Attraverso un percorso nella "memoria", ovvero la capacità di ricordare ed essere ricordati, il Colosseo accoglie ancora una volta fra i suoi archi una mostra dedicata alla figura dell'intel-lettuale nel mondo antico, legata all'immagine delle muse ispiratrici del pensiero umano
Dopo il "Rito Segreto", la soprintendenza archeologica
di Roma, nell'ambulacro interno dell'Anfiteatro Flavio, ha allestito
una nuova mostra, inaugurata il 18 marzo, dal titolo evocativo e
nostalgico, "Musa Pensosa", dedicata alla figura del pensatore
nel mondo antico e all'immagine delle Muse, legate all'intelletto
e alla creazione artistica. Come spiega il suo curatore, Angelo
Bottini, soprintendente per i beni archeologici di Roma, "la
mostra documenta la trasformazione delle muse nella personificazione
di una serie di pratiche sopratutto intellettuali, sia speculative
che artistico creative che coprono l'intero arco della cultura antica".
L'immagine dell'intellettuale nell'antichità, secondo il
suo curatore, è quella di una figura dedita alla riflessione
sul destino individuale ed è legata "alla ricerca di
un contatto diretto e salvifico con la divinità, alle radici
dell'attività intellettuale nella sua dimensione prevalentemente
collettiva".
Massimiliano Papini, uno dei curatori della mostra, spiega che "nel
mondo antico non esisteva la figura dell'intellettuale quale categoria
sociale definita, ma coloro che si dedicavano ad attività
dell'ingegno, come filosofi, oratori o poeti, godevano comunque
di un notevole prestigio, che creò l'esigenza stessa di immagini
adeguate al loro ruolo nella società". Attraverso l'ausilio
di decine di vasi attici, rilievi, affreschi e mosaici e più
di quaranta opere fra statue ritratti e sarcofagi in marmo, fra
cui la splendida statua della Musa Polimnia, "la Musa Pensosa",
la mostra approfondisce la tematica legata all'intellettuale, descrivendolo
secondo il modificarsi dei gusti e delle correnti filosofiche nel
tempo. Dall'immagine comune che rappresenta il pensatore come un
uomo con la barba, l'attributo del rotolo, il panneggio del mantello
sul torso nudo e la frequente posizione seduta, le scelte iconografiche
si modificano sulla base degli ideali di coloro che vengono rappresentati.
Valga ad esempio la rappresentazione che, in epoche successive,
si fece dell'immagine di Socrate, che venne ritratto come un Sileno
al fine di negare per lui la convenzione estetica del "buon
cittadino", quindi gradevole e ben accetta. Nel suo studio
"La fatica del Pensare: poeti e filosofi nell'arte greca"
(articolo presente nel catalogo della mostra) Paul Zanker pensa
che "nel mondo greco una derisione di questo tipo comportava
però anche la messa in dubbio delle qualità sociali
e morali di una persona: secondo l'ideologia della kalokagathia,
infatti, la virtù di un uomo e la sua origine nobile si manifestavano
proprio nella bellezza del corpo. Già il primo "ritratto"
di Socrate, nelle Nuvole di Aristofane (423 a.C.), si prende gioco
del suo aspetto: come i suoi discepoli, egli è un morto di
fame, sporco, pallido e smagrito a furia di sforzi e privazioni,
un uomo che trascura il proprio aspetto esteriore, si lascia crescere
i capelli, sta in giro per la città a piedi nudi squadrando
e fissando le persone con l'intenzione di mettere alla prova su
di esse le sue deleterie arti mentali". E' stato fatto notare
da tempo che la descrizione che nei secoli è stata fatta
di Socrate traeva origine da un giudizio perpretato sulle sue presunte
dottrine. In fasi successive l'immagine convenzionale del pensatore
assume sfumature e proprietà che come abbiamo detto caratterizzano
gli scopi e le proposizioni delle scuole di pensiero a cui il pensatore
stesso era riferito. Secondo Papini, ad esempio, "per i cinici,
contestatori per eccellenza, si scelsero immagini altrettanto provocatorie
e anticlassiche, presentandoli a piedi nudi, trasandati nel vestire
e nell'acconciatura. Gli epicurei preferirono invece descrivere
il raggiungimento della pace interiore e del "piacere",
ispirandosi a un ideale classico, mediante la cura del corpo e degli
abiti, la tranquillità e la rilassatezza delle pose compassate,
l'atteggiamento pacato del maestro che spiega. Per gli stoici si
enfatizzò invece la fatica del pensare, espressa mediante
la concentrazione del volto, in cui alla tensione intellettuale
rispondeva quella del corpo.". Con l'età imperiale romana
la figura del pensatore comincia ad assumere un ruolo di primo piano
anche nella vita pubblica e politica e non solo più relegata
alla vita privata. Ancora il Papini mostra come "fu
superata
la tradizionale discriminazione romana degli interessi culturali,
professati nel tempo libero (otium), ma negati in pubblico (negotium),
che aveva caratterizzato la società repubblicana e dei primi
due secoli dell'impero". "L'attività intellettuale
divenne dunque una qualità che ogni alto funzionario doveva
mostrare, quasi un simbolo di status. Il prestigio dell'intellettuale
era ormai tale che l'immagine dell'insegnante fu adottata dai cristiani
per ritrarre Cristo stesso. Sui sarcofagi sempre più spesso
anche le coppie di coniugi si facevano raffigurare come persone
colte, impegnate in dotte conversazioni come filosofi, oppure assimilate
rispettivamente ad un intellettuale e alla sua Musa". Da tutto
questo emerge come l'evoluzione comunicativa di questa figura si
chiarisca in più punti dell'esposizione e di come sia legata
fatalmente alle divinità che più di tutte si associano
alla comunicazione poetica, le Muse.
