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29 Marzo 2006 MISTERO
Ulf Richter e Luana Monte
Il Fanum Voltumnae, misterioso "cuore" dell´antica Etruria
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La civiltà etrusca, malgrado le ricerche, gli studi, le campagne di scavo effettuate, riesce ancora a nascondere segreti e misteri, e queste antiche ombre contribuiscono a renderla particolarmente affascinante ed intrigante.
Uno degli interrogativi che più frequentemente gli studiosi di cose etrusche si pongono è dove si trovasse veramente il cosiddetto "Fanum Voltumnae", cioè "il santuario del dio Voltumna" ( da fanum = tempio, santuario, luogo sacro).
In realtà, Voltumna non compare tra le divinità del pantheon etrusco: è documentato "solo da testimonianze letterarie ed epigrafiche latine" (1), anche se il suo nome è riconducibile all'etrusco vel?a, e "può essere riconosciuto... in quello del mostro Volta che danneggiava la campagna volsiniese e che fu sgominato da Porsenna attraverso l'invocazione di un fulmine (Plin. n.h. 2, 54)" (ibid.). Allo stato attuale degli studi, un Veltune risulta in una "unica attestazione etrusca giunta fino a noi, sul celebre specchio di IV sec. a. C. da Tuscania" (2), in cui è raffigurato come un giovane barbato con una lancia. Sulla base dell'affermazione di Varrone (L.L. 5, 46), che lo definisce "deus Etruriae princeps", Voltumna è stato assimilato a Tinia, il dio supremo degli Etruschi, equivalente al Giove latino: "ritengo che dietro la forma latinizzata Voltumna sia da ricercarsi un epiteto, una qualificazione (di tipo funzionale, gentilizio o altro) del Tinia volsiniese" (3).
Un'altra interpretazione delle parole di Varrone ne fa il primo dio etrusco introdotto a Roma: l'antica statua del dio sarebbe stata posta nella città quando vi si acquartierò "il contingente etrusco venuto in aiuto a Romolo nella guerra contro i Sabini" (4).
Attestato nelle fonti latine anche come Vortumnus o Vertumnus, originariamente "Voltumna avrebbe personificato la potenza e la violenza eruttiva del grande apparato Volsinio, che dette anche origine alla nota leggenda del mostro Volta..; successivamente venne considerato quale dio dell'agricoltura, dispensatore di buoni frutti, protettore dei fiori e delle coltivazioni, prudente regolatore delle stagioni" (5). Infatti i latini avrebbero messo in relazione il suo nome con il verbo vertere, cioè mutare, trasformarsi, e quindi, con la capacità di variare sempre aspetto, rappresentando il cambiamento, il succedersi sempre uguale e sempre diverso delle stagioni, il fluire della vita.
Voltumna rivelava inoltre un'aspetto ctonio: "Il dio era espressione della propaganda ideologica delle grandi gentes manifestata attraverso l'aruspicina, del quale il fondatore o comunque il protettore deve intendersi proprio lui. La sua iconografia, collegata al mondo agrario e del commercio, mostra un personaggio giovane e imberbe, di aspetto eroico e guerriero, che offre i frutti della terra e può scagliare fulmini o trasformarsi " (6).

 Specchio etrusco da Tuscania con un "aruspice" che esamina un fegato per trarre auspici per il futuro; sulla destra il dio Veltune (da: Keller W., "La civiltà etrusca" Milano 1981).

Sua compagna era Nortia, una dea assimilata alla Fortuna romana, più volte nominata dalle fonti come divinità prettamente volsiniese (7). Ella aveva un tempio a Volsinii nel quale, in suo onore, si svolgeva una singolare cerimonia: ogni anno il sommo sacerdote, per computare il tempo trascorso dall'inizio della storia etrusca, infiggeva un chiodo di ferro nel muro o su di un palo di legno: Tito Livio (7,3,7) riporta che secondo lo storico Cincio, "a Volsinii nel tempio della dea etrusca Nortia si possono ancora vedere dei chiodi piantati per indicare il numero degli anni..." (8).
Voltumna era in particolare il protettore della confederazione etrusca delle 12 città, ed in questa veste era venerato nel suo santuario presso Volsinii, il Fanum Voltumnae appunto (9); infatti, analogamente a quanto era avvenuto in Ionia, anche in Etruria le città più importanti si erano confederate in una lega (10). Mario Torelli ritiene di identificare le 12 città, facenti parte della confederazione nei secoli VII-VI a.C., in: Arretium, Caere, Clusium, Cortona, Faesulae, Perusia, Tarquinii, Veii, Vetulonia, Volaterrae, Volsinii, e Vulci (11).

