La fioritura culturale che si verificò in Italia a partire
dal XIII secolo appare quasi come un fenomeno improvviso e già
macroscopico se paragonato alla povertà culturale dei secoli
precedenti. Fenomeni quali la nascita della poesia siciliana e toscana,
la proliferazione delle opere storiografiche, giuridiche e teologiche,
e la ripresa dell'interesse per le scienze con Leonardo Fibonacci
e Pietro d'Abano sembrano quasi esplodere improvvisamente, e soprattutto
già dotate di una elevata dose di raffinatezza e maturità
come non se ne vedeva dalla fine dell'età antica.
Quali furono i fattori che promossero un fenomeno così improvviso
? Certamente un ruolo importante venne giocato dallo sviluppo demografico,
sociale e commerciale dell'ambiente urbano e comunale. Oltre ai
nobili ed agli ecclesiastici, anche la nascente borghesia colta,
nonché i prestigiosi esponenti degli ordini giuridici, come
i notai, dovettero essere invogliati dalle loro stesse letture a
comporre versi e prose tanto nella lingua dei colti, ovviamente
il latino, quanto in quella del volgo. In ogni caso svolsero quantomeno
il ruolo di "consumatori" di opere nuove ed antiche, stimolando
quella "domanda" di cultura che avrebbe condotto, di lì
ad un paio di secoli, all'Umanesimo italiano ed europeo.
Ugualmente un altro non meno importante ruolo venne sicuramente
giocato dal contatto con la cultura araba che già dall'VIII
secolo si era fatta mediatrice fra la cultura indiana, persiana
e bizantina, da un lato e l'Europa occidentale dall'altro. Fu a
partire proprio da tale periodo che la città di Bagdad divenne
il principale centro di cultura del mondo islamico e sfornò
grandi nomi di matematici, astronomi, geografi e filosofi che avrebbero
fatto scuola anche ai centri di cultura islamica di Sicilia e Spagna
- Palermo, Toledo, Cordova, ecc. - e da lì al resto d'Europa.
Non è stato tuttavia adeguatamente considerato fino ad ora
- a mio parere - il ruolo svolto da un terzo non meno importante
fattore, molto più materiale ma straordinariamente potente
dal punto di vista intellettuale e culturale: la grande disponibilità
di un supporto di scrittura economico come la carta.
La cultura antica fu sostenuta dal papiro. Quella medioevale (fino
al XII secolo) dalla pergamena. Entrambi erano materiali costosi
e di limitata diffusione. Tanto la produzione di testi scritti quanto
la loro lettura rimanevano pertanto limitati alla ristretta cerchia
dei ceti più elevati ed alfabetizzati (classi sacerdotali,
scribi, giuristi, storici, ecc. nell'antichità; gli uomini
di Chiesa nell'alto medioevo). Ciò che mutò radicalmente
la scena culturale nel mondo arabo ed europeo fu appunto l'entrata
in scena della carta.
Secondo le cronache ufficiali cinesi fu nel 105 d. C. che il dignitario
di corte Ts'ai Lun, presentò al suo imperatore Ho-Ti i primi
fogli di carta fabbricati con paglia di tè, canna di bambù
e stracci di canapa. La nuova invenzione ebbe un grande successo
nel Celeste Impero ed essa venne impiegata non solo per scopi letterari
ma anche per arredare case e templi, come materiale da imballaggio,
per produrre tovaglioli di carta e persino come carta igienica.
Fra il II ed il X sec. d. C. i metodi di fabbricazione della carta
si diffusero in tutte le regioni della Cina, fino in Indocina ed
in Giappone (dal 610 d. C.).
Nel 751 durante una spedizione militare ai confini con l'Impero
Cinese, gli arabi conquistarono la città di Samarcanda e
lì catturarono anche due fabbricanti di carta cinesi. Avvalendosi
della loro esperienza venne subito impiantata una cartiera in quella
città la quale disponeva di tutti gli elementi necessari
per la nuova industria: acqua, canali d'irrigazione, e la materia
prima, i campi di lino e di canapa. A differenza, infatti, della
carta cinese che veniva fabbricata anche con i più svariati
materiali (riso, bambù, gelso, bozzoli di bachi da seta e
persino muschi ed alghe), la carta araba (seguita poi da quella
europea) venne prodotta sin dall'inizio utilizzando esclusivamente
gli stracci di lino e di canapa. Il procedimento di lavorazione
prevedeva - in poche parole - la sfilacciatura e la macerazione
degli stracci immersi in acqua fino ad ottenerne un impasto omogeneo.
