Era una bella mattina luminosa, ma del resto lo erano quasi tutte
al Cairo. Se non fosse stato per lo smog dei gas di scarico, dei
milioni di autoveicoli che transitavano per le arterie della città,
il cielo sarebbe stato di un bell'azzurro turchese, come quello
dei minuscoli scarabei, che i bambini tentano di appioppare ai turisti
in cambio di qualche moneta...
Mustafà sapeva bene che quella era una mattina importante,
molto importante per il direttore.
Si avviò con passo spedito nel lungo corridoio dell'ala est,
ancora immerso nella penombra, le luci del museo si sarebbero accese
solamente alle otto; mancavano ancora più di due ore, doveva
affrettarsi... le sfingi e le statue ai lati del corridoio, lo guardavano
minacciose, o almeno a lui sembrava così; chissà se
aveva fatto lo stesso effetto anche ai sacerdoti nel tempio di Deir
el-Bahri, nei pressi di Luxor, l'antica Tebe.
Già, perché era quella la località dove era
stato rinvenuto il sarcofago di Ramesse II "Il Grande"
(Nuovo Regno XIX Dinastia).
La cassa di legno, perfettamente imballata e sigillata era pronta,
di li a poco su un grande "uccello" volante, stivata insieme
a migliaia di altri oggetti, la mummia del grande faraone avrebbe
attraversato il mediterraneo alla volta di Parigi.
E' qui cari amici, amanti del "fumo lento" come il sottoscritto,
che comincia una storia "bizzarra" ma sicuramente "intrigante".
Vi domanderete: " ma noi che "amiamo" il il sigaro
e la pipa, abbiamo qualcosa da spartire con i faraoni ? " Se
fino ad ora pensavate il contrario, sbagliavate! Ma se siete curiosi
continuate la lettura!!
Dunque, eravamo rimasti a Parigi, dove una ventina dei più
importanti scienziati francesi, si offrì di studiare il motivo
del deterioramento della pelle, nella mummia del sovrano testè
citato.
Si scoprì, che la causa principale erano gli scarafaggi,
ma la dottoressa Michelle Lescot del Musée National d'Histoire
de Paris, utilizzando il microscopio elettronico per stabilire se
nelle bende fossero presenti batteri o virus, con grande stupore,
si trovò ad osservare attraverso le lenti minuscoli frammenti
di tabacco.
Sicura della sua scoperta, la dottoressa Lescot rese pubblico il
suo studio, venendo sommersa di critiche dagli altri accademici;
secondo loro era impossibile che ci fosse del tabacco nelle bende
della mummia, a meno che non vi fosse penetrato per contaminazione.
Fu avanzata l'ipotesi che gli egittologi che nel 1881 trovarono
la mummia nel cosiddetto "nascondiglio reale" a Deir el-Bahri,
stessero fumando il sigaro o la pipa e avessero inavvertitamente
fatto cadere un po' di tabacco, che in qualche modo era scivolato
tra le bende.
Per nulla abbattuta dalle contestazioni, la dottoressa Lescot, ottenne
il permesso di condurre altri esami su campioni prelevati dagli
organi interni della mummia in questione. I risultati furono gli
stessi, e a questo punto l'ipotesi che il tabacco fosse caduto da
un sigaro od una pipa, fu accantonata.
Sembrava decisamente più probabile che fosse stato introdotto
nelle bende durante le pratiche funebri che seguirono la morte del
sovrano, che aveva regnato per 66 anni, dal 1290 al 1224 a.C..
Ulteriori analisi rivelarono che gli organi interni erano stati
rimossi per essere posti nei vasi canopi, a al loro posto era stata
collocata un'imbottitura di materiale vegetale che, oltre a piantaggine,
ortiche, lino, grani di pepe nero, camomilla e frumento, includeva
foglie triturate di tabacco.
Poiché questa mistura era stata introdotta nella mummia per
contribuire a preservare il tessuto corporeo, è stato ipotizzato
che il tabacco fosse impiegato nel processo di imbalsamazione sia
come insetticida, sia per prevenire la putrefazione.
La presenza di tabacco nelle bende e all'interno del corpo di Ramesse
II è stata una sorpresa assoluta tanto per gli egittologi
quanto per i botanici, per una ragione evidentissima: nel mondo
antico (come lo conosciamo attualmente) quella pianta non
era conosciuta.