Livio, pur nominando più volte il Fanum, non ne fornisce l'esatta ubicazione: "Così, le due città, inviati gli ambasciatori ai dodici popoli chiedendo che fosse indetto un concilio di tutta l'Etruria presso il Fanum Voltumnae..."; "Le assemblee per stabilire se muovere guerra si tennero presso Volsci ed Equi e in Etruria, presso il Fanum Voltumnae..."; "essendosi tenuto un grande raduno degli Etruschi presso il Fanum Voltumnae..."(12).
Presso il Santuario di Voltumna si svolgeva "ogni primavera, il congresso federale delle 12 città etrusche (mentre la convocazione straordinaria poteva avvenire in qualunque altra epoca dell'anno per gravi ed urgenti motivi di carattere nazionale). Oltre ai capi dei 12 popoli, potevano partecipare alla riunione anche le delegazioni delle città costituenti il <Tuscum Nomen>, per esporvi le proprie particolari necessità. Il congresso prendeva prima in esame gli affari comuni di carattere generale, e quelli di politica estera,deliberava la pace e la guerra…Le celebrazioni sacre, che costituivano la festività nazionale del popolo etrusco, si protraeva per 20 giorni, dei quali 12 erano dedicati agli dei, che venivano venerati con grandi festeggiamenti, giochi atletici e spettacoli gladiatori; 5 alle questioni di politica interna e 3 ai problemi di politica estera...Durante il periodo delle festività …erano effettuati grandi mercati e fiere… Nel tempio di Voltumna veniva affermata l'unità della nazione... della lingua, e, soprattutto, della comune fede religiosa… Il FANUM VOLTUMNAE, espressione viva dell'unione e della fede del popolo etrusco, non cessò mai, anche dopo la conquista romana, di rappresentare il 'cuore' dell'Etruria..."(13).

 La dodecapoli etrusca
(da: www.mysteriousetruscans.com/cities).

Oltre agli edifici propriamente sacri, nel Fanum dovevano però trovare posto anche strutture diverse:
"L'importanza della divinità e la grande rilevanza politico-religiosa delle riunioni periodiche rendevano indispensabile il ricorso ad una realtà architettonica di grande impegno e articolazione: al Fanum si recavano annualmente i rappresentanti religiosi e politici di tutte le città dell'Etruria, ovviamente fermandosi per un periodo più o meno lungo di tempo, durante il quale si svolgevano riunioni, riti, giuochi e manifestazioni di vario tipo, di carattere anche politico, ma accomunate da una valenza sacra: al tempio vero e proprio dovevano pertanto affiancarsi strutture specifiche e certamente strutture per l'accoglienza e il mantenimento degli ospiti... la stessa definizione del fanum (luogo consacrato, recinto sacro), mette in evidenza una realtà diversa dal semplice templum, ponendosi come sorta di area specializzata. " (14).
Molto si è discusso su quale fosse il luogo in cui sorgeva un santuario così rilevante, e di volta in volta sono state proposte ipotesi diverse per la sua ubicazione.
Il domenicano Annio da Viterbo poneva nella sua stessa città la sede del Fanum.
G. Dennis, ed altri con lui, ritennero di identificare il Fanum Voltumnae sul colle ove ora sorge Montefiascone, che vanta una posizione eccezionale, innalzandosi sopra i dintorni ed essendo visibile da lontano (spesso i templi erano edificati sulla cima di un monte).
U. Panucci invece scrive che, seguendo una tradizione plurisecolare, gli abitanti della regione castrense hanno sempre identificato la sede del Santuario con il "pianoro di Monte Becco (quota 556 nei pressi del lago di Mezzano)... Vetulonia, Ruselle,…Volsinii, i pagi dell'agro viterbese, Tarquinia, Tuscania, Vulci potevano fissare là, sul sacro colle, i loro sguardi supplici al nume tutelare Voltumna… Il Fanum doveva certamente costituire un complesso grandioso di opere: il tempio monumentale del dio nazionale, la residenza del collegio dei sacerdoti, gli alloggi per ospitare i dodici lucumoni rappresentanti i 12 Popoli di Etruria e gli inviati speciali delle varie città. Nella grande piazza antistante dovevano sorgere costruzioni stabili, i provvisori baraccamenti per l'esposizione e la vendita delle merci, ed ogni altra attrezzatura per soddisfare i bisogni e le necessità dei pellegrini e dei mercanti..." (15).
In realtà, nei dintorni di Monte Becco è difficile immaginare che tutte le strutture descritte potessero esistere al tempo degli Etruschi: non ci sono tracce di edifici notevoli, nè grandi strade che in tempi antichi passassero di là. Per quale ragione i rappresentanti delle 12 nazioni avrebbero dovuto riunirsi proprio in quel posto remoto e difficilmente raggiungibile?
Attualmente il luogo più accreditato quale sede del Fanum Voltumnae è Orvieto: già nel XIX° secolo, quando vi si scavò il tempio del Belvedere, esso fu subito identificato come il "tempio di Nortia". Naturalmente, il sito del Santuario non sarebbe l'area della città, arroccata su un pianoro roccioso, ma un'ampia zona sottostante, ad Ovest, chiamato Campo della Fiera, in quanto per secoli luogo di svolgimento di mercati e fiere, che proseguirebbero i giochi e le riunioni di millenni fa. In questa zona, attualmente, sono in corso scavi a cura dell'Università degli Studi di Macerata, che hanno già riportato alla luce strutture e reperti datati a partire dal VI secolo a.C.; ancora, però, nessun ritrovamento, a livello archeologico, epigrafico, religioso, che associ definitivamente quel sito al Fanum Voltumnae.
Un'altra ipotesi piuttosto recente suggerisce che il Santuario Federale degli Etruschi si trovasse presso la "Civita" di Grotte di Castro: infatti, nella pianura intorno alla chiesa di San Giovanni in Val di Lago, sulla costa del lago di Bolsena, "sino al 1799... ogni anno il 24 giugno... aveva luogo una antica e rinomata fiera, frequentata anche dagli abitanti limitrofi della bassa Toscana e dell´Umbria" (16). Anche in questo caso non ci sono prove archeologiche conclusive; nel testo, però, gli autori richiamano l´attenzione su un punto molto importante: un tempio nazionale avrebbe dovuto offrire a ciascuno dei 12 popoli Etruschi una garanzia di neutralità, fattore importantissimo per il sereno svolgimento di una riunione di sommo interesse politico-militare, e questa neutralità non era affatto garantita sotto la rupe di Orvieto.

