticata per decine di secoli,
ad esempio, ci sono tracce evidenti dell'uso di una leggera cottura
utilizzata per bloccare la fermentazione del vino, in buona sostanza
si praticava la pastorizzazione per assicurare la buona conservazione
di alcuni alimenti. La nostra civiltà tecnologica ha dovuto attendere
gli studi di Pasteur per riutilizzarla.
Oltre alle applicazioni tecniche in agricoltura, ci sono altre pratiche,
in modo particolare nella lavorazione delle pietre dure, che aspettano
che si capisca come sia stato possibile applicarle ai limiti dell'età
della pietra.
Note:
(1) Diodoro Siculo è uno storico greco, per lingua
e per cultura, nato as Agira.
(2) Alan Gardiner - La civiltà egizia -Einaudi 1971.
(3) Attualmente le "oche di Meidun" si possono
vedere nel Museo Egizio del Cairo.
(4) Sellero Editore 1987.
di Guglielmo Gualandi
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www.altroegitto.com




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