La civiltà etrusca, malgrado le ricerche, gli studi, le
campagne di scavo effettuate, riesce ancora a nascondere segreti
e misteri, e queste antiche ombre contribuiscono a renderla particolarmente
affascinante ed intrigante.
Uno degli interrogativi che più frequentemente gli studiosi
di cose etrusche si pongono è dove si trovasse veramente
il cosiddetto "Fanum Voltumnae", cioè "il
santuario del dio Voltumna" ( da fanum = tempio, santuario,
luogo sacro).
In realtà, Voltumna non compare tra le divinità del
pantheon etrusco: è documentato "solo da testimonianze
letterarie ed epigrafiche latine" (1), anche se il suo
nome è riconducibile all'etrusco vel?a, e "può
essere riconosciuto... in quello del mostro Volta che danneggiava
la campagna volsiniese e che fu sgominato da Porsenna attraverso
l'invocazione di un fulmine (Plin. n.h. 2, 54)" (ibid.). Allo
stato attuale degli studi, un Veltune risulta in una "unica
attestazione etrusca giunta fino a noi, sul celebre specchio di
IV sec. a. C. da Tuscania" (2), in cui è raffigurato
come un giovane barbato con una lancia. Sulla base dell'affermazione
di Varrone (L.L. 5, 46), che lo definisce "deus Etruriae princeps",
Voltumna è stato assimilato a Tinia, il dio supremo degli
Etruschi, equivalente al Giove latino: "ritengo che dietro
la forma latinizzata Voltumna sia da ricercarsi un epiteto, una
qualificazione (di tipo funzionale, gentilizio o altro) del Tinia
volsiniese" (3).
Un'altra interpretazione delle parole di Varrone ne fa il primo
dio etrusco introdotto a Roma: l'antica statua del dio sarebbe stata
posta nella città quando vi si acquartierò "il
contingente etrusco venuto in aiuto a Romolo nella guerra contro
i Sabini" (4).
Attestato nelle fonti latine anche come Vortumnus o Vertumnus, originariamente
"Voltumna avrebbe personificato la potenza e la violenza eruttiva
del grande apparato Volsinio, che dette anche origine alla nota
leggenda del mostro Volta..; successivamente venne considerato quale
dio dell'agricoltura, dispensatore di buoni frutti, protettore dei
fiori e delle coltivazioni, prudente regolatore delle stagioni"
(5). Infatti i latini avrebbero messo in relazione il suo
nome con il verbo vertere, cioè mutare, trasformarsi, e quindi,
con la capacità di variare sempre aspetto, rappresentando
il cambiamento, il succedersi sempre uguale e sempre diverso delle
stagioni, il fluire della vita.
Voltumna rivelava inoltre un'aspetto ctonio: "Il dio era espressione
della propaganda ideologica delle grandi gentes manifestata attraverso
l'aruspicina, del quale il fondatore o comunque il protettore deve
intendersi proprio lui. La sua iconografia, collegata al mondo agrario
e del commercio, mostra un personaggio giovane e imberbe, di aspetto
eroico e guerriero, che offre i frutti della terra e può
scagliare fulmini o trasformarsi " (6).
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Specchio etrusco da Tuscania con un "aruspice" che esamina un fegato per trarre auspici per il futuro; sulla destra il dio Veltune (da: Keller W., "La civiltà etrusca" Milano 1981). |
Sua compagna era Nortia, una dea assimilata alla Fortuna romana,
più volte nominata dalle fonti come divinità prettamente
volsiniese (7). Ella aveva un tempio a Volsinii nel quale,
in suo onore, si svolgeva una singolare cerimonia: ogni anno il
sommo sacerdote, per computare il tempo trascorso dall'inizio della
storia etrusca, infiggeva un chiodo di ferro nel muro o su di un
palo di legno: Tito Livio (7,3,7) riporta che secondo lo storico
Cincio, "a Volsinii nel tempio della dea etrusca Nortia si
possono ancora vedere dei chiodi piantati per indicare il numero
degli anni..." (8).