 Il lago di Bolsena e l'isola Bisentina visti da Montefiascone (foto di U. Richter).

Così, cè ancora spazio per fare delle altre riflessioni.
Orvieto, l'Urbs Vetus del medioevo, è identificata dagli studiosi con l'etrusca Velzna, la Volsinii latina, conquistata dai Romani nel 264 a. C.: in tale occasione la maggior parte della popolazione della città fu deportata, e si diede vita ad un nuovo insediamento, Volsinii Novi, l'attuale Bolsena, presso il lago omonimo. Le più antiche fonti che nominano Volsinii e narrano le sue vicende, Livio, Plinio, Floro, Orosio, Metrodoro di Scepsi, pur essendo tutte posteriori al II secolo a.C., parlano chiaramente della antica Volsinii, ma non la mettono mai in relazione con il Fanum Voltumnae.
"E' solo un documento molto più tardivo che permette di situare a Volsinii - od almeno in territorio volsiniese - il fanum Voltumnae. Si tratta del cosiddetto "Rescritto di Spello", emesso da Costantino, fra il 333 e il 337 d.C., per autorizzare gli Umbri a celebrare la propria festa annuale, senza essere ormai associati contro la loro volontà a quella degli Etruschi. Apprendiamo in questa occasione che la festa degli Etruschi - che deve restare immutata - si svolgeva aput Volsinios, che comprendeva dei ludi scenici e dei combattimenti di gladiatori, nonchè l'elezione di un sacerdos federale... Questi elementi ricordano quello che sappiamo sull'antica riunione ad fanum Voltumnae... Possiamo dunque ammettere che la festa annuale dell'epoca imperiale continuava quella che doveva accompagnare, all'epoca dell'Etruria indipendente, le riunioni del concilium principum Etruriae... "(17). Essendo il documento del IV secolo d..C., appare ovvio che l'indicazione geografica si riferisca a Volsinii Novi, Bolsena, e non alla città distrutta dai Romani oltre cinque secoli prima…
Ma quali requisiti avrebbe dovuto avere il centro religioso dei 12 popoli etruschi?
Per prima cosa la sua collocazione, in un luogo abitato dagli Etruschi sin dal periodo arcaico e con
uno stretto legame con le loro tradizioni religiose; quindi, offrire una sicura neutralità; non essere facilmente accessibile da parte di persone indesiderate o ostili; essere situato in un luogo in qualche modo straordinario, particolarmente "visibile", sulla cima di una collina o su di un'isola; avere nei suoi pressi un ampio spazio per ospitare le riunioni di molti pellegrini per varie settimane.
Nel territorio volsiniese ci sarebbe un luogo che possiede i requisiti, appena elencati, l'area del lago di Bolsena, che Plinio definisce lacum Volsiniensem, come sarà poi chiamato anche da Vitruvio, Frontino, Columella (18).
Nel lago ci sono due isole, la Bisentina e la Martana, ma quest'ultima, la più piccola, nel periodo etrusco arcaico, quando il livello del lago era di 8 metri inferiore all'attuale, era collegata alla costa; quindi gli Etruschi, giungendo sulle rive del lago, videro una sola isola, la Bisentina, che fu così chiamata dalla vicina Visentium.
L'isola era già frequentata dall'età del bronzo, come si evince dalla piroga rinvenuta presso le sue coste, datata, sulla base del carbonio 14, al X secolo a.C.; inoltre, presso Punta Zingara è stato ritrovato un relitto "Carico di laterizi (tegole e coppi) in terracotta e di conci tufacei. Databile in epoca etrusca arcaica" (19).
