APPENDICE:
Chicago Daily Tribune 9 agosto 1884


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   Il codice della Didachè
Istruzioni paleocristiane

Nel 1873, il metropolita di Nicomedia Filoteo Bryennios scoprì a Costantinopoli un codice greco scritto nel 1056 (ora conservato nella Biblioteca Patriarcale di Gerusalemme) contenente un’opera che, nonostante l’esistenza fosse nota grazie a menzioni e citazioni patristiche(1), si pensava andata perduta. A seguito di tale ritrovamento, dieci anni più tardi, Bryennios pubblicò la prima edizione della Didachè: uno scritto che riunisce ed elabora documenti pre-esistenti, composto verosimilmente in Siria(2), da un cristiano proveniente dal giudaismo.

Superata l’iniziale diffidenza che tendeva ad etichettare il manoscritto come un falso(3), si è poi molto discusso sull’originale data di composizione senza mai raggiungere un accordo unanime.

Jean-Paul Audet, uno studioso canadese secondo il quale l’opera rifletterebbe l’organizzazione delle prime comunità giudeo cristiane e che sarebbe da attribuire ad apostoli itineranti, propose una data tra il 50 e il 70 d.C. Altri sono più propensi a datarla verso la fine del I secolo(4), altri ancora si spingono ai primi decenni del II secolo(5). Non sono assenti voci totalmente fuori dal coro che la datano alla metà del II secolo(6) e oltre. Furono soprattutto studiosi di scuola inglese ad affermare che si trattasse di una finzione letteraria creata da esponenti della Chiesa montanista a cavallo fra il II e III secolo. Come poc’anzi evidenziato, la datazione e redazione del testo sono questioni ancora discusse dalla critica.

La struttura della Didachè non è da considerarsi come un’unità letteraria ma come il risultato di una stratificazione redazionale la cui forma ultima presenta tre sezioni generali.

La prima, nota con il titolo di “Due Vie” comprende i primi sei capitoli e presenta informazioni di carattere catechetico e morale. Segue una seconda sezione liturgica dal capitolo sette al dieci, ed un’ultima che affronta i problemi comunitari dal capitolo undici al sedici.

Nessuna di queste sezioni è però da attribuire ad un unico autore: la differenza di stile è troppo marcata, al punto da far supporre un carattere composito.

Allo stadio attuale delle ricerche possiamo solo affermare con relativa certezza che la Didachè rappresenta una raccolta di istruzioni basate su uno scritto giudaico precedente.


Capitoli da I a VI

Nella prima sezione, dopo un’introduzione che espone alcune verità evangeliche, viene spiegata la “via della vita” mediante una serie di comandamenti al negativo che si rifanno al decalogo (D. 2:1-7) seguite poi da istruzioni di carattere esortativo e sapienzale (D. 3:1;4:14). A titolo di esempio:

  • “non uccidere, non fare adulterio, non corrompere gli innocenti, non fornicare, non rubare, non usare arti magiche, non ammaliare, non uccidere il figlio avanti il suo nascere né il neonato; non desiderare le cose altrui.” (D. 2:2)
  • “Figlio mio, fuggi da ogni male e da tutto quello che lo somiglia. Non essere iracondo, poiché l'ira porta all'omicidio. Non essere invidioso né litigioso né d'animo violento; giacché da tutto questo provengono gli omicidi.” (D. 3:1-2)

Rispetto ai primi capitoli, la “via della morte” esposta nel capitolo cinque e sei appare molto breve e poco sviluppata.


Capitoli da VII a X

La seconda sezione tratta del battesimo, dei digiuni e dell’eucarestia. Il battesimo doveva essere amministrato per immersione e solo in extrema ratio per infusione, usando la formula ternaria riportata anche in un vangelo(7): “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. A parere di chi scrive, sia il battesimo per infusione, anche se solo in extrema ratio, che la formula ternaria riportata, sono da considerarsi indicazioni attestanti una datazione bassa. Non vi è traccia, infatti, di battesimi per infusione nelle comunità protocristiane, tantopiù che Audet afferma che i versetti da 2 a 4 (“sezioni in noi”) sarebbero stati inseriti da un successivo Interpolatore; né è possibile conciliare una datazione alta con l’uso della formula “matteana” che, secondo la maggioranza dei biblisti(8), è da considerarsi una tarda formulazione ecclesiologica da attestarsi non prima degli anni 80 del I secolo.

L’autore affronta poi la questione eucaristica. Anche qui c’è una pressoché unanimità fra gli studiosi nel sottolineare le radici ebraiche del rito presentato dalla Didachè: le due formule di benedizione della coppa e del pane sono una cristianizzazione delle benedizioni ebraiche prescritte per i pasti e pronunciate dal capo famiglia. Questa stretta relazione con l’ambiente giudaico impedisce di attribuire all’opera una datazione troppo bassa. Lo stesso si può dire della teologia giudaico-cristiana che sottende alle preghiere dei capitoli nove e dieci. Gesù viene sempre identificato come  “servo” e inserito nel quadro di un subordinazionismo che accompagnerà il cristianesimo per molti decenni ancora.