Voltumna era in particolare il protettore della confederazione etrusca
delle 12 città, ed in questa veste era venerato nel suo santuario
presso Volsinii, il Fanum Voltumnae appunto (9); infatti,
analogamente a quanto era avvenuto in Ionia, anche in Etruria le
città più importanti si erano confederate in una lega
(10). Mario Torelli ritiene di identificare le 12 città,
facenti parte della confederazione nei secoli VII-VI a.C., in: Arretium,
Caere, Clusium, Cortona, Faesulae, Perusia, Tarquinii, Veii, Vetulonia,
Volaterrae, Volsinii, e Vulci (11).
Livio, pur nominando più volte il Fanum, non ne fornisce
l'esatta ubicazione: "Così, le due città, inviati
gli ambasciatori ai dodici popoli chiedendo che fosse indetto un
concilio di tutta l'Etruria presso il Fanum Voltumnae...";
"Le assemblee per stabilire se muovere guerra si tennero presso
Volsci ed Equi e in Etruria, presso il Fanum Voltumnae...";
"essendosi tenuto un grande raduno degli Etruschi presso il
Fanum Voltumnae..."(12).
Presso il Santuario di Voltumna si svolgeva "ogni primavera,
il congresso federale delle 12 città etrusche (mentre la
convocazione straordinaria poteva avvenire in qualunque altra epoca
dell'anno per gravi ed urgenti motivi di carattere nazionale). Oltre
ai capi dei 12 popoli, potevano partecipare alla riunione anche
le delegazioni delle città costituenti il <Tuscum Nomen>,
per esporvi le proprie particolari necessità. Il congresso
prendeva prima in esame gli affari comuni di carattere generale,
e quelli di politica estera,deliberava la pace e la guerra
Le
celebrazioni sacre, che costituivano la festività nazionale
del popolo etrusco, si protraeva per 20 giorni, dei quali 12 erano
dedicati agli dei, che venivano venerati con grandi festeggiamenti,
giochi atletici e spettacoli gladiatori; 5 alle questioni di politica
interna e 3 ai problemi di politica estera...Durante il periodo
delle festività
erano effettuati grandi mercati e fiere
Nel tempio di Voltumna veniva affermata l'unità della nazione...
della lingua, e, soprattutto, della comune fede religiosa
Il FANUM VOLTUMNAE, espressione viva dell'unione e della fede del
popolo etrusco, non cessò mai, anche dopo la conquista romana,
di rappresentare il 'cuore' dell'Etruria..."(13).
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La dodecapoli etrusca (da: www.mysteriousetruscans.com/cities). |
Oltre agli edifici propriamente sacri, nel Fanum dovevano però
trovare posto anche strutture diverse:
"L'importanza della divinità e la grande rilevanza politico-religiosa
delle riunioni periodiche rendevano indispensabile il ricorso ad
una realtà architettonica di grande impegno e articolazione:
al Fanum si recavano annualmente i rappresentanti religiosi e politici
di tutte le città dell'Etruria, ovviamente fermandosi per
un periodo più o meno lungo di tempo, durante il quale si
svolgevano riunioni, riti, giuochi e manifestazioni di vario tipo,
di carattere anche politico, ma accomunate da una valenza sacra:
al tempio vero e proprio dovevano pertanto affiancarsi strutture
specifiche e certamente strutture per l'accoglienza e il mantenimento
degli ospiti... la stessa definizione del fanum (luogo consacrato,
recinto sacro), mette in evidenza una realtà diversa dal
semplice templum, ponendosi come sorta di area specializzata. "
(14).
Molto si è discusso su quale fosse il luogo in cui sorgeva
un santuario così rilevante, e di volta in volta sono state
proposte ipotesi diverse per la sua ubicazione.
Il domenicano Annio da Viterbo poneva nella sua stessa città
la sede del Fanum.