La Bisentina era forse l'isola sacra degli Etruschi, il cuore non solo in senso geografico, ma soprattutto della religiosità e del sentimento della comune appartenenza al popolo etrusco, il luogo ideale per il santuario e l'incontro dei 12 lucumones.
L'area del lago di Bolsena soddisfa le diverse peculiarità confacenti ad un Santuario federale etrusco.
Le più antiche vestigia di quella civiltà sono state rinvenute nei suoi pressi, nella zona sud occidentale, dove sorgeva la più importante città del periodo arcaico, Tarquinia, depositaria, secondo la leggenda, dei fondamenti della religione etrusca (20).
Un Santuario posto su di un'isola situata non nel mare, dove i nemici avrebbero potuto raggiungerla, ma in un grande lago al centro del loro territorio (gli Etruschi erano dei grandi navigatori, e per loro sarebbe stato ovvio scegliere un'isola per il loro Fanum) avrebbe, in più, assicurato la neutralità.

 Lago di Bolsena con l´isola Bisentina, il sito di Visentium, e il Lagaccione (in verde: necropoli etrusche) (da: Panucci, Bisenzo, Tavola I )

Un'isola, infatti, è un luogo accessibile solo a persone speciali, i sacerdoti, i Re delle 12 città, con il loro ristretto entourage, un piccolo manipolo di armati, per proteggerli durante gli incontri religiosi e politici (in molte parti del mondo esistono "isole sacre", dove, per gli stessi motivi popoli diversi hanno deciso di erigere il loro santuario principale: gli Egiziani a Philae; i Greci a Delo; i Germani a Helgoland nel Mare del Nord e nell'isola della dea Nerto, nel Baltico; i Celti a Gavrinis, presso le coste bretoni in Francia, a Iona in Scozia, ecc).
La stragrande maggioranza delle persone che partecipava all'assemblea non poteva certo accedere al Santuario, ma poteva incontrarsi nell'area costiera vicino l'isola, dove, in una città, sarebbe stato facile soddisfare le necessità di nutrirsi, bere, trovare alloggio.
Sulla costa del lago di Bolsena, di fronte all'isola Bisentina, sorgeva l'importante città etrusca di Visentium, considerata da Massimo Pallottino fra le località etrusche più antiche, presso la quale, tra l'altro, sono state ritrovate numerose dediche alla dea Nortia (21). Visentium, dalle cui necropoli provengono straordinari corredi (ora al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma), testimoni della eccezionali capacità tecniche e artistiche degli artigiani locali, "conosce un precoce apogeo nell'VIII e VII secolo..." (22).
Vicino ad essa, ci sono aree e spiagge dove la gente avrebbe avuto abbastanza spazio per i "sacri ludi", e da dove avrebbe sempre potuto vedere il santuario sull'isola, come simbolo della divinità venerata. Una sede appropriata per le corse dei cavalli potrebbe essere stata la depressione ovale di Lagaccione, un piccolo cratere vulcanico delle dimensioni di 750 x 1000 metri, una sorta di modello ideale di un grande stadio: sedute sul naturale pendio del cratere, molte migliaia di persone avrebbero potuto assistere a corse di carri e cavalli sul terreno dell'ovale (23).
E' notorio che solitamente i Cristiani costruirono le loro chiese sui luoghi dove in precedenza sorgevano templi pagani. Sull'isola Bisentina ci sono 8 costruzioni, fra chiese e cappelle: forse al di sotto di una di esse, magari quella sul punto più alto dell'isola, il Monte Tabor (56 m al di sopra del livello del lago), c'era precedentemente il tempio della dea Nortia (24).
Quanto alle assemblee dei 12 lucumones, esse dovevano aver luogo in un posto speciale, forse in una grotta sotterranea.

