La Liguria è una regione da sempre crocevia di popolazioni,
sia autoctone che nomadi, caratterizzate da una grande venerazione
per quella religione naturale espressa poi nel culto per quell'antica
divinità protostorica chiamata comunemente Grande Madre.
Un attento esame etimologico di molte aree presenti nella regione
mette in evidenza lo stretto rapporto tra le diverse località
e alcune antiche divinità femminili come Hola, Troza e Padellar.
Se così esaminiamo molti toponimi locali ritroviamo una presenza
quasi ossessiva del culto matriarcale, a sottolinearne l'estrema
venerazione nell'area. La denominazione del monte Maremagna è
facilmente riconducibile alla Mater Magna mentre la località
Predallara di Arcola(1) è strettamente legata al culto
della divinità osco-umbra precedentemente menzionata. Le
stesse Alpi Pennine, gli Appennini, i monti Penna e Pennino sarebbero
dedicati alla dea Penn o Pennin, antica divinità celtica
di origini transalpine, il cui culto fu cancellato dai romani che
lo sostituirono, con un'operazione di sincretismo religioso, con
quello di Giove, poi detto Pennino(2). Continuando il nostro
excursus tra i toponimi della zona il monte Tellaro ricorda la dea
Tellus(3), mentre le località Capri, Capria, Caprione,
Caprignano sono strettamente legate all'antica dea umbra Cupra(4),
divinità ctonia legata a rituali di fecondità e al
culto delle acque esportata dall'area umbro-abruzzese. E' però
nell'antro e nel culto delle acque che, attraverso credenze, ricordi,
narrazioni, passaggi e sincretismi, ci sono state tramandate le
antiche conoscenze.
Troviamo così traccia nel folklore locale di quella tradizione
italiana delle "pocce lattaie" o "latte di grotta",
il liquido lattescente che, a causa dell'alto contenuto di carbonato
di calcio, è estremamente simile al siero mammario femminile.
Se dunque l'acqua macrocosmicamente è il sacro liquido della
Mater che garantisce la fertilità, diventa di estrema importanza
raccoglierla in piccole conche rituali che potremmo definire "Coppelle".
In moltissime aree neolitiche liguri sono state così ritrovate
pietre con strane incisioni cuppelliformi o a forma di "U",
una rappresentazione schematica del toro, animale totemico della
dea(5), come sul Promontorio del Caprione, sul monte Beigua
o a Monte Matto. Su quest'ultimo moltissimi sono stati i ritrovamenti
di massi a forma di losanga(6), geometria non casuale ma
messa proprio in relazione all'organo genitale femminile, con sopra
incise proprio delle piccole coppe, che sottolineerebbero l'idea
esposta.
Se così la pietra rappresenta la figura femminile, l'incisione
centrale è simbolo di prosperità, più essa
è ricca dell'acqua che in essa si accumula e più è
sacra e la coppella posta al centro della roccia indicherebbe così
la "gravidanza" della mater.
Identici significati sacrali hanno i piccoli canali di scolo scavati
nella roccia le cui funzioni, scarsamente pratiche, hanno un importante
carattere rituale come dimostrato in moltissime altre parti di Italia
come in Basilicata, e precisamente a Rossano del Vaglio o ad Armento
i cui santuari erano legati alla locale dea Mefitis.
Un esempio ligure potrebbe essere il sito del "Rifugio di Sant'Anna"
ove, sul tetto è incisa una grondaia, le cui scarse finalità
pratiche sicuramente la collegano ai rituali precedentemente esposti(7).
Sempre nella zona, poi, molti sono le rocce che presentano incisioni
cuppelliformi come su un masso di circa 20mq presente tra la sorgente
e il corso d'acqua ivi presenti(8). Anche il culto delle
fonti sacre non è estraneo a questi luoghi. Ancora oggi,
secondo le tradizioni popolari e contadine, l'acqua delle sorgenti
o quella raccolta in piccole pozze carsiche ha notevoli poteri curativi
tradizione che rimane ben salda anche quando alla sacra "coppella"
viene sostituito il pozzo, simbolo religioso ma anche dagli importanti
risvolti pratici dato che l'acqua in esso accumulata può
garantire la sopravvivenza di una famiglia o del raccolto. Ed ecco
che dobbiamo rifarci ad alcune tradizioni popolari, paradossalmente
legate al Cristianesimo, per scoprire molti di questi sacri luoghi.
