Nel volume Omero nel Baltico(1) abbiamo cercato di dimostrare
che il reale scenario delle vicende dell'Iliade e dell'Odissea fu
il mondo baltico-scandinavo, sede primitiva dei biondi navigatori
achei: costoro successivamente discesero nel Mediterraneo, dove,
attorno all'inizio del XVI secolo a.C., fondarono la civiltà micenea(2),
trasponendovi, oltre ai nomi geografici, anche epos e mitologia,
portati con sé dalla perduta patria nordica.
Questo tra l'altro ci ha permesso di collegare in un quadro unitario
la discesa degli Achei nel mar Egeo con la diaspora di altri popoli
indoeuropei, che, all'incirca nello stesso periodo (ossia nella
prima metà del II millennio a.C.), si stanziarono nelle rispettive
sedi storiche: pensiamo agli Hittiti in Anatolia, ai Cassiti in
Mesopotamia, ai Tocari in Turkestan, agli Arii in India(3).
Riguardo a questi ultimi, "cugini" degli Achei nonché parlanti una
lingua affine (di cui una traccia nel mondo nordico è rimasta nell'attuale
lingua lituana), è significativa la tesi del Tilak, un dotto bramino
indiano, il quale nel mondo vedico ha ritrovato cospicue tracce
di una probabile origine nordica, anzi, addirittura artica(4).
In effetti, nella nostra ricognizione del mondo omerico abbiamo
riscontrato diversi indizi di una collocazione precedente a quella
baltica, ancora più settentrionale, che sembrano localizzare nell'area
lappone e sulle coste del mare Artico la sede di una civiltà primordiale,
connessa col mondo degli dèi.
In particolare, i misteriosi Etiopi, "estremi degli uomini", menzionati
ripetutamente da Omero, hanno una collocazione assolutamente incongruente
con la ben nota Etiopia africana: essi invece sembrano collocabili
tra Capo Nord e la penisola Nordkinn, all'estremità settentrionale
della Scandinavia(5). Al riguardo, ci sembra assai significativo
che i miti indiani menzionino una terra, posta "agli estremi confini
del mondo", corrispondente all'Etiopia omerica: il Mahabharata la
chiama "Uttarakuru", ossia la "terra estrema" o "regione estrema",
denominata in sanscrito "Paradesha", in iranico "Pairidaeza", in
greco "Paràdeisos", in ebraico "Pardes"(6). Inoltre, "nella
tradizione vedica compare, in luogo di Airyana Vaêjo, l'Uttarakuru
come il luogo primigenio degli Arii vedici"(7). Ora, "le
fonti Indo-iraniche testimoniano la presenza di un culto solare
nella terra dell'Airyana Vaêjo prima che sopraggiungessero
i climi glaciali: il culto apollineo, che viene non a caso dalla
terra degli Iperborei e che secondo la tradizione si insedia in
Grecia, crea in proposito un parallelismo impressionante. Gli Iperborei,
che vivono ai confini dell'Oceano (...) trovano un parallelo con
quegli Arii che vivono in un territorio che, secondo le fonti avestiche
e vediche, è assolato per sei mesi (o per dieci mesi, secondo la
variante delle fonti) con il clima mite, la cui divinità preponderante
è quella solare, e con una notte di altrettanti sei mesi (o due
mesi, nella precedente variante)"(8). E nell'Inno omerico
a Hermes, ambientato nella Pieria (regione contigua all'Olimpo,
sede degli dèi), un'apparentemente incomprensibile anomalia astronomica,
legata alle fasi della luna, ci riconduce anch'essa ad un ambiente
artico, situato al di sopra del circolo polare e, più precisamente,
in una regione, identificabile con la Lapponia settentrionale, dove
la notte solstiziale si protrae per quasi due mesi(9).