 La Malta dell'isola Bisentina (da: Menghini A., Menghini F.-Isola bisentina..., p. 106, ritoccata da U. Richter).

All'incirca al centro dell'isola Bisentina, si trova un sito straordinario, la cosiddetta Malta, chiamata in tale modo perchè malta vuol dire "fango", ed era quindi un nome adattissimo per designare un
luogo umido e scuro, usato durante il medioevo come prigione.
Si tratta di un'ampia camera circolare, di circa 6 metri di diametro per 6 di altezza, in comunicazione
con l'esterno attraverso un corridoio di circa m.1,60 di altezza per m.1,50 di larghezza; al centro della camera c'è una circonferenza fatta di mattoni che delimita un pozzo ora ricolmo, con diametro di 1,6 m; in corrispondenza a quello, dal centro della volta parte verso l'alto un lungo condotto circolare che sbocca in superficie, in un bosco (25). La perfetta circolarità del condotto, in tutta la sua lunghezza di venti metri, mostra che esso era stato fatto per uno scopo sacro speciale, e non per portare aria in una prigione sotterranea.
Forse la costruzione era un mundus, che consentiva ai 12 lucumoni, seduti intorno, di entrare in comunicazione con il cielo e con le forze ctonie durante le loro cerimonie religiose e riunioni, così da prendere decisioni e deliberazioni in accordo con la volontà degli dei (invero, in tutte le città etrusche c'era un mundus, imposto dalla legge religiosa come collegamento con il mondo sotterraneo). Una indagine nel pozzo potrebbe probabilmente fare qualche chiarezza.

 La volta della Malta, e il condotto perfettamente circolare,
che, dopo un percorso di 20 metri, raggiunge la superficie
(da: Menghini A., Menghini F. - Isola bisentina... p.88).

A Roma, presso il Tempio di Saturno ed il Comizio, c'era un sacellum identificato come mundus, che costituiva anche il nucleo, il centro, l'omphalos della città (26).
Plutarco, nella Vita Romuli, racconta che Romolo, accingendosi a fondare la sua città sul Palatino, mandò a chiamare dei sacerdoti dall'Etruria, perchè lo guidassero nella cerimonia con i sacri riti e le regole religiose previste: scavarono un profondo fosso rotondo, ed ogni uomo della comunità gettò solennemente in esso le primizie ed un pugno di terra del luogo di provenienza, che così si mescolarono insieme a dare il senso della formazione di una nuova comunità.
Se, analogamente al mundus di Roma, il pozzo dell'isola Bisentina avesse accolto la terra ed i prodotti agricoli dei dodici popoli d'Etruria, Voltumna/Veltune potrebbe allora connotarsi come il Dio delle comuni radici etrusche.