Capitoli da XI a XVI

La terza sezione, dai capitoli undici al quindici, tratta norme di vita ecclesiale e atteggiamenti da tenere nei confronti di apostoli e profeti. Nel capitolo quindici si parla di eleggere “episcopi” e questo fatto costituisce un altro indizio utile per la datazione. Sappiamo infatti che secondo gli scritti di Ignazio di Antiochia, martirizzato nel 107, l’episcopato monarchico pareva già stabile in Siria, quindi queste istruzioni della Didachè dovrebbero essere state scritte prima, ovvero tra la fine del primo e i primissimi anni del secondo secolo. Dinanzi a simili indizi, mi è impossibile non evidenziarne altri in questa stessa sezione che sembrano condurre a conclusioni opposte. E’ infatti molto difficile spiegare, se non attraverso una rilevante distanza temporale, la contrapposizione fra le istruzioni della Didachè “Ogni apostolo che giunge presso di voi sia accolto come il Signore. Non si tratterrà tuttavia che un sol giorno; se sarà talora necessario, anche un secondo giorno; se si tratterrà però per tre giorni, è un falso profeta.” (D. 11:4,5) e quanto riportato negli Atti degli apostoli(9) dove si dice che Paolo dimorò “molti giorni” a casa dell’evangelista Filippo o alle istruzioni indicate nel vangelo di Luca(10) “Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa”. Indubbiamente un modus operandi che stride fortemente con quanto riportato nella Didachè.

Il capitolo finale presenta un forte carattere escatologico; una descrizione degli “ultimi giorni” caratterizzati da falsi profeti, dall’iniquità, da persecuzioni e dalla comparsa dell’Anticristo per poi concludersi con la venuta del Signore e di tutti i santi con lui.

Gli ultimi capitoli hanno chiaramente lo scopo di mantenere desta l’attesa della fine, di rianimare il fervore escatologico, di sollecitare la speranza ed esortare alla perseveranza. E’ molto forte la tensione escatologica che domina in tutta la sezione e che termina con il celebre maranathà(11).


Conclusione

L’importanza storica della Didachè è senza dubbio collegata alla sua data di origine. Come è stato detto, gli studiosi sono concordi nell’affermare che sia un documento caratterizzato da una stratificazione redazionale, un documento che si è andato ampliando con il trascorre del tempo. Sarebbe estremamente interessante riuscire a delimitare un range temporale all’interno del quale porre con relativa certezza la stesura della Didachè così come noi la conosciamo oggi. Molti studiosi ritengono che le comunità giudeocristiane, nell’ambito delle quali si sviluppo la Didachè, fossero scomparse in Palestina dopo il 135 d.C., ponendo quindi a tale data il valore massimo del range. Ma se così non fosse?

Andrzej Strus, docente di A.T. Alla Pontificia Università Salesiana di Roma in un suo trattato dal tema “Cristiani di origine giudaica: un'esperienza sepolta?” solleva alcuni interessanti riflessioni in merito al perdurare di comunità giudeocristiane fino al IV secolo. “La scuola biblica dei PP. Francescani della Flagellazione (Gerusalemme) dà per scontata la presenza di giudeocristiani in Palestina, adducendone numerosissime prove sia in campo archeologico, che in quello letterario.” (12)

Strus continua: “Si può affermare che l'ipotesi a favore [della presenza di comunità giudeocristiane fino al IV secolo] si fa sempre più strada tra i biblisti e gli archeologi”.

In merito ai giudeocristiani appartenenti a queste comunità, Strus afferma: “si può supporre che la maggior parte di essi fossero ortodossi quanto alla dottrina cristiana, ma, conservando le categorie teologiche proprie del giudaismo intertestamentario, siano rimasti per lungo tempo fedeli anche alle tradizioni religiose giudaiche.”

A seguito di simili considerazioni sarebbe possibile attribuire a queste comunità giudeocristiane del II, III e magari anche del IV secolo gli ultimi strati redazionali e interpolazioni della Didachè? A prescindere dalla risposta, quest’opera, nonostante la mancanza di unità letteraria, anche all’interno delle singole sezioni, e nonostante la datazione sia ancora una questione discussa dalla critica, conserva una valenza inalterata nel testimoniare gli stretti e importanti legami fra il giudaismo e le comunità cristiane dei primi secoli.


Bibliografia consigliata:
- U. Mattioli, Didachè, Ediz. Paoline, Milano 1984
- R. Penna, Le Origini del Cristianesimo, Ediz. Carocci, Roma 2004
- F. Moscatelli, Didachè. Dottrina dei dodici apostoli, Ediz. San Paolo, Roma 1999

Nota sull’autore:
Francesco Arduini, è uno studente universitario in scienze storico-religiose. E' autore di diversi articoli sulla storia del cristianesimo e sul rapporto fra scienza e religione.

Note:
(1) Ad esempio, citazioni libere si trovano in Adversus aleatores e Historia ecclesiastica
(2) Alcuni studiosi pensano che il luogo di composizione possa essere l’Egitto
(3) Vedi articolo del Chicago Daily Tribune del 9 agosto 1884, in appendice
(4) U.Mattioli, Didachè, Ediz. Paoline, Milano 1984, pag. 13
(5) R. Penna, Le Origini del Cristianesimo, Ediz. Carocci, Roma 2004, pag. 218
(6) John Anthony McGuckin, The Westminster Handbook to Patristic Theology, Ediz. Knox Press 2004, pag. 100
(7) Vangelo di Matteo 28:19
(8) E. M Boismard, All'alba del Cristianesimo, Piemme Ediz., Casale Monferrato 2000,  pag.142
(9) Atti degli Apostoli 21:10
(10) Vangelo di Luca 10:7
(11) Come avviene ad esempio in 1 Corinti 16:22 o in Apocalisse 22:20
(12) http://www.nostreradici.it/giudeocristiani.htm

Francesco Arduini