D'altronde l'ipotesi della localizzazione artica di una civiltà,
impensabile nella situazione climatica attuale, non è affatto in
contrasto con quelle che sono le odierne conoscenze scientifiche
sull'evoluzione del clima dopo la fine dell'ultima era glaciale:
infatti per un lungo periodo, compreso tra il 5500 ed il 2000 a.C.,
il mondo nordico, fino alle latitudini più settentrionali, godette
di un clima eccezionalmente mite, al punto che durante tale epoca
- definita dai climatologi "optimum climatico post-glaciale" (corrispondente
alla cosiddetta "fase atlantica" dell'Olocene)(10) - la tundra
scomparve pressoché interamente dal territorio europeo e l'area
della vite si estese fino alla Norvegia(11). Tale situazione
si protrasse fin verso il 2000 a.C., allorché l'optimum climatico
svanì e subentrò la "fase sub-boreale", caratterizzata da un clima
alquanto più rigido, che rese inabitabili le regioni situate a nord
del circolo polare. Ora, il ricordo di un antichissimo disastro
climatico è attestato nella memoria di molti popoli: pensiamo ad
esempio al Ragnarok dei miti nordici, il "crepuscolo degli dèi"
annunciato da una serie di inverni terribili, di cui l'Edda di Snorri
ci dà un resoconto drammatico: "Verrà l'inverno chiamato Fimbulvetr
('inverno spaventoso'): la neve cadrà vorticando da tutte le parti;
vi sarà un gran gelo e venti pungenti; non ci sarà più il sole.
Verranno tre inverni insieme, senza estati di mezzo"(12).
Ciò a sua volta trova un preciso parallelo nella distruzione, sempre
ad opera della neve e del gelo, del paradiso primordiale degli Iranici,
l'Airyana Vaêjo: secondo il racconto dell'Avesta, il dio Ahura
Mazda avvertì Yima, primo re degli uomini, che una serie di rigidissimi
inverni avrebbe distrutto il suo paese; dopo di allora, vi sarebbero
stati dieci mesi d'inverno e due d'estate. Ora, questo è effettivamente
il clima delle regioni artiche.
In sintesi, da tutte le considerazioni sviluppate in Omero nel Baltico
e che qui abbiamo sommariamente riassunto (pensiamo anche alle "isole
al nord del mondo" della mitologia celtica, da cui sarebbero discesi
i Tuatha Dé Danann, gli antichi abitatori dell'Irlanda), emerge
che la Urheimat, ossia la sede primordiale degli Indoeuropei, era
con ogni probabilità una terra artica, la quale può essere collocata
con precisione sulla carta geografica: si tratta dell'estremità
settentrionale della Scandinavia, ovvero di quella sorta di "cappello"
del continente europeo, affacciato sul Mar Glaciale, che si estende
dalla Lapponia settentrionale alle isole Vesterålen e alla
penisola di Kola. Fu qui che, a partire da cinque o seimila anni
fa, allorché la costellazione di Orione segnava l'equinozio di primavera(13)
e il Dragone indicava il Polo Nord(14), si sviluppò l'originaria
civiltà indoeuropea, nel periodo climaticamente più favorevole che
si sia mai verificato in tale area. Successivamente però il tracollo
del clima, attestato da varie tradizioni, la rese inabitabile, costringendo
le popolazioni ivi stanziate a cercarsi nuove sedi a latitudini
più meridionali.
Osserviamo a questo punto che Yima, il mitico re del paradiso iranico,
è chiamato "Yama" nella mitologia indiana, dove è il signore dei
morti. Egli ha pertanto un preciso corrispondente nell'Odissea:
ci riferiamo ad Ade, il signore dei morti omerico. Il suo lugubre
regno, caratterizzato da quattro fiumi(15), è localizzabile
nell'area lappone(16). D'altro canto Yima - che si potrebbe
anche accostare a Ymir, un gigante primordiale dei miti nordici
- fu il primo uomo a conoscere la morte. Questo lo riconduce ad
Adamo, il progenitore dell'umanità secondo la Bibbia. Dunque il
mitico regno di Yima-Yama si può accostare al paradiso biblico,
ossia al giardino dell'Eden, dove il Signore pose Adamo, il primo
uomo.