Note:
1) Cristofani M., Voltumna:Vertumnus, in: AnnMuseoFaina, 2, 1985, pp. 75-76. "C'è un antico racconto etrusco, secondo cui un fulmine fu ottenuto quando un mostro, chiamato Volta, si avvicinava alla città di Bolsena dopo aver devastato le campagne; a propiziare l'evento fu il re Porsenna." (Plinio, II, 54).
2) Colonna G., Volsinii e la Val di Lago, in : AnnMuseoFaina, 6, 1999, pp. 11-12.
3) Roncalli F., I santuari dei duodecim populi, in: AnnMuseoFaina, 2, 1985, p. 73.
4) Capdeville G., Voltumna ed altri culti del territorio volsiniese, in: AnnMuseoFaina, 6,1999, p. 116.
5) Panucci U., Bisenzo e le antiche civiltà intorno al lago di Bolsena, Grotte di Castro, 1970, p.133. Il Lago di Bolsena ora occupa il cratere spento del cosiddetto "grande apparato Volsinio".
6) Bruschetti P., Indagini sullo scavo a Campo della Fiera presso Orvieto, in:AnnMuseoFaina, 6, 1999, pp.163-64.
7) La nominano Censorino, Tertulliano, Varrone, Giovenale, iscrizioni e dediche riportate nel CIL (vedi : Capdeville G, op. cit, pp. 130-135).
8) Questo rituale era presente anche a Roma: infatti, nel tempio capitolino, dove si venerava la triade Giove Giunone e Minerva, il 13 settembre si procedeva alla " infissione di un chiodo, da parte di un officiante che prendeva il nome di <Dictator clavi figendi causa>, nella parte destra del tempio, presso la cella di Minerva. Tale chiodo, nell'ambito magico-religioso della cerimonia, doveva probabilmente impedire, immobilizzandolo, che un evento rovinoso (carestia, epidemie, inondazioni, ecc.) potesse scatenarsi a danno della comunità; successivamente i chiodi infissi divennero semplicemente un sistema di computo del tempo". Monte L., Settembre, su: Il Giornale d'Italia del 22/9/1986.
9) Il Fanum Voltumnae "costituiva il più importante santuario della nazione etrusca ed era la sede centrale
della confederazione dei 12 popoli" (Panucci U. , op. cit., p. 130).
10) Livio asserisce che presso gli Etruschi a capo dei dodici popoli veniva eletto un re (I, 8,2); Servio parla di dodici lucumoni o re, uno dei quali era a capo degli altri (Ad Aen, VIII, 475.).
11) Torelli M., I duodecim populi Etruriae, in: AnnMuseoFaina, 6, 1999, p. 49.
12) Livio, IV, 23; IV, 25; IV 61; ed ancora Livio, V, 17 e VI, 2. In base agli eventi citati, questi brani vengono rispettivamente associati agli anni 434, 433, 405, 397, 389 a.C.
13) Panucci U., op. cit., pp. 132-133.
14) Bruschetti, op. cit., pp.164.
15) Panucci U., op. cit., p. 130.
16) T. Pelosi, F. Fortunati - Ipotesi sul "Fanum Voltumnae", Grotte di Castro, 1998, p. 28.
17) Capdeville G., op. cit, pp. 114-115.
18) vedi: Panucci U., op.cit., p. 34. Plinio, dopo aver parlato di due isolette "sul grande lago italico di Tarquinia", in Tarquiniensi lacu magno Italiae (N.H. II, 96), definisce il lago "Volsiniese"( XXXVI, 22).
19) Tamburini P., Un museo e il suo territorio, Il Museo Territoriale del Lago di Bolsena 1, Bolsena,1998, p.36. Il relitto di Punta Zingara ed il suo carico testimoniano la frequentazione dell'isola, sin da epoca arcaica, da parte degli Etruschi, che vi trasportavano materiale da costruzione (per edifici sacri?).
20) Cicerone (De Divinatione II, 23,38) racconta che in un campo presso il fiume Marta, l'unico emissario del lago di Bolsena, un giorno spuntò dalla terra il dio Tagete che donò a Tarconte (che le fonti considerano il figlio di Tirreno, il fondatore delle dodici città dell´Etruria) i Libri con i fondamenti della religione di quel popolo.
21) Bolsena I, Guida agli scavi, Roma, 1981 p.12. Presso Bisenzo, ad esempio, è stato rinvenuto un cippo lapideo ottagonale con una incisione: "Minervae Nortinae Sacr. Laebutius LF.Sab. Saturnanus".(Panucci U., op. cit., p. 247).
22) Colonna G., op. cit., p. 19. La sua fioritura si sviluppa molto prima di quella di Orvieto, datata intorno al VI sec. a.C., epoca abbastanza tarda per porsi come luogo ospitante il Fanum Voltumnae.
23) Gli Etruschi portarono le corse dei cavalli anche a Roma: Tarquinio Prisco scelse il sito per il Circo Massimo e ideò i Ludi Romani (Livio I, 35, 9).
24) Data la posizione sulla scogliera, sarebbe stato facile gettare tutto l'equipaggiamento del culto giù nel lago durante l'abbandono del luogo, per evitare la profanazione ed il saccheggio da parte dei Romani. Sarebbe interessante fare delle esplorazioni subacquee in quella zona.
25) vedi: Menghini A., Menghini Di Biagio F - Isola bisentina, Giardino sacro e profano, Perugia, 2000.
26) vedi: Coarelli F., Il Foro Romano - Il periodo Arcaico, Roma, 1983.

di Ulf Richter e Luana Monte
luana.monte@virgilio.it