G. Dennis, ed altri con lui, ritennero di identificare il Fanum
Voltumnae sul colle ove ora sorge Montefiascone, che vanta una posizione
eccezionale, innalzandosi sopra i dintorni ed essendo visibile da
lontano (spesso i templi erano edificati sulla cima di un monte).
U. Panucci invece scrive che, seguendo una tradizione plurisecolare,
gli abitanti della regione castrense hanno sempre identificato la
sede del Santuario con il "pianoro di Monte Becco (quota 556
nei pressi del lago di Mezzano)... Vetulonia, Ruselle,
Volsinii,
i pagi dell'agro viterbese, Tarquinia, Tuscania, Vulci potevano
fissare là, sul sacro colle, i loro sguardi supplici al nume
tutelare Voltumna
Il Fanum doveva certamente costituire un
complesso grandioso di opere: il tempio monumentale del dio nazionale,
la residenza del collegio dei sacerdoti, gli alloggi per ospitare
i dodici lucumoni rappresentanti i 12 Popoli di Etruria e gli inviati
speciali delle varie città. Nella grande piazza antistante
dovevano sorgere costruzioni stabili, i provvisori baraccamenti
per l'esposizione e la vendita delle merci, ed ogni altra attrezzatura
per soddisfare i bisogni e le necessità dei pellegrini e
dei mercanti..." (15).
In realtà, nei dintorni di Monte Becco è difficile
immaginare che tutte le strutture descritte potessero esistere al
tempo degli Etruschi: non ci sono tracce di edifici notevoli, nè
grandi strade che in tempi antichi passassero di là. Per
quale ragione i rappresentanti delle 12 nazioni avrebbero dovuto
riunirsi proprio in quel posto remoto e difficilmente raggiungibile?
Attualmente il luogo più accreditato quale sede del Fanum
Voltumnae è Orvieto: già nel XIX° secolo, quando
vi si scavò il tempio del Belvedere, esso fu subito identificato
come il "tempio di Nortia". Naturalmente, il sito del
Santuario non sarebbe l'area della città, arroccata su un
pianoro roccioso, ma un'ampia zona sottostante, ad Ovest, chiamato
Campo della Fiera, in quanto per secoli luogo di svolgimento di
mercati e fiere, che proseguirebbero i giochi e le riunioni di millenni
fa. In questa zona, attualmente, sono in corso scavi a cura dell'Università
degli Studi di Macerata, che hanno già riportato alla luce
strutture e reperti datati a partire dal VI secolo a.C.; ancora,
però, nessun ritrovamento, a livello archeologico, epigrafico,
religioso, che associ definitivamente quel sito al Fanum Voltumnae.
Un'altra ipotesi piuttosto recente suggerisce che il Santuario Federale
degli Etruschi si trovasse presso la "Civita" di Grotte
di Castro: infatti, nella pianura intorno alla chiesa di San Giovanni
in Val di Lago, sulla costa del lago di Bolsena, "sino al 1799...
ogni anno il 24 giugno... aveva luogo una antica e rinomata fiera,
frequentata anche dagli abitanti limitrofi della bassa Toscana e
dell´Umbria" (16). Anche in questo caso non ci
sono prove archeologiche conclusive; nel testo, però, gli
autori richiamano l´attenzione su un punto molto importante:
un tempio nazionale avrebbe dovuto offrire a ciascuno dei 12 popoli
Etruschi una garanzia di neutralità, fattore importantissimo
per il sereno svolgimento di una riunione di sommo interesse politico-militare,
e questa neutralità non era affatto garantita sotto la rupe
di Orvieto.
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Il lago di Bolsena e l'isola Bisentina visti da Montefiascone (foto di U. Richter). |
Così, cè ancora spazio per fare delle altre riflessioni.