Dopodiché vi si immergeva un setaccio a maglie fini che lasciando
filtrare l'acqua tratteneva le fibre macerate, le quali formavano
così un foglio con la forma del telaio. Gli stessi fogli
venivano quindi pressati, asciugati (al sole o contro il muro di
una fornace) e ricoperti di una pellicola di amido di riso per renderli
più reattivi agli inchiostri.
Da Samarcanda i metodi di fabbricazione della carta si diffusero
in tutti gli altri paesi arabi. Nel 793 venne impiantata un cartiera
a Bagdad. Sempre nel medesimo periodo (fine VIII sec.) cominciarono
a produrre carta anche la Siria e l'Egitto, dove talvolta anche
le bende di lino sottratte alle antiche mummie finivano in mezzo
agli stracci da macerare.
Già prima dell'anno Mille le fabbriche di carta si estesero
a tutto il Nord-Africa, la Sicilia e la Spagna, a quel tempo sotto
il governo arabo. Grazie alla sua posizione di ponte geografico
e commerciale tra l'Africa araba e l'Italia cristiana proprio la
Sicilia diventò nel X secolo un importantissimo centro di
esportazione della carta verso il nord tanto da stimolare a partire
dal XII secolo la nascita di cartiere anche nella penisola. Pare
che già intorno al 1100 qualche fabbrica di carta svolgesse
la sua attività in quei centri che commerciavano con i paesi
arabi, come ad esempio Amalfi. In ogni caso è proprio dalla
seconda metà del XII secolo (probabilmente dal 1173) che
iniziò la produzione della carta nella celebre città
marchigiana di Fabriano grazie forse ad alcuni maestri artigiani
arabi. Un'ipotesi di alcuni studiosi vuole che gli artigiani in
questione fossero arabi di Sicilia e che catturati dai Fabrianesi
nel corso di un assalto alla città di Ancona fossero stati
internati per motivi di sicurezza nell'alta valle del fiume Esino
dove avrebbero costruito la prima cartiera della città. Nonostante
il dato non sia sicuro, è certo tuttavia che Fabriano rimase
fino al Rinascimento il centro principale di produzione della carta
in Italia ed in Europa, anche se di lì a poco tempo altre
località seguirono il suo esempio (come Genova e Bologna
a partire dal 1200).
Gli elementi che diedero il primato di produzione - tanto per la
quantità quanto per la qualità della carta - a questa
famosa città marchigiana furono tre innovazioni tecniche
che vennero introdotte nel corso del XIII secolo. La prima fu l'adozione
di un nuovo tipo di mulino idraulico per ridurre gli stracci in
poltiglia. Già in Spagna, nelle cartiere di Xativa, veniva
impiegata la forza idraulica per triturare i frammenti di canapa
e lino con un maglio collegato al mulino. I maestri artigiani di
Fabriano utilizzarono invece un dispositivo composto da magli multipli
collegati ad una medesima ruota idraulica (pila a magli multipli)
che riduceva sensibilmente i tempi di produzione dell'impasto.
La seconda innovazione fu la sostituzione della pellicola di amido
di riso, con la quale i cartai arabi ricoprivano i fogli di carta,
con una gelatina di origine animale (il "carniccio").
I fogli "inamidati" venivano infatti attaccati dagli insetti
che si divoravano interi archivi, tanto che nel 1221 l'imperatore
Federico II fu costretto a proibire con un editto la redazione di
documenti ufficiali su carta anziché su pergamena. In seguito
al nuovo tipo di additivo (sgradito ai parassiti) i fogli prodotti
a Fabriano divennero così famosi e diffusi per la loro qualità
e resistenza che in breve tempo la proibizione di Federico II cominciò
a diventare obsoleta.