Al riguardo, il libro della Genesi caratterizza geograficamente
la regione dell'Eden in modo molto puntuale, menzionando i quattro
fiumi che da lì si dipartono: "Il nome del primo fiume è Pison;
esso circonda tutta la regione di Avila, dove si trova l'oro; l'oro
di quel paese è puro; là si trova pure la resina profumata e la
pietra onice. Il nome del secondo fiume è Gihon: esso circonda tutto
il paese di Etiopia. Il terzo si chiama Tigri e scorre ad oriente
di Assiria. Il quarto fiume è l'Eufrate"(17). Però, al riguardo,
nell'area mesopotamica si ritrovano soltanto il Tigri e l'Eufrate,
mentre gli altri due fiumi sono inesistenti. Non solo: questi fiumi
che, secondo la Bibbia, nascono nella zona di Eden vanno ad interessare
due regioni, l'Etiopia e l'Assiria, dislocate addirittura in continenti
diversi! Si tratta di assurdità - per non parlare di quella misteriosa
"regione di Avila", con il suo oro fino, mai localizzata da nessuna
parte - che sembrano rendere il racconto biblico geograficamente
inverosimile.
A questo punto un nostro lettore, il dott. Luigi Cesetti di Falerone,
ci ha segnalato che, ove questo problematico "paese di Etiopia"
fosse l'Etiopia omerica, che abbiamo ritrovato all'estremità settentrionale
dell'Europa, tutto sembrerebbe andare a posto. Esaminiamo infatti
il fiume che la bagna, il Tana (che pertanto corrisponderebbe al
Gihon biblico): esso nasce in una zona della Lapponia finlandese,
nell'area di Enontekiö (nome che significa "che fa grandi fiumi")(18),
da cui effettivamente si dipartono vari altri fiumi. Uno è l'Ivalo,
che i Lapponi (o Sami) chiamano "Avvil". L'assonanza con "Avila",
la regione biblica dell'oro, da sola potrebbe essere casuale, ma
proprio questo territorio è ricco d'oro, come attesta il museo dell'oro
di Tankavaara(19), a pochi chilometri dal fiume Ivalo. Per
di più si tratta di un oro eccezionalmente puro, come afferma il
passo biblico: esso arriva a 23 carati(20), il che lo distingue
dall'oro estratto dai giacimenti di altre parti del mondo. La resina
è secreta da pini e abeti e, per quanto riguarda l'onice, questa
zona della Lapponia è ricca di pietre, tra cui il calcedonio e il
diaspro, simili all'onice per la composizione dei cristalli.
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I fiumi che si dipartono dall'"Eden" lappone, corrispondente alla zona dell'attuale Enontekiö, nella Finlandia settentrionale. |
E gli altri due fiumi, ossia i "prototipi" del Tigri e dell'Eufrate?
Sempre nell'area di Enontekiö nascono un affluente del Mounio-Tornionjoki
e lo Ounas-Kemijoki, che scorrono in parallelo verso sud per poi
sfociare vicini all'estremità settentrionale del Golfo di Botnia.
Il complesso di questi fiumi, con il territorio da essi racchiuso,
delinea una sorta di "Mesopotamia" finnica, straordinariamente rassomigliante
a quella asiatica (v. tavola annessa).
Potrebbe essere dunque questa la regione di "Ur dei Caldei" da cui
partì Abramo, diretto verso la Terra Promessa, e da dove discesero
i Sumeri(21), che l'avrebbero poi trasposta nella Mesopotamia
a noi ben nota. Il cambiamento del clima la avrebbe poi resa inospitale,
come ci ricorda il profeta Isaia: "Ecco che il Signore spopola la
terra, la devasta, ne altera l'aspetto, ne disperde gli abitanti"(22).
Potrebbe essere la "Terre Gaste" dei miti arturiani! Questo concetto
a sua volta trova un preciso riscontro nella "dimora in rovina ("?????
????????") di Ade", menzionata nell'Odissea(23), a cui pure
sono associati vari fiumi e che è anch'essa localizzabile nell'area
lappone(24).