Orvieto, l'Urbs Vetus del medioevo, è identificata dagli
studiosi con l'etrusca Velzna, la Volsinii latina, conquistata dai
Romani nel 264 a. C.: in tale occasione la maggior parte della popolazione
della città fu deportata, e si diede vita ad un nuovo insediamento,
Volsinii Novi, l'attuale Bolsena, presso il lago omonimo. Le più
antiche fonti che nominano Volsinii e narrano le sue vicende, Livio,
Plinio, Floro, Orosio, Metrodoro di Scepsi, pur essendo tutte posteriori
al II secolo a.C., parlano chiaramente della antica Volsinii, ma
non la mettono mai in relazione con il Fanum Voltumnae.
"E' solo un documento molto più tardivo che permette
di situare a Volsinii - od almeno in territorio volsiniese - il
fanum Voltumnae. Si tratta del cosiddetto "Rescritto di Spello",
emesso da Costantino, fra il 333 e il 337 d.C., per autorizzare
gli Umbri a celebrare la propria festa annuale, senza essere ormai
associati contro la loro volontà a quella degli Etruschi.
Apprendiamo in questa occasione che la festa degli Etruschi - che
deve restare immutata - si svolgeva aput Volsinios, che comprendeva
dei ludi scenici e dei combattimenti di gladiatori, nonchè
l'elezione di un sacerdos federale... Questi elementi ricordano
quello che sappiamo sull'antica riunione ad fanum Voltumnae... Possiamo
dunque ammettere che la festa annuale dell'epoca imperiale continuava
quella che doveva accompagnare, all'epoca dell'Etruria indipendente,
le riunioni del concilium principum Etruriae... "(17).
Essendo il documento del IV secolo d..C., appare ovvio che l'indicazione
geografica si riferisca a Volsinii Novi, Bolsena, e non alla città
distrutta dai Romani oltre cinque secoli prima
Ma quali requisiti avrebbe dovuto avere il centro religioso dei
12 popoli etruschi?
Per prima cosa la sua collocazione, in un luogo abitato dagli Etruschi
sin dal periodo arcaico e con
uno stretto legame con le loro tradizioni religiose; quindi, offrire
una sicura neutralità; non essere facilmente accessibile
da parte di persone indesiderate o ostili; essere situato in un
luogo in qualche modo straordinario, particolarmente "visibile",
sulla cima di una collina o su di un'isola; avere nei suoi pressi
un ampio spazio per ospitare le riunioni di molti pellegrini per
varie settimane.
Nel territorio volsiniese ci sarebbe un luogo che possiede i requisiti,
appena elencati, l'area del lago di Bolsena, che Plinio definisce
lacum Volsiniensem, come sarà poi chiamato anche da Vitruvio,
Frontino, Columella (18).
Nel lago ci sono due isole, la Bisentina e la Martana, ma quest'ultima,
la più piccola, nel periodo etrusco arcaico, quando il livello
del lago era di 8 metri inferiore all'attuale, era collegata alla
costa; quindi gli Etruschi, giungendo sulle rive del lago, videro
una sola isola, la Bisentina, che fu così chiamata dalla
vicina Visentium.
L'isola era già frequentata dall'età del bronzo, come
si evince dalla piroga rinvenuta presso le sue coste, datata, sulla
base del carbonio 14, al X secolo a.C.; inoltre, presso Punta Zingara
è stato ritrovato un relitto "Carico di laterizi (tegole
e coppi) in terracotta e di conci tufacei. Databile in epoca etrusca
arcaica" (19).
La Bisentina era forse l'isola sacra degli Etruschi, il cuore non
solo in senso geografico, ma soprattutto della religiosità
e del sentimento della comune appartenenza al popolo etrusco, il
luogo ideale per il santuario e l'incontro dei 12 lucumones.
L'area del lago di Bolsena soddisfa le diverse peculiarità
confacenti ad un Santuario federale etrusco.
Le più antiche vestigia di quella civiltà sono state
rinvenute nei suoi pressi, nella zona sud occidentale, dove sorgeva
la più importante città del periodo arcaico, Tarquinia,
depositaria, secondo la leggenda, dei fondamenti della religione
etrusca (20).