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Socrate |
Queste incantatrici, che Tacito chiamava "le dolci Muse", rappresentano la voce, la sonorità e la rottura del silenzio, sono coloro che, ancora secondo il grande storico latino, conducono "lontano dalle ansie e dagli affanni e dalla necessità di fare ogni giorno qualcosa contro voglia". La mostra, come si è detto, propone un viaggio attraverso la "memoria" che secondo le parole di Angelo Bottini, va intesa come capacità di ricordare e di essere ricordati. Personificata in Mnemosyne che il mito ne fa la madre di tutte le muse e allo stesso tempo anche figlie di Zeus. Sono dee che incarnano ogni ramo del sapere, dalla musica, all'ispirazione poetica e alla sapienza divina. E così nella mostra vengono presentate le nove figlie di Zeus, fra cui Calliope, la musa della poesia epica, una delle più famose, e nell'Antologia Palatina, IX, 505 gli antichi la celebrano così, "qui la parvenza dell'Arte rimira: Callìope ricevi nel cuore, come immagine dell'Arte". Calliope è la musa che si distingue per la bella voce (kalè, bella - òps, voce) ed è chiaramente collegata all'attività poetica. Si passa poi ad Euterpe ed Erato, protettrici della lirica monodica l'una, e corale l'altra, e ancora Tersicore (colei che diletta con la danza), la musa della danza che, ancora l'Antologia Palatina, IX, 505, descrive in questo modo, "no, non la vide, il pittore, Tersìcore: in grazia dell'arte illude gli occhi di una parvenza vera". Ma, ancora, Melpomene, quella della tragedia che si presenta nella sua tipologia iconografica con un lungo chitone teatrale e un mantello allacciato sulle spalle, forse una immagine derivata da quella dell'Apollo citaredo e rielaborata in età tardo-ellenistica. Talia fu invece la musa della commedia, e ancora Urania, la musa dell'astronomia per finire con Clio, la musa forse oggi a tutti noi più cara, la musa della storia. Clio, la celebratrice, come si legge ancora in Papini, "connota la gloria delle grandi imprese, che il poeta trasmette alle generazioni future: Diodoro Siculo che è così chiamata perché i poeti procurano grande gloria (klèos) a chi è lodato negli encomi. Clio è dunque la Musa che celebra chi si distingue in azioni della storia civile di una città e gli procura l'immortalità". Tuttavia, la mostra non dimentica, fra queste la più malinconica, come è rappresentata nella splendida statua risalente all'ultimo quarto del II secolo d.C., conservata nei Musei Capitolini, quella di Polymnia, che è raffigurata in atteggiamento sognante e pensoso, completamente avvolta nel suo mantello.
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La Musa Pensosa. Polimnia |
Polimnia è "la musa dai molti canti". E' la dea attraverso cui coloro che compongono inni e si distinguono nel canto poetico, raggiungono l'immortalità, ovvero, la possibilità di essere ricordati. La sua sfera di competenza al pari degli attributi, rimase a lungo indefinita e di solito le vengono assegnate la pantomima, la mimica o la danza. Secondo quanto scrive Massimiliano Papini, uno dei curatori della mostra del Colosseo, "talvolta è definita patrona della retorica, disciplina che specialmente nella seconda metà del II secolo d.C., nel clima culturale della Seconda Sofistica, finisce per rientrare fra le competenza musiche". Notevole, la "Polimnia" in mostra che è dei Musei Capitolini, ma proviene dal Museo della centrale Montemartini sulla via Ostiense, risalente all'ultimo quarto del II secolo d.C. che la rappresenta come una figura pensosa, appunto, sognante, con le braccia incrociate a chiudere e trattenere il manto con la mano velata di stoffa, piegata sul mento e vestita di un peplo "che ricade in pieghe profonde e pensanti che stringe in un ampio mantello", così come la descrive Monica Centanni, in un articolo presente nel catalogo della mostra. L'autrice spiega ancora che "la suggestiva postura iconografica, sopravvive in altre figure, di una imprevista vita postuma. La Musa riflessiva con la mano al volto rimanda ad una dimensione tutta particolare d'interiorità, assente nelle altre figlie di Mnemosyne: l'habitus riflessivo e il gesto della mano al volto sono già nell'iconografia antica formule del "pathos" dell'intellettuale. La Musa Pensosa passa per contagio la sua postura al poeta ispirato. Nell'iconografia antica il gesto di portare la mano al volto connota atteggiamenti d'introspezione, di chiusura riflessiva, di colloquio interiore. La follia che viene dalle muse non ispira distratta e svagata poesia, ma tormentata mania della sapienza". Polimnia è la "mousa philosophos", è riflessione tesa verso la sapienza che produce poesia. Ancora, come scrive la Centanni, "la figura e il gesto di Polimnia, la posa meditativa, la mano al volto, diventano i contrassegni della "seria" ispirazione poetica. Così il profilo della Musa Pensosa diventa l'icona dell'intellettuale e del poeta". Polimnia è anche la musa del silenzio che evita persino di dire il suo nome. "Forse Polimnia pensa quali parole dettare agli uomini che "vivono filosoficamente". E' malinconica in quanto sempre inadeguata, perennemente inappagata, è la follia che la musa philosophos ispira ai poeti".
di Cristiana Conti
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