La terza ed ultima innovazione fu l'adozione e lo sviluppo della
filigrana come marchio di fabbrica della carta di Fabriano. Questa
invenzione era stata sicuramente casuale nel mondo cinese ed arabo,
in seguito alle "impronte" che setacci imperfetti lasciavano
sui fogli che formavano. Ma quello che i cartai cinesi ed arabi
cercavano di eliminare allo scopo di rendere i loro fogli perfettamente
omogenei, gli artigiani di Fabriano con un colpo di genio invece
svilupparono, inserendo nei loro setacci di ottone prima semplici
monogrammi con le loro iniziali, poi anche disegni di fiori, frutti,
animali, santi, ecc. La filigrana diventò così un
marchio di fabbrica che contraddistingueva la carta di Fabriano
e nello stesso tempo ne reclamizzava l'alta qualità in ogni
angolo d'Italia e d'Europa. Il successo fu straordinario. E' stato
stimato che nel corso del secolo successivo, il XIV, nella città
marchigiana venivano prodotti anche un milione di fogli l'anno,
mentre i guadagni furono tali da consentire agli artigiani di aprire
altre cartiere in Emilia ed in Toscana.
L'entrata in scena di un supporto di scrittura così abbondante
ed a buon mercato ebbe importanti conseguenze e non solo in campo
strettamente letterario. Immaginiamo un attimo quali limiti gravavano
fino all'XI secolo nell'età della pergamena. I preziosi fogli
dovevano essere utilizzati con estrema responsabilità dagli
amanuensi per lo più membri del clero (come i famosi monaci
copisti), e solo per scriverci cose della massima serietà.
In primo luogo dunque vi venivano ricopiate tutte quelle opere antiche
(dalle Sacre Scritture fino a tutte le opere classiche più
importanti) che obbligatoriamente dovevano essere tramandate nel
tempo. Il trascurare di riscrivere opere giudicate minori o poco
significative, molte delle quali a noi non sono giunte, spesso non
era tanto una questione di censura inquisitoria da parte degli ecclesiastici
ma di una vera e propria carenza di pergamena vergine che costringeva
a fare delle scelte. Ne è prova il ben noto fenomeno dei
"palinsesti", cioè fogli di pergamena già
riempiti con testi doppioni o non giudicati importanti che venivano
"imbiancati" e nuovamente usati per altri testi (e, come
si sa, in molti casi la "lettura" del testo sottostante
tramite le tecniche moderne ci ha restituito opere antiche che si
ritenevano perdute). Qualunque altro tipo di espressione del pensiero
veniva scoraggiata proprio dalla scarsità di materiale scrittorio,
dovendosi conservare le rimanenti pergamene per le rare cronache
storiografiche, per le pratiche legali (capitolari, placiti, contratti
notarili, ecc.) e per tutta la documentazione contabile ed amministrativa,
sia laica che ecclesiastica.
Quando la carta nel XII secolo cominciò a diffondersi nella
penisola iniziò a cambiare tutto. Già gli scrittori
arabi, parlando ad esempio delle città siciliane, attribuivano
alla grande abbondanza di libri poco costosi - proprio perché
prodotti con carta, anziché con la preziosa pergamena - il
merito di avere promosso gli studi e le opere di filosofi, matematici,
astronomi sia antichi che contemporanei. Dall'altro versante, quello
dei lettori, molta più gente, anche di ceto non elevato,
veniva invogliata dal gran numero di libri in circolazione ad alfabetizzarsi.
Si spiega in tal modo dunque la grande fioritura culturale che avvenne
in tutto il mondo arabo (Sicilia e Spagna comprese) sin dal secolo
IX. Ed ugualmente lo stesso identico motivo - l'abbondanza e l'accessibilità
economica del supporto cartaceo - può spiegare come mai si
dovette attendere il XIII secolo perché si potesse avere
anche in Italia una rinascita poetica, letteraria e culturale: le
cartiere di Fabriano dovevano avere il tempo di produrre a pieno
regime!