Un Santuario posto su di un'isola situata non nel mare, dove i nemici
avrebbero potuto raggiungerla, ma in un grande lago al centro del
loro territorio (gli Etruschi erano dei grandi navigatori, e per
loro sarebbe stato ovvio scegliere un'isola per il loro Fanum) avrebbe,
in più, assicurato la neutralità.
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Lago di Bolsena con l´isola Bisentina, il sito di Visentium, e il Lagaccione (in verde: necropoli etrusche) (da: Panucci, Bisenzo, Tavola I ) |
Un'isola, infatti, è un luogo accessibile solo a persone
speciali, i sacerdoti, i Re delle 12 città, con il loro ristretto
entourage, un piccolo manipolo di armati, per proteggerli durante
gli incontri religiosi e politici (in molte parti del mondo esistono
"isole sacre", dove, per gli stessi motivi popoli diversi
hanno deciso di erigere il loro santuario principale: gli Egiziani
a Philae; i Greci a Delo; i Germani a Helgoland nel Mare del Nord
e nell'isola della dea Nerto, nel Baltico; i Celti a Gavrinis, presso
le coste bretoni in Francia, a Iona in Scozia, ecc).
La stragrande maggioranza delle persone che partecipava all'assemblea
non poteva certo accedere al Santuario, ma poteva incontrarsi nell'area
costiera vicino l'isola, dove, in una città, sarebbe stato
facile soddisfare le necessità di nutrirsi, bere, trovare
alloggio.
Sulla costa del lago di Bolsena, di fronte all'isola Bisentina,
sorgeva l'importante città etrusca di Visentium, considerata
da Massimo Pallottino fra le località etrusche più
antiche, presso la quale, tra l'altro, sono state ritrovate numerose
dediche alla dea Nortia (21). Visentium, dalle cui necropoli
provengono straordinari corredi (ora al Museo Nazionale Etrusco
di Villa Giulia di Roma), testimoni della eccezionali capacità
tecniche e artistiche degli artigiani locali, "conosce un precoce
apogeo nell'VIII e VII secolo..." (22).
Vicino ad essa, ci sono aree e spiagge dove la gente avrebbe avuto
abbastanza spazio per i "sacri ludi", e da dove avrebbe
sempre potuto vedere il santuario sull'isola, come simbolo della
divinità venerata. Una sede appropriata per le corse dei
cavalli potrebbe essere stata la depressione ovale di Lagaccione,
un piccolo cratere vulcanico delle dimensioni di 750 x 1000 metri,
una sorta di modello ideale di un grande stadio: sedute sul naturale
pendio del cratere, molte migliaia di persone avrebbero potuto assistere
a corse di carri e cavalli sul terreno dell'ovale (23).
E' notorio che solitamente i Cristiani costruirono le loro chiese
sui luoghi dove in precedenza sorgevano templi pagani. Sull'isola
Bisentina ci sono 8 costruzioni, fra chiese e cappelle: forse al
di sotto di una di esse, magari quella sul punto più alto
dell'isola, il Monte Tabor (56 m al di sopra del livello del lago),
c'era precedentemente il tempio della dea Nortia (24).
Quanto alle assemblee dei 12 lucumones, esse dovevano aver luogo
in un posto speciale, forse in una grotta sotterranea.
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La Malta dell'isola Bisentina (da: Menghini A., Menghini F.-Isola bisentina..., p. 106, ritoccata da U. Richter). |
All'incirca al centro dell'isola Bisentina, si trova un sito straordinario,
la cosiddetta Malta, chiamata in tale modo perchè malta vuol
dire "fango", ed era quindi un nome adattissimo per designare
un
luogo umido e scuro, usato durante il medioevo come prigione.