Avila-Avvil ricorda poi la leggendaria "Avalon" del mondo arturiano,
che probabilmente fa riferimento alla sede primordiale celtica:
ciò sembra far sospettare un rapporto tra caldei e celti, che trova
riscontro in certe analogie tra il mondo celtico e quello ebraico
(per inciso, nella letteratura celtica si ritrova la locuzione "Terra
della Promessa": "Tìr Tairngiri")(25). Notiamo anche che,
calando la descrizione biblica nel contesto lappone, il mitico giardino,
posto "in Eden a oriente"(26), sembrerebbe essere al centro
di una sorta di quadrifoglio costituito da quattro regioni (Eden,
Etiopia, Avila e Assiria): ciò delinea un quadro singolarmente simile
a quello della mitica suddivisione dell'Irlanda, terra celtica per
eccellenza, in cui un centro politico-religioso, Tara, era circondato
da quattro regioni periferiche. Per inciso, il nome di un fiume
edenico, il Pison (o Fison) ricorda Pisa, un toponimo sia finnico
che lappone menzionato anche nel Kalevala(27).
Tra le osservazioni del Cesetti, di particolare interesse è poi
il riferimento ad un altro versetto della Bibbia: "Caino si allontanò
dalla presenza del Signore e abitò nel paese di Nod, a oriente di
Eden"(28). Ora, ad est di Enontekiö, ossia "a oriente
di Eden", nella Lapponia russa si trovano il fiume Nota ed il lago
Nota (Notozero). Inoltre, scendendo a sud del bacino del Nota, s'incontra
la regione di Kainuu(29), in territorio finlandese, situata
ad est del golfo di Botnia. Essa corrisponde al territorio dei Lapiti
omerici(30), tra i quali l'Iliade ricorda Caineo, avo di
un eroe lapita che partecipò alla guerra di Troia(31). Ciò
potrebbe indicare che i discendenti di Caino, allorché il clima
iniziò a tracollare e la tundra prese il sopravvento rendendo inabitabili
le regioni situate al di sopra del circolo polare, si spostarono
dal bacino del Nota verso un territorio più vivibile, situato ad
una latitudine leggermente più bassa. A questo punto si potrebbe
altresì congetturare che il diluvio di Noè sia il ricordo (poi trasposto
nel mondo caucasico, importante crocevia di migrazioni dal nord
al sud) di una disastrosa inondazione che avrebbe interessato una
vasta area della Lapponia settentrionale, il cui territorio è spesso
caratterizzato da fitti intrichi di laghi, fiumi e acquitrini(32).
In ogni caso, lo stretto rapporto tra il mondo originario semitico
e quello indoeuropeo è attestato, a parte la comune ascendenza di
Sem e di Jafet, anche dal passo biblico che proclama l'affinità
tra gli Ebrei e gli Spartani: "Ario, re degli Spartani, a Onia,
Sommo Sacerdote, salute! In uno scritto riguardante gli Spartani
e i Giudei, si è trovato che sono fratelli, perché della stessa
stirpe di Abramo (...) I nostri bestiami e i nostri beni sono vostri,
e ciò che è vostro è nostro"(33).
Sempre riguardo a Sem, colpisce la rassomiglianza del suo nome con
quello dei Sami, gli attuali abitanti della Lapponia. Costoro inoltre
hanno un monte sacro, il Saana, che ricorda il Sinai, il monte sacro
degli Ebrei (alle pendici del Saana giace il lago Kilpis, da cui
scaturisce una ramificazione del Mounio-Tornionjoki, il fiume corrispondente
all'Eufrate mesopotamico).
E Cam, l'altro figlio di Noè? Ritorniamo al Kemijoki, il "fiume
Kemi", che scende dalla Lapponia verso l'estremità settentrionale
del Golfo di Botnia: alle sue spalle nasce il fiume Tana, il quale
poi si dirige verso quell'Etiopia artica che ritroviamo sia in Omero
che nel racconto biblico dell'Eden. Tale configurazione rappresenta
quasi uno specchio dell'Egitto africano, la "terra di Kem", abitata
dai discendenti di Cam e situata lungo il grande fiume che proviene
dall'Etiopia e dal lago Tana (da cui trae origine il Nilo Azzurro).