Dopo le inutili proibizioni nel 452 con il Concilio di Nicea e successivamente
nel 789 con quello di Tours, la Chiesa adottò la strategia
di "assorbire", con una vera e propria operazione di sincretismo,
questi antichi rituali per poi legarli a figure cristiane come i
Santi o la Vergine. Ecco che celate dal velo religioso traspaiono
pratiche e usanza pagane. Fonti miracolose sono presenti in decine
di Santuari spesso dedicati proprio alla "Madonna dell'Acqua
Santa" il cui nome ci ricorda le sue antiche origini del culto.
Sacre fonti le troviamo a Bergalla di Balestrino, ad Acquasanta,
Casanova Lerrone e ad Alberga in provincia di Savona(9),
mentre Santuari dedicati a Nostra Signora dell'Acqua Santa sono
presenti nella provincia di Imperia e precisamente a Montaldo e
a Dolcetto(10). Queste tradizioni sono ancor più presenti
nell'area genovese, come testimonierebbe il Santuario "dell'Acquasanta"
o la "fontana della Madonna" presente a Lumarzo(11),
la cui tradizione vuole legata ad una misteriosa apparizione della
Vergine nel 1555. Sarebbe da ascriversi ad un periodo successivo,
invece, l'apparizione mariana che ha dato vita al culto della "Acqua
di Madonna" presente a Masone e a Valbrevenna. Il culto delle
sacre acque non è l'unico nella regione ad essere strettamente
legato ai rituali di fertilità e procreazione dell'Antica
Mater, così questa ricerca continua tra sacri i betili. Molti
sono nell'area ligure i menhir, come quello di Torre Bastìa,
di Cian da Munga(12), la pietrafitta di Triora, il dolmen
di Verezzi, sul monte Caprazotta,o ancora la pietra di Marcello
Dal Buono, per terminare con i beliti del Finalese, tutti nella
provincia di Savona, o ancora il complesso di Val Bormida o il menhir
Tramonti.
Altri strani siti sacri li troviamo sui Monti Branzi la cui etimologia
riporterebbe al termine celtico bram, cioè pietra fallica(13)
o nell'area di Scornia a sua volta derivante dal termine skeir-na
o luogo delle pietre. In provincia di La Spezia, poco dopo il paese
di Biassa e precisamente al Valico di S.Antonio, vi è un
menhir che sicuramente faceva parte di un gruppo più ampio,
dato che un altro si trova abbattuto nelle immediate vicinanze insieme
ad uno spezzone di un terzo ed un altro ancora si sarebbe trovato
proprio sul valico e che risulta essere ora al museo cittadino o
a quello di Pontremoli. Un altro allineamento litico doveva poi
esser presente sul monte Beigua, in località "Le Faie",
nome che ci riporta a quelle mitiche figure dirette discendenti
di antichi ricordi pagani. Qui è presente una pietrafitta
resa piuttosto instabile dal tempo e dall'uomo, mentre la memoria
contadina parla di numerosi altri menhir poi abbattuti dagli stessi
agricoltori(14). Un altro masso particolarmente interessante
perché legato a quella cultura subalterna popolare è
presente poi nel Santuario benedettino della Maddalena di Taggia,
qui si trova una pietra orizzontale retta da due elementi verticali,
alla stregua di un dolmen. La tradizione vuole che ci passassero
sotto i bambini in una specie di rito rurale di passaggio(15).
Di particolare interesse, poi, sono le così dette pietre
della fertilità, luoghi ove l'uomo cercava di propiziarsi
la continuità della propria progenie con strani rituali apotropaici.
L'idea era semplice, nell'immaginario popolare la pietra era considerata
il priapos primordiale, l'elemento fallico maschile che, infisso
nella terra, la rende fertile. In una visione microcosmica il primitivo
immagina che, come il dio maschile rende fertile la terra attraverso
la roccia, lo stesso poteva accadere per le donne del paese che,
strisciando sopra questi sacri massi, si assicuravano la fertilità
e la capacità procreativa(16).