Si tratta di un'ampia camera circolare, di circa 6 metri di diametro
per 6 di altezza, in comunicazione
con l'esterno attraverso un corridoio di circa m.1,60 di altezza
per m.1,50 di larghezza; al centro della camera c'è una circonferenza
fatta di mattoni che delimita un pozzo ora ricolmo, con diametro
di 1,6 m; in corrispondenza a quello, dal centro della volta parte
verso l'alto un lungo condotto circolare che sbocca in superficie,
in un bosco (25). La perfetta circolarità del condotto,
in tutta la sua lunghezza di venti metri, mostra che esso era stato
fatto per uno scopo sacro speciale, e non per portare aria in una
prigione sotterranea.
Forse la costruzione era un mundus, che consentiva ai 12 lucumoni,
seduti intorno, di entrare in comunicazione con il cielo e con le
forze ctonie durante le loro cerimonie religiose e riunioni, così
da prendere decisioni e deliberazioni in accordo con la volontà
degli dei (invero, in tutte le città etrusche c'era un mundus,
imposto dalla legge religiosa come collegamento con il mondo sotterraneo).
Una indagine nel pozzo potrebbe probabilmente fare qualche chiarezza.
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La volta della Malta, e il condotto perfettamente circolare,
che, dopo un percorso di 20 metri, raggiunge la superficie (da: Menghini A., Menghini F. - Isola bisentina... p.88). |
A Roma, presso il Tempio di Saturno ed il Comizio, c'era un sacellum
identificato come mundus, che costituiva anche il nucleo, il centro,
l'omphalos della città (26).
Plutarco, nella Vita Romuli, racconta che Romolo, accingendosi a
fondare la sua città sul Palatino, mandò a chiamare
dei sacerdoti dall'Etruria, perchè lo guidassero nella cerimonia
con i sacri riti e le regole religiose previste: scavarono un profondo
fosso rotondo, ed ogni uomo della comunità gettò solennemente
in esso le primizie ed un pugno di terra del luogo di provenienza,
che così si mescolarono insieme a dare il senso della formazione
di una nuova comunità.
Se, analogamente al mundus di Roma, il pozzo dell'isola Bisentina
avesse accolto la terra ed i prodotti agricoli dei dodici popoli
d'Etruria, Voltumna/Veltune potrebbe allora connotarsi come il Dio
delle comuni radici etrusche.
Note:
1) Cristofani M., Voltumna:Vertumnus, in: AnnMuseoFaina,
2, 1985, pp. 75-76. "C'è un antico racconto etrusco,
secondo cui un fulmine fu ottenuto quando un mostro, chiamato Volta,
si avvicinava alla città di Bolsena dopo aver devastato le
campagne; a propiziare l'evento fu il re Porsenna." (Plinio,
II, 54).
2) Colonna G., Volsinii e la Val di Lago, in : AnnMuseoFaina,
6, 1999, pp. 11-12.
3) Roncalli F., I santuari dei duodecim populi, in: AnnMuseoFaina,
2, 1985, p. 73.
4) Capdeville G., Voltumna ed altri culti del territorio
volsiniese, in: AnnMuseoFaina, 6,1999, p. 116.
5) Panucci U., Bisenzo e le antiche civiltà intorno
al lago di Bolsena, Grotte di Castro, 1970, p.133. Il Lago di Bolsena
ora occupa il cratere spento del cosiddetto "grande apparato
Volsinio".
6) Bruschetti P., Indagini sullo scavo a Campo della Fiera
presso Orvieto, in:AnnMuseoFaina, 6, 1999, pp.163-64.
7) La nominano Censorino, Tertulliano, Varrone, Giovenale,
iscrizioni e dediche riportate nel CIL (vedi : Capdeville G, op.
cit, pp. 130-135).
8) Questo rituale era presente anche a Roma: infatti, nel
tempio capitolino, dove si venerava la triade Giove Giunone e Minerva,
il 13 settembre si procedeva alla " infissione di un chiodo,
da parte di un officiante che prendeva il nome di <Dictator clavi
figendi causa>, nella parte destra del tempio, presso la cella
di Minerva. Tale chiodo, nell'ambito magico-religioso della cerimonia,
doveva probabilmente impedire, immobilizzandolo, che un evento rovinoso
(carestia, epidemie, inondazioni, ecc.) potesse scatenarsi a danno
della comunità; successivamente i chiodi infissi divennero
semplicemente un sistema di computo del tempo". Monte L., Settembre,
su: Il Giornale d'Italia del 22/9/1986.