Nessun egittologo accademico di fama, si è mostrato disposto
ad accettare o spiegare questa anomalia dell'altrimenti ben documentata
storia egizia. Il problema fondamentale, vale a dire che la pianta
del tabacco è sempre stata ritenuta originaria esclusivamente
delle Americhe, è stato tranquillamente ignorato.
Tutta la questione venne messa in soffitta fino al 1992, quando
una tossicologa tedesca, Svetlana Balabanova, dell'Istituto di Medicina
Legale di Ulm, avviò una serie di test specifici su alcuni
resti mummificati conservati nel museo di Monaco. Vennero prelevati
frammenti di tessuto osseo e di epidermide, nonché di muscoli
del capo ed addominali. I risultati furono talmente sorprendenti
che la dottoressa decise di inviare campioni simili ad altri tre
laboratori, che presto confermarono le sue scoperte.
I test dimostravano che i resti mummificati contenevano notevoli
quantità di nicotina, la componente narcotica del
tabacco, e cocaina un alcaloide psicotropo presente nelle
foglie della pianta di coca di origine esclusivamente sudamericana.
Tutti i risultati di questi esami sono stati avvalorati dalla cromatografia,
un processo in grado di rilevare le caratteristiche ed i metaboliti
(prodotti della disgregazione biochimica nei processi corporei)
presenti nei composti chimici di ciascun campione.
Tutto ciò quindi ci suggerisce che gli antichi egizi assumessero
la nicotina fumando e masticando, anche se gli egittologi "accademici"
non hanno trovato alcuna testimonianza che in Egitto si fumasse
prima dell'arrivo degli Arabi.
Vi sono comunque indizi della pratica del cosiddetto "fumo
lento" in uno stato del Medio Oriente che aveva legami molto
stretti con il paese dei faraoni, la Siria.
Nel 1930 infatti l'orientalista Stefan Przeworski scrisse sul
ritrovamento di oggetti curiosi che lui catalogò come pipe.
(1200 - 850 a.c.). Questi oggetti erano principalmente usati come
"incensieri", si soffiava attraverso il tubo della pipa
per mantenere le braci ardenti e bruciare meglio l'incenso, ma bassorilievi
di epoca fenicia ci dimostrano anche che il tubo si usava per "inspirare"
e quindi fumare. E molto più probabile che i marinai fenici
avessero appreso la pratica di aspirare il fumo, opposta a quella
di soffiare i vapori di incenso, da una delle civiltà incontrate
ai confini del mondo conosciuto. Ma dove esattamente, e da chi ?
E che connessione esiste tra le pipe siriane e la presenza di tabacco
e cocaina nell'antico Egitto?
I primi esploratori spagnoli nei Caraibi incontrarono alcuni cacicchi
(capi tribù) che usavano una pipa a forma di "Y"
fatta di canne, che veniva inserita in entrambe le narici per inalare
il fumo. Ma le pipe erano riservate all' élite; i membri
meno importanti della comunità si limitavano ad arrotolare
le foglie e a fumarle come sigari.
Si riteneva che le virtù del tabacco fossero molteplici:
in America era usato come cura contro l'asma, le congestioni delle
vie respiratorie, il mal di testa, i morsi di serpente, le pustole,
il mal di denti e le complicazioni da parto. Nei rituali religiosi
e sciamanici si estraeva dal tabacco una resina che veniva poi impiegata
sotto forma di clistere; l'altissima concentrazione di nicotina
faceva sì che il fruitore sperimentasse rapidamente uno stato
di alterazione della coscienza. In altri casi il tabacco veniva
appallottolato e masticato, pratica che, come nel caso della coca,
placava la fame.
E' opinione comune che nel Vecchio Mondo il tabacco non esistesse
finchè non fu introdotto dalle Americhe in seguito alle scoperte
geografiche, ma questo è un grosso errore.
Vi sono infatti molti elementi a dimostrazione che una varietà
di tabacco selvatico, chiamata Nicotiana rustica per distinguerla
dalla varietà del Nuovo Mondo denominata Nicotiana tabacum,
era ampiamente conosciuta in alcune zone dell'Africa, incluso il
Sudan Occidentale, molto prima di Colombo.