Dunque i primitivi Egizi, come ci conferma una serie di indizi riguardo
ad una loro possibile origine nordica (in primis il culto spiccatamente
solare)(34) forse provenivano anch'essi dall'area lappone:
essi poi, in analogia a quanto accaduto in Mesopotamia, una volta
arrivati nella valle del Nilo (passando probabilmente per la Caucasia,
dove lasciarono significative tracce toponomastiche riscontrate
dal Flinders Petrie(35)) ricostruirono a modo loro il remoto
mondo artico da cui erano discesi. D'altronde anche i loro documenti,
proprio come la Bibbia e gli stessi poemi omerici - pensiamo alla
terra dove i Feaci vivevano accanto agli dèi, alla Pieria dell'Inno
a Hermes, alle sedi dell'Olimpo, degli Etiopi e dell'Ade, tutte
collocabili nell'area lappone - ricordano la loro patria originaria
come la "terra degli dèi".
Insomma, se già la Lapponia ci ha dato non pochi indizi per localizzarvi
la sede della sede primordiale indoeuropea, ora queste convergenze
con l'Eden biblico da un lato ne rappresentano una conferma, dall'altro
allargano il quadro a prospettive ancora più stupefacenti, dando
una sostanza sia storica, sia geografica alla concezione tradizionale
dell'origine "iperborea" della nostra civiltà, e saldandola nel
contempo al concetto biblico della comune origine dei semiti, dei
camiti e degli indoeuropei.
Tutto ciò invece va irrimediabilmente a cozzare con la vecchia idea
dell'origine orientale della civiltà europea ("Ex Oriente Lux")(36).
Peraltro va notato che tale concetto è stato ormai da tempo messo
in crisi dall'introduzione della datazione col radiocarbonio, corretta
con la dendrocronologia (cioè la calibrazione con gli anelli annuali
degli alberi). Al riguardo, un autorevolissimo studioso come il
prof. Colin Renfrew afferma che "si verifica tutta una serie di
rovesciamenti allarmanti nelle relazioni cronologiche. Le tombe
megalitiche dell'Europa occidentale diventano ora più antiche delle
piramidi o delle tombe circolari di Creta, ritenute loro antecedenti;
(...) in Inghilterra, la struttura definitiva di Stonehenge, che
si riteneva fosse stata ispirata da maestranze micenee, fu completata
molto prima dell'inizio della civiltà micenea"(37). Insomma,
lo spostamento delle origini della nostra civiltà dall'oriente al
settentrione risulta perfettamente in linea con le più recenti acquisizioni
della scienza.
è altresì evidente che le precedenti considerazioni richiedono ulteriori
verifiche ed approfondimenti da parte degli specialisti nei vari
ambiti da esse toccati: noi preferiamo dunque considerarle un punto
di partenza, più che di arrivo, nella ricerca delle origini della
civiltà umana.
Note:
(1) F. Vinci, Omero nel Baltico, terza edizione, Palombi
Editori, Roma 2002 (una sintesi è apparsa su Episteme n. 2 - 21
dicembre 2000)
(2) L'origine nordica della civiltà micenea è stata proposta
da vari autorevoli studiosi, tra cui lo storico delle religioni
Martin P. Nilsson ed il filosofo Bertrand Russell
(3) In questo quadro si può inserire il fatto che l'età del
bronzo in Cina è iniziata nello stesso periodo, cioè tra il XVIII
ed il XVI secolo a.C.
(4) B.G. Tilak, La dimora artica nei Veda, Genova 1994
(5) Omero nel Baltico, p. 366 sgg.