Da qui la tradizione degli scivoli di fertilità, pietre levigatissime
che ancora oggi possiamo incontrare in molti comuni d'Italia ove
era usanza lasciarsi appunto scivolare e dunque strisciare i proprio
organi sessuali alla ricerca di fecondità. Il Liliu, parlando
di simili tradizioni in Sardegna afferma che "cerimonie a sfondo
magico e religioso dovevano effettuarsi presso i menhirs, gli dei
di pietra al naturale
qui si celava lo spirito fecondatore.
Questo come attestano elementi residui del follore sardo delle pietre,
era assunto, magicamente, dalle vergini spose, scivolando nude,
sul pilastro
o sfregandovi il ventre e il sesso o semplicemente
arrampicandosi: era il sacrificio venereo al genio della pietra,
perché il grembo femminile non negasse la prole"(17).
Esempi di questo tipo li troviamo a Plodio, in provincia di Savona
e Borzoli, nei pressi di Genova ove ancora oggi si parla di antiche
pratiche legate alla "Pria Scugiente", una roccia di serpentino,
conosciuta anche con il nome di "pietra lubraca", ove
le donne solevano strisciare per garantirsi un buon parto(18).
Anche se con un rituale del tutto differente non possiamo non nominare,
poi, tra i siti legati ai rituali di fertilità, i circoli
litici di Camporotondo, un recinto megalitico del diametro di 150
metri(19) e quello presente nell'area della "Grotta
delle Fate" da dove, attraverso una scala scavata nella roccia,
si raggiunge questo sacro recinto proprio posto sulla verticale
dell'antro(20). Attorno a queste costruzioni sono state avanzate
numerose ipotesi, ma non ne è stata ancora definita una esaustiva,
potremmo così avanzare una idea che legherebbe appunto questi
siti all'antico culto della Dea Madre. Il circolo litico, purtroppo
oramai perso, poteva così essere utilizzato per rituali di
fertilità, un enorme "cerchio", disegnato da pietre
infisse nel terreno, e un corridoio che ricorderebbe le vie della
fertilità per raggiungere il circolare utero della dea, il
sacro Nemeton reso verosimilmente fertile da un elemento fallico
centrale, verosimilmente un menhir, come in un altro sito simile
presente nell'area piemontese del monregalese.
Note:
(1) Calzolari E., Baldassarri A., Misteri diLunigiana, Quella
Divina Lasagna, Luna Editore, La Spezia 1998
(2) Romanazzi A., La Dea Madre e il culto Betilico, antiche
conoscenze tra mito e folklore, 2002
(3) Calzolari E., Op. Cit.
(4) Ibidem.
(5) Romanazzi A., Op. Cit.
(6) Calzolari E., Baldassarri A., Misteri diLunigiana, Quella
Divina Lasagna, Luna Editore, La Spezia 1998
(7) Corebò M., Prime indagini archeoastronomiche in
Liguria, in Memorie, 1997
(8) Michelini M., Corebò M., Un percorso rituale sulle
pendici del Monte Beiua, 1997
(9) Centini M. , I luoghi della Guarigione, Armenia, Milano
2003
(10) Centini M., Op. Cit.
(11) Ibidem.
(12) Corebò M., Prime indagini archeoastronomiche in
Liguria, in Memorie, 1997
(13) Calzolari E., Gori D., Misteri di Lunigiana, la Farfalla
Dorata, Luna Editore, La Spezia 2000
(14) Michelini M., Corebò M., Un percorso rituale sulle
pendici del Monte Beiua, 1997
(15) Romanazzi A., Op. Cit.
(16) Romanazzi A., Op. Cit.
(17) Liliu G., La civiltà dei Sardi dal Neolitico all'età
dei nuraghi, Eri Edizioni, Torino 1983
(18) Copiatti F. , A. De Giuli, A. Priuli, Incisioni rupestri
e megalitismo nel verbano cusio ossola, Grossi, Domodossola 2003
(19) Borgonese A., I sentieri del Finale, Libreria Cento Fiori,
Finale Ligure, 1984
(20) Cordier U. , Guida ai luoghi misteriosi di Italia, Edizioni
PIEMME, 1996
di Andrea Romanazzi
andrji00@libero.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
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