L'atto di fumare era definito tubaq, termine che si infiltrò
in parecchi dialetti africani con varianti come taba, tawa e
tama. Per utilizzare il tabacco come medicina, gli afro-arabi
tostavano o seccavano le foglie, quindi le pressavano in mattonelle,
per poi essere bruciato insieme a legna o carbone. Questa pratica
era in netto contrasto con quella Amerinda, gli abitanti del Nuovo
Mondo infatti seccavano e arrotolavano le foglie di tabacco per
fumarle, metodo usato, forse, anche in Egitto.
La pianta di tabacco africana è citata anche in un trattato
del medico medioevale arabo Ibn al-Baitar; che la descrive come
"una specie di albero che cresce sulle montagne della Mecca,
con lunghe e affusolate foglie verdi che scivolano tra le dita se
schiacciate" Il medico spiega che "raggiunge le dimensioni
di un uomo, [...] cresce in gruppi, [...] non se ne trova mai
una da sola".
Ibn al-Baitar ci informa poi che il tabacco "se assunto per
bocca o applicato come medicazione è benefico come antidoto
contro i veleni ed è un rimedio per la rogna e la scabbia,
per il prurito e le febbri prolungate, le coliche, l'itterizia e
le occlusioni al fegato".
Un'ulteriore conferma che il tabacco non solo era presente in Africa
prima della scoperta dell'America, ma veniva utilizzato dagli arabi
come sostanza curativa è fornita dagli scritti di un esploratore
del XIX secolo, il capitano G. Binger. Questi ci informa che in
Africa il tabacco era impiegato come moneta e che gli "abitanti
del Darfur (Sudan) nella loro lingua lo chiamano taba [...] A
Fezzan e a Tripoli nella Barberia è chiamato tabgha. Ho letto
un kasidah, un poema di un bakriyya, un discendente del Califfo
Abu Bakr, che dimostra che fumare non è peccato. Questi versi
risalgono al IX secolo dell'egira".
Nel nostro calendario questa data corrisponde al 1450 d.C., vale
a dire più di 40 anni prima del viaggio di Colombo. Inoltre
l'uso dei termini tubbaq, taba e tabgha per indicare il fumo,
ci porta a domandarci sull'origine della parola "tabacco",
utilizzata dalle popolazioni precolombiane dei Caraibi per indicare
sia il fumare sia lo strumento usato per farlo. Che prima della
scoperta del Nuovo Mondo esistessero varianti afro-arabe del termine,
non può essere una coincidenza; forse queste parole, che
esprimono tutte la stessa azione (fumare tabacco) hanno un'origine
comune ?
L'analogia semantica infittisce il mistero e suggerisce che la pianta
del tabacco sia stata introdotta in Africa attraverso l'Atlantico
prima di Colombo, oppure che sia stata portata in America da viaggiatori
provenienti dal continente africano.
Ciò significherebbe che il tabacco era presente su entrambe
le sponde dell'Atlantico già nel 1500 a.C., data a cui risalgono
le prime pipe a noi note, rinvenute nelle Americhe.
Per quanto possa sembrare fantasiosa, l'unica ipotesi che giustifichi
la presenza di nicotina e cocaina nelle mummie egizie è che
esistessero rapporti commerciali trai due continenti. Inoltre, se
la foglia di coca era esportata, anche nel mondo antico il tabacco
dell'America centrale viaggiava per mare.
La presenza simultanea di tabacco e cocaina nei corpi degli egizi
sembra avvalorare questa tesi. Oltre tutto la singolare corrispondenza
sulle due sponde dell'Atlantico fra i termini usati per indicare
il tabacco e il fumo dimostra una reciproca contaminazione di terminologia,
di tecniche e forse anche di piante e prodotti avvenuta secoli prima
che Colombo approdasse nel Nuovo Mondo.
Ci sarebbero molte altre implicazioni riguardo alle rotte commerciali
ecc... ma non mi dilungherò oltre... per il momento.
Grazie per la vostra attenzione e pazienza...
Un doveroso ringraziamento ad Adriano Forgione e Andrew Collins che con le loro (e le mie in minima parte) ricerche, hanno permesso di aggiungere un fondamentale tassello all'immenso puzzle della ricerca storico-archeologica "oltre il confine".
Bibliografia:
- First Identification of Drugs in Egyptian Mummies - Naturwissenschaften
- n° 79 - 1992
- Mystery of the Cocaina Mummies - Equinox, Channel 4 - 1996
- Gordon - Before Columbus
- Gateway to Atlantis - A. Collins - S.K. 2000
- Hera - n. 3 - 2001
di Marco La Rosa
www.cigarclubparma.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
di Lionel Casson
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