(6) B.G. Tilak, Orione: a proposito dell'antichità dei Veda,
Genova 1991, p. 15 (premessa di G. Acerbi)
(7) Antichi popoli europei, a cura di O. Bucci, Roma 1993,
p. 56
(8) Ibid., p. 59
(9) Omero nel Baltico, p. 360 sgg. Anche l'articolazione
del primitivo calendario romano su dieci mesi (l'ultimo dei quali
era infatti chiamato December) potrebbe essere indizio di una provenienza
artica
(10) Per i dettagli sull'evoluzione del clima nel periodo
olocenico (così viene definita l'età post-glaciale), v. ad esempio:
M. Pinna, Climatologia, Torino 1977; F. Ortolani, Le variazioni
climatiche storiche, in Integralismo ambientale e informazione scientifica,
Atti della giornata di Studio AIN 2001, Roma 2001, p. 97 sgg.; Enciclopedia
Treccani, voce "Olocenico, periodo"
(11) Un altro periodo climaticamente favorevole, però assai
più breve dell'"optimum" preistorico e con temperature meno elevate,
si verificò per circa tre-quattro secoli a cavallo dell'anno 1000
della nostra èra, allorché i Vichinghi colonizzarono l'Islanda e
la Groenlandia (la "terra verde") e, proprio in virtù di tali condizioni
favorevoli, riuscirono a raggiungere le coste settentrionali del
continente americano. Addirittura, nel XII secolo è attestata una
diocesi cattolica, con un vescovo vichingo, sulla costa groenlandese
antistante il Labrador
(12) Gylfaginning, 51
(13) Nel suo Orione il Tilak dimostra che la primitiva civiltà
vedica si sviluppò nel "periodo orionico", allorché l'equinozio
di primavera approssimativamente corrispondeva alla costellazione
di Orione (4000-2500 a.C.). Adesso noi sappiamo quello che il Tilak
ignorava, cioè che quel periodo coincise proprio con la fase culminante
dell'optimum climatico. Ve ne rimane un ricordo anche nella mitologia
greca: infatti esso probabilmente s'identifica con la felice età
di Crono, il re dell'età dell'oro (poi soppiantato da Zeus, che
ha tutte le caratteristiche del "dio della tempesta" indoeuropeo)
(14) La posizione polare assunta dal Dragone a quell'epoca
- nel 2830 a.C. la stella Alpha Draconis, o Thuban, si trovava ad
appena 10' dal polo celeste (a titolo di confronto, attualmente
la Stella Polare ne dista 50') - lo fece assurgere ad emblema nonché
signore del cielo stellato notturno: ecco perché l'Apollo iperboreo,
ossia il principio solare (alias Ra, Thor, Michele, San Giorgio,
Maui, ecc.) al suo ritorno dalle tenebre solstiziali lo "uccideva"
a colpi di frecce (ossia con i suoi raggi). Riguardo all'Apollo
iperboreo, v. M. Duichin, Apollo, il dio sciamano venuto dal Nord,
in Abstracta n. 39, Luglio-Agosto 1989
(15) Od. X, 512-514. Notiamo che nel mondo di Ade Omero menziona
un particolare sacrificio (Odissea, XI, 131), presumibilmente antichissimo,
analogo al sautramani indù ed al suovetaurilia romano. D'altronde
tutto l'episodio è caratterizzato da aspetti che denotano un'estrema
arcaicità nonché, probabilmente, un sottofondo di tipo "sciamanico"
(v. Omero nel Baltico, p. 374 sgg.)