Se ci si riflette non è d'altra parte un caso che il primo
vero esempio di letteratura in volgare sia nata nella prima metà
del Duecento proprio in Sicilia alla corte di Federico II a Palermo:
la grande disponibilità di carta in tutta l'isola mentre
consentiva agli studiosi e letterati musulmani a quel tempo ancora
presenti in Sicilia di continuare a leggere e scrivere in arabo,
invitò lo stesso imperatore Svevo e gli uomini di cultura
cristiani presenti alla sua corte a produrre versi e prosa anche
in lingua siciliana.
Il nuovo supporto di scrittura a buon mercato non mancò però
di arrecare importanti conseguenze anche in campo artigianale e
commerciale. I fogli di carta, anche quelli più scuri e di
seconda qualità perché prodotti con stracci colorati
(i cosiddetti "brunelli"), dovevano essere considerati
da tutti quei rappresentanti della nascente borghesia comunale -
mercanti, finanziatori, banchieri, ecc. - come degli ottimi strumenti
per tenere conto di tutte le transazioni, i crediti, le spese, la
contabilità ordinaria insomma. La sicurezza di avere tutti
i movimenti registrati invogliava gli uomini d'affari italiani del
tempo ad incrementare i contatti, a sviluppare nuove strategie commerciali,
a pianificare nel tempo rischi, perdite e profitti. Se gli imprenditori
dell'epoca avessero avuto a disposizione solo la costosa pergamena
non avrebbero certo sprecato preziosi fogli per annotare, ad esempio,
il tipo, la qualità e le misure dei tessuti preferiti nelle
diverse città d'Europa come si ricava da alcuni documenti
cartacei fiorentini.
Nonostante ciò la carta fino all'invenzione della stampa
venne considerata da molti un elemento troppo fragile e deperibile,
e per le opere ed i libri più importanti continuò
ad essere preferita la pergamena. Ma proprio questo suo aspetto
fragile, dozzinale e poco estetico, costituì paradossalmente
il fattore più potente per il progresso letterario e culturale
dell'uomo medioevale e moderno, in quanto portò all'"invenzione"
della brutta copia.
Per riuscire a comprendere pienamente la differenza fra il poeta
o scrittore dell'era della carta rispetto al suo predecessore costretto
a servirsi solo della rara e preziosa pergamena, si può ricorrere
ad un banale esempio preso a prestito dai nostri comuni ricordi
scolatici. Immaginiamo che in una scuola secondaria la professoressa
di italiano assegni ai suoi alunni - per esperimento o per assurdo
scherzo d'aprile, fate voi - il classico tema d'italiano da svolgersi
però, attenzione, direttamente in bella copia (e naturalmente
senza correzioni e cancellature!). Se i poveri studenti riescono
a svolgere in qualche modo il loro disumano compito, si manifesteranno,
dove più dove meno, tre fenomeni principali dovuti al timore
di sporcare il foglio bollato con l'intestazione della scuola:
1 - un significativo allungamento del tempo di componimento ed una
minor estensione dell'elaborato;
2 - una semplificazione della forma espressiva, della sintassi e
del vocabolario;
3 - una minor profondità di analisi concettuale, di riflessione
e di pensiero, fino alla superficialità ed alla citazione
di frasi celebri, massime, proverbi e luoghi comuni.
Proprio questi aspetti caratterizzarono per lo più la produzione
letteraria in Italia fino al XII secolo, cioè finché
l'unico supporto di scrittura in circolazione era costituito dalla
rara e costosa pergamena. I monaci amanuensi di norma non sprecavano
fogli di pergamena per le prime prove di composizione. Avevano a
disposizione semmai le tavolette cerate che utilizzavano gli antichi,
e probabilmente erano queste soprattutto che servivano, oltre che
per esercitarsi nella calligrafia, anche per comporre quelle rare
e semplici preghiere, poesie e riflessioni teologiche che si incontrano
qua e là nelle cronache ecclesiastiche o nelle biografie
dei santi, come ad esempio nelle opere del monaco francese Rodolfo
il Glabro. Gli amanuensi scrivevano di norma direttamente in bella
copia, con molta pazienza ed attenzione. Se capitava loro di sbagliare
- e doveva succedere frequentemente - per tentare la cancellazione
avevano a disposizione la pietra pomice ed anche un altro attrezzo
(il "rasorium") per raschiare la pergamena. Ma erano sempre
operazioni delicate di cui non sempre ci si fidava come testimoniano
spesso gli eleganti tratti di penna per cancellare intere parole.