9) Il Fanum Voltumnae "costituiva il più importante
santuario della nazione etrusca ed era la sede centrale
della confederazione dei 12 popoli" (Panucci U. , op. cit.,
p. 130).
10) Livio asserisce che presso gli Etruschi a capo dei dodici
popoli veniva eletto un re (I, 8,2); Servio parla di dodici lucumoni
o re, uno dei quali era a capo degli altri (Ad Aen, VIII, 475.).
11) Torelli M., I duodecim populi Etruriae, in: AnnMuseoFaina,
6, 1999, p. 49.
12) Livio, IV, 23; IV, 25; IV 61; ed ancora Livio, V, 17
e VI, 2. In base agli eventi citati, questi brani vengono rispettivamente
associati agli anni 434, 433, 405, 397, 389 a.C.
13) Panucci U., op. cit., pp. 132-133.
14) Bruschetti, op. cit., pp.164.
15) Panucci U., op. cit., p. 130.
16) T. Pelosi, F. Fortunati - Ipotesi sul "Fanum Voltumnae",
Grotte di Castro, 1998, p. 28.
17) Capdeville G., op. cit, pp. 114-115.
18) vedi: Panucci U., op.cit., p. 34. Plinio, dopo aver parlato
di due isolette "sul grande lago italico di Tarquinia",
in Tarquiniensi lacu magno Italiae (N.H. II, 96), definisce il lago
"Volsiniese"( XXXVI, 22).
19) Tamburini P., Un museo e il suo territorio, Il Museo
Territoriale del Lago di Bolsena 1, Bolsena,1998, p.36. Il relitto
di Punta Zingara ed il suo carico testimoniano la frequentazione
dell'isola, sin da epoca arcaica, da parte degli Etruschi, che vi
trasportavano materiale da costruzione (per edifici sacri?).
20) Cicerone (De Divinatione II, 23,38) racconta che in un
campo presso il fiume Marta, l'unico emissario del lago di Bolsena,
un giorno spuntò dalla terra il dio Tagete che donò
a Tarconte (che le fonti considerano il figlio di Tirreno, il fondatore
delle dodici città dell´Etruria) i Libri con i fondamenti
della religione di quel popolo.
21) Bolsena I, Guida agli scavi, Roma, 1981 p.12. Presso
Bisenzo, ad esempio, è stato rinvenuto un cippo lapideo ottagonale
con una incisione: "Minervae Nortinae Sacr. Laebutius LF.Sab.
Saturnanus".(Panucci U., op. cit., p. 247).
22) Colonna G., op. cit., p. 19. La sua fioritura si sviluppa
molto prima di quella di Orvieto, datata intorno al VI sec. a.C.,
epoca abbastanza tarda per porsi come luogo ospitante il Fanum Voltumnae.
23) Gli Etruschi portarono le corse dei cavalli anche a Roma:
Tarquinio Prisco scelse il sito per il Circo Massimo e ideò
i Ludi Romani (Livio I, 35, 9).
24) Data la posizione sulla scogliera, sarebbe stato facile
gettare tutto l'equipaggiamento del culto giù nel lago durante
l'abbandono del luogo, per evitare la profanazione ed il saccheggio
da parte dei Romani. Sarebbe interessante fare delle esplorazioni
subacquee in quella zona.
25) vedi: Menghini A., Menghini Di Biagio F - Isola bisentina,
Giardino sacro e profano, Perugia, 2000.
26) vedi: Coarelli F., Il Foro Romano - Il periodo Arcaico,
Roma, 1983.
di Ulf Richter e Luana Monte
luana.monte@virgilio.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
di Lionel Casson
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