(16) Omero nel Baltico, p. 370
(17) Genesi 2, 11-14
(18) Le informazioni sulla Lapponia sono per la maggior parte
tratte dal libro Iter Lapponicum di Ada Grilli Bonini, Bergamo 2000
(19) v. sito http://www.urova.fi/home/kulta/eindex.htm
(20) A. Grilli Bonini, Iter Lapponicum, p. 277
(21) Il dott. Giuliano Bruni ci segnala che in sanscrito
"Sumeru" indica il polo artico (Monier-Williams, Sanskrit-English
Dictionary). Al riguardo, potrebbe essere significativo il fatto
che il Kojiki, testo sacro shintoista, chiami "Sumera" i primi imperatori
del Giappone (inoltre riporta diversi miti assimilabili a quelli
classici non solo per le vicende, ma anche per i nomi: ad esempio,
il "giapponese" Inaihi ha una serie di vicissitudini del tutto simili
a quelle del "greco" Inaco; per di più Inaihi ed Inaco hanno due
congiunti anch'essi pressoché omonimi: Mikenu e Micene, rispettivamente
fratello dell'uno e figlia dell'altro)
(22) Isaia 24, 1
(23) Od. X, 512
(24) Omero nel Baltico, p. 370 sgg. Notiamo altresì che il
nome di Ade, il signore dei morti omerico, sembra ricordare il biblico
Adamo e lo stesso Eden. D'altronde Ade, chiamato anche "Aidoneo"
da Omero, ha vari tratti in comune con Adone, che a sua volta è
legato al mondo sotterraneo nonché a un albero (in tale quadro,
ci sembrano meritevoli di attenzione anche i cosiddetti "giardini
di Adone" del mondo classico)
(25) MacCulloch, La religione degli antichi Celti, Vicenza
1998, p. 352
(26) Genesi 2, 8
(27) La stessa radice si ritrova in vocaboli omerici quali
"?????" (pisos, "luogo irrigato") e ????? (pidax, "sorgente"). Notiamo
che nomi dell'area "ligure" (i Liguri erano un'antica popolazione
probabilmente indoeuropea) quali Pisa, Savona e Levanto si ritrovano
pressoché inalterati nel mondo finnico: Pisa, Savonlinna, Levanto
(28) Genesi 4, 16
(29) Treccani, app. 2000, voce "Finlandia", tab. 2 (v. anche
sito http://www.kainuu.com/eng/)
(30) Omero nel Baltico, p. 262 sgg.
(31) Il. II, 745-746
(32) Se si ammette che il racconto del diluvio, diffuso fra
tanti popoli, possa avere un fondamento storico, il ritenere che
il monte della salvezza sia collocabile nella regione caucasica,
tra cime alte più di cinquemila metri, appare francamente assurdo!
è invece ragionevole supporre che esso abbia avuto un prototipo
altrove, ossia in un territorio pianeggiante, caratterizzato qua
e là da rilievi isolati e soggetto ad alluvioni, proprio come il
territorio della Lapponia
(33) I Maccabei 12, 20-23. Il concetto della comune origine
di Ebrei e Spartani è ribadito in II Maccabei 5,9. Sui non pochi
punti di contatto tra il mondo omerico e quello biblico ci soffermiamo
nel cap. XVIII di Omero nel Baltico. Qui aggiungiamo l'analogia
del sacrificio di Abramo descritto in Genesi 15, 9 con i presumibilmente
antichissimi riti che si ritrovano pressoché identici in Omero,
nella cultura indù e nel mondo romano arcaico (v. nota 15)
(34) v. capp. XIII e XVIII di Omero nel Baltico. Sottolineiamo
in particolare la straordinaria rassomiglianza tra il mito di Osiride,
fatto a pezzi, sparito, ritrovato, ricomposto e resuscitato, ed
una pressoché identica disavventura capitata all'eroe finnico Lemminkäinen
(runi XIV e XV del Kalevala): entrambi agevolmente spiegabili in
termini di metafora del ciclo annuo del sole nelle regioni artiche
(v. Omero nel Baltico, p. 279)
(35) The Origin of the Book of the Dead, in Ancient Egypt,
June 1926, citato dal de Rachewiltz ne Il libro dei morti degli
antichi egiziani, Milano 1958, pag. 8
(36) A tale concezione hanno probabilmente contribuito sia
l'antichità delle civiltà mesopotamiche, sia l'indicazione (fraintesa)
della Genesi riguardo alla localizzazione del giardino dell'Eden
"a oriente", nei pressi delle sorgenti del Tigri e dell'Eufrate
(37) C. Renfrew, L'Europa della preistoria, Bari 1996, p.
63
di Felice Vinci
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di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
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