O ancora come provano le cosiddette "glosse", cioè
i periodi inseriti nei margini del foglio ad opera non solo di successivi
lettori a mo' di commento (il caso più frequente), ma a volte
del medesimo amanuense reo di qualche dimenticanza. A parte le cronache
storiografiche e le pratiche amministrative, erano d'altra parte
ben poche le occasioni (ed il tempo) di scrivere qualcosa di originale,
e l'impossibilità di "sprecare" fogli rafforzava
questo modo di pensare finendo col dare valore solo alle opere antiche,
da curare e ricopiare costantemente.
Il fenomeno delle glosse, o in altre parole, dei commenti e delle
riflessioni che nel corso del tempo mani anonime annotavano in margine
ai fogli, sono anche il segno di un pensiero che nell'Alto Medioevo
trovava poco sfogo specialmente da parte di tutti quei lettori -
e dovevano esservene tanti! - presi dal desiderio di scrivere. A
partire dal XII secolo la carta, fragile, precaria, imperfetta,spesso
anche scura e brutta, divenne il più prezioso e potente strumento
di tutti quegli alfabetizzati, più o meno dotati di talento,
che aspiravano a vergare qualcosa, qualsiasi cosa, seria o umoristica,
sacra o profana, rispettosa o irriverente, profonda o leggera, senza
paura di rovinare preziosa pergamena e dunque di sprecare soldi.
Le idee potevano essere buttate lì, di getto, in qualunque
momento, mentre si era in casa o a passeggio, durante la lettura
di un libro o ascoltando un oratore, di giorno o anche di notte.
Ma i pensieri si potevano anche correggere, abbellire, approfondire,
una, due, anche decine di volte, implicitamente aspirando alla perfezione.
Ci si poteva anche divertire ad esprimere gli stessi concetti in
forme diverse, in lingue diverse ("perché trascurare
il volgare ?" si chiesero i poeti siciliani e toscani), con
termini usuali oppure nuovi, nel rispetto dei canoni classici ovvero
con molte licenze. Cosa poteva costare, del resto, scarabocchiare
un comune foglio di carta, non di rado brutto e di scarsa qualità
buono solo per avvolgervi il pesce (quando non destinato ad usi
più vili) ? Era proprio la scarsa considerazione di questo
materiale scrittorio che invogliava oratori e aspiranti poeti, eclettici
colti e persone comuni a consumare fogli per scrivere e correggere
fino a strappare la carta, sapendo che in ogni caso quelle brutte
copie erano destinate ad una misera fine. I più dotati di
talento naturalmente riuscirono a raffinare talmente i loro componimenti
su quelle effimere minute da meritarsi la fama in vita e la gloria
per i secoli successivi.
Tutti quei limiti che, insomma, i preziosi fogli di pergamena imponevano
agli scrittori, con la carta svanirono tutti. I componimenti potevano
essere prodotti in un tempo più breve senza l'obbligo di
prestare un'attenzione certosina ai fogli. Le forme espressive,
di correzione in correzione, potevano essere più perfezionate
e variate, ed anche la lingua venne potenzialmente coinvolta in
una rapida evoluzione in tutti i suoi aspetti. Le riflessioni ed
i concetti potevano finalmente essere allargati ed approfonditi,
mentre la mente umana sempre più libera dalla necessità
di tenere tutto a memoria poteva definire sempre maggiori dettagli
del mondo reale, filosofico e spirituale senza perdere di vista
il quadro generale ed i principi assoluti. Quei miseri fogli di
carta fatti di stracci vecchi diventarono l'estensione della corteccia
cerebrale ed il più potente strumento di elaborazione culturale
della nascente civiltà umanistica. A cominciare dalla rinascita
delle scienze.
I grandi matematici, astronomi, e studiosi arabi ebbero proprio
nel Duecento nella nostra penisola un piccolo, ma non meno significativo,
numero di emulatori, il cui esempio più eclatante fu il pisano
Leonardo Fibonacci. Questo illustre matematico, nato verso il 1170
e morto dopo il 1240, dopo aver soggiornato e viaggiato a lungo
specialmente nei paesi arabi (Algeria, Egitto, Siria, ecc.), studiò
approfonditamente la matematica araba e ne riconobbe la superiorità
rispetto a quella europea. Grazie ai ripetuti calcoli sui fogli
di brutta copia riuscì tuttavia anche a rielaborarla, a svilupparla
e ad applicarla a problemi specifici dell'attività economica
italiana come l'aritmetica commerciale. A partire dall'inizio del
Duecento pubblicò (in latino) importanti opere di matematica
a cominciare dal "Liber Abbaci" (1202), un testo che rimase
di fondamentale importanza per i secoli successivi e che contribuì,
tra l'altro, alla diffusione in tutta Europa del numero zero, un
concetto sconosciuto alla matematica antica e di origine indiana
e poi araba.
Anche nel campo delle arti figurative - pittura, scultura, architettura
- la carta ed il metodo della brutta copia recarono il loro importante
contributo al continuo perfezionamento dello stile, dal Duecento
fino agli splendori dell'età Umanistico-Rinascimentale. Sui
fogli di carta gli artisti esercitavano la loro mano sin da piccoli,
imparando ad usare pennelli, colori, righe e matite. Gli studi preparatori
venivano abbozzati, corretti, ampliati e meglio definiti sulla carta,
magari da mani diverse. Spesso erano gli stessi clienti ai quali
veniva dato in visione il progetto, su carta, che chiedevano modifiche
di cui si doveva tener conto. E di generazione in generazione i
miglioramenti di tecnica, di stile, della maniera stessa d'interpretare
l'opera d'arte vennero tramandati su carta, recepiti ed ampliati
dalle molteplici scuole della penisola, per poi sfociare in quei
sublimi capolavori artistici del genio rinascimentale che avrebbero
condotto all'ammirazione da parte dei contemporanei e dei posteri.
L'invenzione della stampa a caratteri mobili in Germania a metà
del XV secolo ebbe infine l'effetto di amplificare enormemente la
diffusione di libri sempre più economici, e quindi anche
del potenziale mercato dei consumatori e dei produttori di cultura.
Ma tanto la produzione letteraria di intrattenimento, poetica o
narrativa, quanto quella saggistica e scientifica, si servì,
anche nei secoli successivi dell'età moderna e contemporanea,
sempre della carta per venire alla luce. I poeti, gli storici, i
filosofi, gli scienziati continuarono a correggere e ricorreggere
i loro pensieri su quegli umilissimi fogli volanti di brutta copia
fino a farne le vette più alte della poesia e della prosa
come noi li conosciamo oggi nella loro versione definitiva. Soltanto
da pochi decenni i programmi informatici di videoscrittura ("word
processors") e lo sviluppo di Internet stanno cambiando il
modo di produrre la letteratura e la maniera di distribuirla ai
lettori, facendo in tal modo concorrenza alla carta e alla stampa.
Probabilmente allora non è sbagliato pensare che si stia
chiudendo un'era e se ne stia aprendo un'altra.
Fonti di riferimento:
- http://www.cartacanta.it/ed1999.htm ("La carta di bianco
lin candida prole" conferenza del Prof. Franco Mariani)
- http://www.osservatoriolibri.com/index.html ("Alla scoperta
del pianeta carta" di Luisa Rossi)
- http://www.surbile.net/chartandcraft/1173/1173indice.htm ("Era
l'anno 1173")
- http://www.fabrianostorica.it/storiacarta.htm
- http://www.webtourist.com/culturale/musei/index.html ("Il
museo della carta")
- http://www.cocchetti.it/liceo/ipertesti/monachesimo/gliamanuensi.htm
- http://linux.lettere.unige.it/briquet/ ("Le filigrane degli
archivi genovesi")
di Ignazio Burgio
iburgio@yahoo.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
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